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Partito Democratico, scontro aperto sulle liste

Alle quattro di notte Matteo Renzi si porta a casa delle liste elettorali che per più dell’ottanta per cento sono di derivazione renziana, lasciando alle minoranze molto meno di quello che già rappresentavano.

Ha pensato ad un futuro gruppo parlamentare meno conflittuale nei suoi confronti, ma ammette che è stato devastante dal punto di vista personale.
Il risultato è un partito ormai sotto il controllo del segretario, con l’area di Orlando, Emiliano e Cuperlo che devono solo decidere dopo il 4 marzo cosa fare: se rimanere nel Partito o andare via, magari emigrando verso Liberi e Uguali dove la spartizione delle liste non è stata feroce come al Nazareno ma ha lasciato parecchi strascichi che peseranno dopo le elezioni. Sono state 48 ore di battaglia furibonda dentro al partito, con la minoranza di Orlando e Emiliano che chiedevano una proporzione nelle liste uguale a quella del congresso: venti per cento per il ministro della giustizia, dieci per cento al governatore della Puglia. Non è stato così, ma nemmeno sui nomi si è trovato un accordo.
La direzione si è svolta in un clima di stanchezza e tensione alle 4 di notte, dopo essere stata rinviata per 12 ore, con le minoranze che sono uscite dalla sala e non hanno votato: ora è una sorta di tutti contro tutti, ma tenendo basso il volume perché tra poco più di un mese si vota, e fare una campagna elettorale di scontro pagherebbe ancora meno di quelli che dicono i sondaggi, già negativi.
Le liste riservano sorprese e uscite di scena sia tra i renziani che nell’opposizione interna. Il ministro Calenda che aveva già annunciato di non candidarsi, non rinuncia a criticare pesantemente i criteri della scelta puntando l’attenzione al fatto che rimangono a casa il ministro De vincenti, Realacci, Rughetti e Manconi.
Di Pietro non verrà candidato, così come Rosario Crocetta. Alla fine del braccio di ferro, Cesare Damiano e Barbara Pollastrini vengono ricandidati un’altra volta in Parlamento, ma non ci sono alcuni giovani più vicini al ministro della giustizia, come Andrea Martella. Verrà candidato in Campania il figlio di De Luca, che saprà raccogliere forse molti voti, ma lascia anche tante polemiche sul territorio, in lista si trova anche il fedelissimo di De Luca, Franco Alfieri, al centro del caso delle “fritture” da offrire agli elettori. Poi un altro parente, il nipote di De Mita. Maria Elena Boschi si conferma a Bolzano, ma il Pd regionale non è per nulla contento. Tra i ministri candidati si confermano Padoan, Minniti e Madia, oltre naturalmente a Gentiloni. Da Strasburgo arriva in Basilicata Gianni Pittella. Spariscono i magistrati ma arrivano i giornalisti: si candida Filippo Sensi, portavoce storico di Renzi, oltre al condirettore di repubblica Cerno, ci saranno anche Francesca Barra di Matrix e Federica Angeli di Repubblica.
  • Autore articolo
    Anna Bredice
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