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L’Italia al voto il venticinque settembre, la destra ricompattata e pronta a prendersi tutto e le altre notizie della giornata

Il racconto della giornata di giovedì 21 luglio 2022 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Oggi il presidente Sergio Mattarella ha sciolto le Camere. La data fissata per le elezioni anticipate è il venticinque settembre. Sessantaquattro giorni ci separano dal voto. Se a destra lo schieramento è consolidato da tempo, è il fronte opposto che si trova adesso a doversi riorganizzare molto rapidamente, dopo il naufragio dell’alleanza PD-5 Stelle. Il primo ministro Boris Johnson ha annunciato che il governo britannico invierà nuove forniture di armi all’Ucraina. Tre operai hanno perso la vita sul posto di lavoro. In Friuli Venezia Giulia, una volontaria della Protezione civile è morta schiacciata da un albero carbonizzato. Infine, l’andamento della pandemia di COVID-19 in Italia.

Il presidente Mattarella ha sciolto le Camere

(di Lorenza Ghidini)

È il 25 settembre la data fissata per le elezioni politiche anticipate. Poco più di due mesi di campagna elettorale, dunque, nei quali il presidente Mattarella ha raccomandato ai partiti di tenere in conto le esigenze del paese, per quel che riguarda alcune importanti questioni.
Mattarella ha fatto riferimento a quelle che considera delle vere e proprie emergenze, delle quali è importante che il governo Draghi continui a occuparsi fino a quando non si vota, ma anche che il futuro esecutivo rimanga nel solco del lavoro svolto finora.


Nessuna strigliata ai partiti insomma, come aveva fatto quando lo avevano costretto a restare al Quirinale, non riuscendo a eleggere nessun altro. Mattarella ha preferito mandare un messaggio che pareva destinato al Governo che verrà. Abbiamo chiesto un commento al suo discorso ai politologi Nadia Urbinati

e Marco Revelli

 

La fine del campo largo

(di Anna Bredice)

Dal campo largo al mare aperto. Usano questa nuova espressione alcuni esponenti del Pd per spiegare la situazione improvvisamente nuova che il partito deve affrontare, con tempi strettissimi per penare alle alleanze e fare le liste. Ma al momento, la certezza di oggi è che con il Movimento di Conte il progetto del campo largo è finito. “Pensiamo a noi”, ha detto Letta oggi ai parlamentari a poi alla segreteria e in questo “noi” c’è l’unità del partito da preservare per non dividersi nelle diverse correnti e rivalità che portarono cinque anni fa alle liste di candidati scritte da Renzi senza consultare gli altri dirigenti del partito. Una tensione interna da evitare perché sarebbe difficile da affrontare in tempi e in condizioni così difficili. Una campagna elettorale che si intreccia alle feste dell’Unità, per ritrovare l’orgoglio del partito, “dobbiamo andarci con gli occhi della tigre”, dice Letta, che malgrado le previsioni, deve dare forza ad un partito ancora sotto choc per la precipitazione della crisi, nella speranza di farcela, ma la vittoria di Verona o Parma serve solo a dare entusiasmo in questo momento perché le elezioni politiche sono un’altra cosa. C’è una legge elettorale che nella parte proporzionale si può affrontare da soli, se pur facendo i conti con il fatto che il prossimo Parlamento avrà meta dei seggi, è il maggioritario che prevede alleanze e lo sguardo ora si rivolge al Centro. Come allearsi però con Renzi, dopo tutto quello che è accaduto? Con Calenda e gli altri il Pd ha in comune la difesa del governo Draghi in una campagna elettorale che sarà, visti i tempi così ravvicinati, ancora polarizzata su chi è stato a favore e chi contro. Si fanno intanto i conti, alcuni pensano ad un ritorno di esponenti di Articolo uno, Pierluigi Bersani ad esempio e poi c’è il partito di Di Maio. Poco il tempo per mettersi insieme, costruire un programma di governo e sperare di farcela, perché, come questa mattina sconsolati commentavano in tanti, bisogna sperare di tenere un po’ nelle regioni di centro, Emilia Romagna e Toscana, per tentare di frenare un po’ la vittoria del centrodestra.

La destra può solo vincere?

(di Claudio Jampaglia)

La destra ha un vantaggio enorme, ha già vinto. Anzi è già al governo, come dice Salvini nel suo gioioso post con faccione in primo piano, barcone sullo sfondo e slogan: “Tornare a difendere i confini italiani dopo i ripetuti fallimenti della Lamorgese: lo farà il prossimo ministro dell’Interno”. Si riparte dall’altro ieri con le stesse proposte di sempre: pace fiscale, taglio delle tasse, riforma delle pensioni e altri decreti sicurezza. Manca solo il milione di posti di lavoro di venti anni fa. Come se nulla fosse successo, in un battito di crisi.

Eppure, la gioiosa macchina da guerra ha sempre tre generali in sella: il primo è il padre fondatore Berlusconi che si rianima per un’altra corrida elettorale anche se perde pezzi – vedi l’addio di Gelmini e Brunetta che vanno con Calenda, Mara Carfagna che si prende una pausa di riflessione, più un altro paio di parlamentari azzurri in fuga, tutti stufi dell’assimilazione ai sovranisti post-padani. Il secondo è il Salvini diventato nazionale col “prima gli italiani”, asceso e poi caduto, in cerca di una seconda occasione almeno da ministro dell’interno. E infine lei, la favorita, Giorgia Meloni, l’originale post-fascista sdoganata da tv e salotti, reduce da una consacrazione congressuale con 4mila delegati che nemmeno la Dc, ha l’occasione della vita per incassare questi anni solitari all’opposizione E fa campagna acquisti, senza badare tanto al sottile e alle fedine, tra gli alleati. Meloni mangia Salvini che mangia Berlusconi.

Pagheranno la spregiudicatezza di questi mesi di lotta e di governo e poi la colpa della caduta opportunista del governo Draghi? Per ora registriamo le censure di Confindustria Brescia e Vicenza contro chi rischia di far sprofondare il paese per i suoi calcoli politici. Più o meno quello che ha detto anche Letizia Moratti. Il resto lo diranno tra poco gli italiani.

Il governo britannico invierà altre armi all’Ucraina

Ucraina, sale il numero di vittime dell’attacco russo di stamattina su Kharkiv, nel nord est del paese: sono 3 i morti, 23 i feriti.
Nel Donbass continua l’offensiva di Mosca, con la lenta avanzata per la presa della regione di Donetsk; l’intelligence britannica però ritiene che nelle prossime settimane l’esercito russo dovrà effettuare una pausa operativa, e questo potrebbe permettere a Kiev di guadagnare il terreno perso.
Ad influire sull’andamento del conflitto potrebbe arrivare anche un nuovo invio di armi: lo ha annunciato il primo ministro britannico Boris Johnson.

 

Tre morti sul lavoro in un solo giorno

Altri tre morti sul lavoro oggi da Sud a Nord Italia: stamani, in Provincia di Palermo, un operaio di 51 anni, Antonino Tamburo, è precipitato dal tetto di un capannone nel cantiere per il raddoppio ferroviario Cefalù-Castelbuono; nel pomeriggio, invece, a Rivoli, nel torinese, un operaio della Dana Graziano, azienda di ingranaggi per i cambi di camion, è morto per cause ancora da chiarire, sembra abbia sbattuto la testa dopo un malore per il caldo eccessivo. I compagni di lavoro hanno abbandonato la fabbrica per lo shock. Proclamato uno sciopero. E, infine, un altro operaio di 47 anni, è precipitato dentro una grata posta a livello stradale, in lavori di manutenzione a Pont-Saint-Martin, vicino ad Aosta.

La prima vittima degli incendi del Carso

In Friuli Venezia Giulia una volontaria della Protezione civile è morta schiacciata da un albero carbonizzato durante le operazioni di spegnimento di un incendio a Prepotto in provincia di Udine. Si chiamava Elena Lo Duca, aveva 56 anni ed era la coordinatrice della squadra locale di Protezione civile. Sul Carso triestino la situazione è stabile, con i vigili del fuoco ancora al lavoro per contenere i roghi.
In Versilia sono oltre mille gli evacuati a causa del rogo scoppiato lunedì scorso sulle colline di Massarosa; quasi 900 gli ettari di bosco già andati in fumo. Intanto anche il Veneto, dopo il Piemonte si mobilita per far fronte all’emergenza incendi: la regione ha dichiarato lo stato di grave pericolosità, dalla scorsa notte bruciano le colline a nord di Verona, in località Fumane.

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

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    Ilan Pappè è uno storico, socialista, cittadino israeliano, ebreo, professore di storia all'Istituto di studi arabi e islamici e direttore del Centro europeo per gli studi sulla Palestina presso l'università di Exeter (Inghilterra). Il professor Pappè ha scritto: ho dedicato tutta la mia vita adulta alla causa palestinese. In Italia è uscito in queste settimane il suo ultimo libro intitolato “La fine di Israele” (Fazi Editore, 2025). Raffaele Liguori lo ha intervistato.

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    Ilan Pappè è uno storico, socialista, cittadino israeliano, ebreo, professore di storia all'Istituto di studi arabi e islamici e direttore del Centro europeo per gli studi sulla Palestina presso l'università di Exeter (Inghilterra). Il professor Pappè ha scritto: ho dedicato tutta la mia vita adulta alla causa palestinese. In Italia è uscito in queste settimane il suo ultimo libro intitolato “La fine di Israele” (Fazi Editore, 2025).Pubblica lo ha intervistato.

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    È la crisi umanitaria più grave al mondo, con un numero di sfollati superiore a Gaza e Ucraina messi insieme, 12 milioni di sfollati (prevalentemente in Chad) e 25 milioni di persone che soffrono la fame, ci ricorda Alda Cappelletti di Intersos, che è presente nel Paese nei campi profughi portando assistenza alla popolazione civile. “La crisi del Sudan dovrebbe essere la prima notizia dei telegiornali, ma invece siamo ancora qui a chiederci cosa sta succedendo”. L'intervista di Cinzia Poli e Claudio Jampaglia.

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    Il governo fa quel che fa, l’astensionismo cresce, Meloni aumenta il suo consenso relativo, l’opposizione si organizza, ma al suo interno. Nel Pd si ridefiniscono e rafforzano le correnti, nel M5S si discute del rapporto con il Pd. Risultato: non si percepisce una proposta chiara e convincente da parte del c.d. centrosinistra. Perche? Ospiti: Lorenzo Zamponi, sociologo, editor di Jacobin Italia; Andrea Carugati, cronista politico de Il Manifesto; Mario Lavia, cronista politico de L’inkiesta. Condotta da Massimo Bacchetta, in redazione Luisa Nannipieri.

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    Presto Presto - Interviste e Analisi di martedì 28/10/2025

    Bologna con 170 alloggi comunali e 2800 sfratti solo nel 2024 è la punta di un iceberg che si chiama diritto alla casa orami scomparso dall'agenda politica e di governo. Nonostante gli annunci di piani casa anche da parte di questo governo è rimasto solo il mercato a dettare legge e gli sgomberi anche violenti a ribadirlo. Alessandro Canella, direttore di Radio Città Fujiko ci racconta perché Bologna e il confronto tra associazioni per il diritto alla casa e la città, con le testimonianze di Isa attivista di Plat (la piattaforma di intervento sociale che ha nei gironi scorsi occupato un grande stabile alloggiando decine di famiglie) e Giusy, madre single di due bambini, che ci racconta come il suo affitto dopo 8 anni sia passato da 550 euro al mese a 1200 euro, più del suo stipendio. Alda Cappelletti di Intersos ci racconta la crisi senza fine del Sudan dopo che le forze di intervento rapido hanno conquistato la città di Al Fasher e altre migliaia di persone sono dovute fuggire: la più grande e grave dimenticata dall'Occidente che la arma via Turchia, Libia, Emirati. Infine Barbara Sorrentini ci racconta che il film premio Oscar "No other land" rinviato ancora una volta dalla Rai sarà visto grazie alle piattaforme Keaton e Unisona oggi da 28.000 studentesse, studenti e docenti.

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