
Sono quattro i carabinieri per cui la Procura di Milano ha chiuso le indagini per depistaggio nel caso Ramy Elgaml, il 19enne di origine egiziana morto la notte del 24 novembre dello scorso anno dopo un inseguimento con una pattuglia dei carabinieri. Si chiamano Bruno Zanotto, di 29 anni, Federico Botteghin, di 25, Mario di Micco e Luigi Paternuosto, di 27 e 39 anni.
I primi due sono accusati di aver costretto un testimone a cancellare dal proprio telefono una serie di video che riprendevano l’incidente e gli attimi immediatamente successivi all’impatto. Con l’aggravante di aver distrutto materiale che poteva essere utilizzato come prova.
Gli altri due carabinieri, secondo i pm, non solo avrebbero ordinato a un secondo testimone di distruggere un altro filmato, ma avrebbero reso più difficile la sua identificazione. Da qui, anche l’accusa di favoreggiamento: i due avrebbero ostacolato le indagini sul collega che guidava l’auto coinvolta nell’inseguimento.
Quella notte Ramy Elgaml era a bordo del T-Max guidato dall’amico 22enne Fares Bouzidi. I due non si sarebbero fermati a un posto di blocco e da lì sarebbe partito un inseguimento di circa 8 chilometri. Poi, lo schianto: vicino al quartiere Corvetto di Milano, dove viveva con la famiglia, Ramy è morto sul colpo.
L’amico, rimasto ferito, è indagato per omicidio stradale insieme al carabiniere alla guida della volante che, secondo i testimoni e la difesa della famiglia di Ramy, sarebbe andata addosso allo scooter, facendo cadere il veicolo. Ma i video che mostravano quei momenti non possono più essere recuperati.