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Repubblica e paura: di noi stessi [e delle destre]

marco garzonio - l'ambrosiano

Festeggiamo il 79° della Repubblica e ci prepariamo a un Referendum di portata e contesto storico molto diversi ma in tempi non meno drammatici per Paese ed equilibri internazionali. Propongo la lettura di stralci di due fondi del Corriere della Sera del 1946: 1giugno a firma Mario Borsa direttore e 9, Piero Calamandrei. Borsa scrive alla vigilia del voto: «Tutto considerare, tutto valutare, tutto pesare, con calma e con serenità, senza quella paura stupida, inafferrabile, inconfutabile, morbosa, contagiosa che è là, inespressa e inesprimibile, in fondo all’anima di tanta, di troppa gente. Paura di che? Del nuovo perché nuovo? Qualunque cosa ci capiti domani non sarà mai così brutta, così disastrosa, così tragica come ciò che ci è capitato ieri. Paura di che? Della instabilità? Non giuochiamo sulle parole: stabilità non deve significare quietismo, agnosticismo, apoliticità, forzato assenteismo e mutismo fascista, in odio ai partiti, ai naturali ed insopprimibili antagonismi di interessi nelle salutari contese civilmente concepite e civilmente condotte perché le cose si mutino e si rimutino per il meglio. Paura di che? Del famoso salto nel buio? Lo credano i nostri lettori: il buio non è né nella repubblica né nella monarchia. Il buio, purtroppo, è in noi, nella nostra ignoranza, o indifferenza, nelle nostre incertezze, nei nostri egoismi di classe e nelle nostre passioni di parte. Basterebbe avere un po’ di fede in noi stessi, nelle cose e nel Paese, per vedere chiaramente la strada da percorrere e come percorrerla. Noi non avremo nulla da temere da questa strada se sapremo tenere le mani sulla libertà che abbiamo riconquistata e se ci persuaderemo di una cosa sola: che libertà è coscienza e rispetto dei limiti». Calamandrei il 9 a esiti stabiliti: «La Repubblica italiana: non più un sogno romantico di cospiratori, un’immagine epica di poeti; non più una bandiera di ribellione e d’insurrezione. La Repubblica italiana: una realtà pacifica e giuridica scesa dall’empireo degli ideali nella concretezza terrena della storia, entrata senza sommossa e senza guerra civile nella pratica ordinaria della costituzione. […] Senza stragi, senza turbamenti, senza rancori la Repubblica è nata in Italia da questa amara e snervante prova di due anni, in cui la nostra volontà invece di dissolversi s’è maturata e rafforzata. Per un istante possiamo fermarci ed essere contenti di noi: non guardare gli infiniti lutti che sono alle nostre spalle, l’infinito lavoro di ricostruzione che è nel nostro avvenire. Guardiamo in alto per un istante: care ombre, che passate, paterne e fraterne, lontane e recenti non vi abbiamo tradito! Ecco la nostra Repubblica: non improvvisata, non balzata su in un giorno di torbida passione: Repubblica voluta, meditata, paziente, ragionata. Non un impeto di generosa illusione romantica, ma una prolungata prova di coscienza civile e di riacquistata ragione». Il lettore trova questi e altri materiali storici sul sito del Senato della Repubblica, ramo del Parlamento presieduto oggi da un leader della destra post repubblichina che promuove il non voto al Referendum dell’8-9 giugno. «Tutto considerare, tutto valutare, tutto pesare, con calma e con serenità»: mi ritrovo in quanto scriveva Mario Borsa l’1giugno 1946, per essere cittadini, non sudditi, ieri, adesso, sempre; noi, i nostri figli, i nipoti e i figli di questi, le generazioni che verranno. Senza paura; con la fiducia in noi stessi il buio non prevarrà.

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    Marco Garzonio
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