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A Parigi si protesta per l’aumento degli stipendi

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A Parigi, questo giovedì 29 settembre, la prima grande manifestazione dell’autunno è iniziata sotto la pioggia in piazza Denfert-Rochereu, nel centro-sud della capitale. Un corteo partecipato ma non immenso, migliaia di persone secondo gli organizzatori, si è diretto verso la piazza della Bastiglia per chiedere al governo di aumentare gli stipendi e per protestare contro la riforma delle pensioni annunciata dal presidente Macron. Con un’inflazione al 6% e degli aumenti in busta paga che non superano il 3% quando ci sono, la questione del potere d’acquisto è su tutte le bocche e, anche se non tutti i sindacati hanno aderito alla giornata di mobilitazione, ci sono state oltre 200 manifestazioni in tutto il paese e qualche disguido dovuto agli scioperi a macchia di leopardo.

Nel corteo parigino c’erano molti insegnanti, come Luise, 42 anni, che lavora in una scuola primaria da 6. Lei fa parte dei fortunati che hanno beneficiato di un aumento mensile di 50€ ma con quattro figli a casa e un budget per la spesa che è passato da 300 a 400€ al mese, ha dovuto rinunciare a pagare di tasca sua il materiale per fare alcune attività con i bambini con handicap o le caramelle che distribuiva a fine anno. Lo Stato, dice, ci chiede di fare sempre di più ma non ci dà i mezzi per farlo e ci troviamo con dei nuovi arrivati che hanno gli stessi stipendi di chi lavora da 20 anni.
Il discorso del: ci chiedono di lavorare di più ma pagando lo stesso, o meno, ritorna spesso. Lo spiegavano tra gli altri i manovali della RATP, i mezzi pubblici parigini, nel viaggio in metro verso la manifestazione. Uno di loro notava anche che quello che una volta era un lavoro magari poco considerato ma stabile, per cui le banche ti avrebbero subito aperto un mutuo, oggi non
da più le stesse garanzie.

I dati mostrano che oggi il salario minimo, che è legato all’inflazione, aumenta più rapidamente di certi stipendi. Per cui, persone che prima guadagnavano di più e che magari hanno 10 anni di esperienza, oggi percepiscono il minimo legale. Una situazione che alimenta una collera diffusa nel paese che fatica a trasformarsi in movimento sociale di massa ma che per ora si traduce con scioperi mirati in aziende come Total, Stellantis o Carrefour, ad esempio dove i dipendenti chiedono azioni concrete di fronte ai guadagni record degli ultimi anni, condivisi con gli azionisti ma non redistribuiti ai lavoratori.
Molti dei manifestanti di oggi non sono tra i più colpiti dalla crisi ma sono venuti per solidarietà e perché si sentono parte di quella classe media che sta scivolando verso la povertà. C’è Jeremy, agente degli acquedotti parigini, che dice di cavarsela perché il suo datore di lavoro gli paga una casa. O Marc, ricercatore, che vede i colleghi rinunciare a mangiare carne non per scelta ma per necessità. Oggi, lasciando il figlio all’asilo, ha sentito un genitore chiedere di poter pagare tra qualche giorno i 7€ per la giornata perché a fine mese anche quei soldi contano. Lui, per ora, ha dovuto rinunciare al suo progetto di cambiare le finestre di casa: “Non parlo di non poter comprare il burro o la pasta ma è una cosa che ha un impatto su tutti i progetti della vita, dice. Siamo arrivati al punto in cui dobbiamo fare delle scelte, mentre prima vivevamo bene grazie al nostro stipendio.”

  • Autore articolo
    Luisa Nannipieri
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    Il 7 dicembre la Scala apre la stagione con l’opera censurata da Stalin

    Nel cinquantenario della morte di Šostakovič il Teatro alla Scala inaugura la Stagione con il suo capolavoro Una lady Macbeth del distretto di Mcensk, tratto dal racconto di Nikolaj Leskov in cui una giovane sposa con la complicità dell’amante uccide il marito e il tirannico suocero, ma viene scoperta e finisce per suicidarsi in Siberia, tradita da tutti. Dopo il debutto a San Pietroburgo, l’opera, che avrebbe dovuto essere il primo capitolo di una trilogia sulla condizione della donna in Russia, ebbe enorme successo in patria e all’estero. Stalin assistette a una rappresentazione a Mosca nel 1936; due giorni dopo apparve sulla Pravda la celebre stroncatura dal titolo “Caos invece di musica” con cui il regime metteva all’indice l’opera e il compositore. Anni dopo Šostakovič preparò una nuova versione che andò in scena a Mosca nel 1963 con il titolo Katarina Izmajlova, dopo che il sovrintendente Ghiringhelli aveva invano cercato di ottenerne la prima per la Scala. Oggi il Teatro presenta la versione del 1934 con la direzione del M° Chailly e il debutto del regista Vasily Barkhatov. Ascolta Riccardo Chailly nella presentazione dell’opera.

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    Considera l'armadillo di giovedì 27 novembre 2025 ospite Filippo Bamberghi, coordinatore delle @Guardie WWF Italia - Nucleo Lombardia per parlare dei dati sul bracconaggio in Lombardia. A cura di Cecilia Di Lieto.

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    Il trumpismo fa paura. L'autoritarismo trumpista ancora di più. A Pubblica la prima sintesi degli incontri alla Casa della Cultura di Milano per il ciclo "Autoritarismi in democrazia" (Osservatorio autoritarismo, Università Statale Milano, Libertà e Giustizia, Castelvecchi) di cui Radio Popolare è media partner (qui il programma https://www.libertaegiustizia.it/2025/11/21/autoritarismi-in-democrazia/). Ospite del primo incontro (22 novembre 2025) la filosofa Chiara Bottici, della New School for Social Research di New York. «Il clima negli Stati Uniti – ha raccontato la filosofa - è estremamente allarmante, estremamente preoccupante. Quando parlo di neofascismo non è un'esagerazione, non è un modo per dire "questi sono cattivi, Trump è autoritario"».

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    A Radio Popolare il farmacologo Silvio Garattini commenta l'aumento della sanità privata a discapito del pubblico e invoca scelte coraggiose. "È necessario un cambiamento radicale. Per finanziare il SSN serve una tassa sulla ricchezza e sugli extraprofitti. Chi ha ricevuto di più, ora deve dare indietro qualcosa alla società", dice il fondatore dell'Istituto Mario Negri ai microfoni di Mattia Guastafierro.

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