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I parigini contro il cambiamento climatico

parigi per il clima 4

Sabato scorso più di 100.000 persone hanno manifestato a Parigi per il clima, per più giustizia sociale, contro il razzismo e le violenze della polizia. Anche se “la marcia del secolo”, indetta da più di 140 associazioni, è stata oscurata dalle violenze dei gilet gialli che hanno devastato gli Champs Elysées, la manifestazione è stata un successo.

Quattro cortei si sono uniti in una fiumana colorata, familiare, allegra e rumorosa. C’erano moltissimi cartelli, tra cui: “Siamo caldi per il clima”, “Voglio vivere in un mondo pieno di animali, non solo di peluches”, “Lo scioglimento dei ghiacci? Si, ma solo nel Pastis”. Maxime, 28 anni, era in strada con un gruppo di amici: “Siamo venuti a manifestare per il clima. È la marcia per il clima. Lo facciamo perché vogliamo che si prendano delle vere iniziative. In tanti ambiti, per il riscaldamento climatico, la biodiversità… Ora che la popolazione ha preso atto della posta in gioco, bisogna che chi ci governa metta in atto delle vere misure e rispetti soprattutto gli impegni presi in passato, che erano sostenuti da tutti. E quindi adesso bisogna agire ed è quello che siamo venuti a chiedere oggi. C’è un sacco di gente oggi e guardandoci intorno vediamo che c’è gente di ogni tipo. È una cosa molto incoraggiante perché vuol dire che poco a poco il messaggio guadagna terreno ed è incoraggiante.”

Lo Stato sotto accusa

La giornata di sabato è stata il culmine di una settimana importante per l’ambientalismo francese. Venerdì, lo sciopero degli studenti aveva portato in strada 40.000 ragazzi: un record in un paese che fin’ora non aveva visto una grande partecipazione studentesca alle giornate per il clima. Il giorno prima, quattro ONG, tra cui Greenpeace Francia, hanno denunciato lo Stato per inadempienza e inazione climatica, basandosi sulla stessa legislazione che ha permesso di vincere la battaglia contro  i danni da amianto. La mossa era stata proposta da quelle stesse associazioni con una petizione online che è stata firmata da più di due milioni di persone. E sabato, la marcia ambientalista ha visto anche la partecipazione di moltissimi gilet gialli pacifici, che pensano che giustizia sociale e salvaguardia del pianeta siano due facce della stessa medaglia.

Marianne, sulla cinquantina, oggi ha messo un gilet giallo in segno di solidarietà: “All’interno di questo grande corteo ci sono delle persone che vogliono ricordare che se siamo arrivati a questo punto è colpa di una società capitalista che vive a breve termine, su una logica di profitto. E la logica di profitto non va d’accordo con l’ecologia. Per me la protesta dei gilet gialli parla di questo.”

Per Carole, 31 anni: “Quella di oggi è una convergenza su vari temi: il clima, le violenze della polizia, le violenze sulle persone immigrate… L’obbiettivo è di riunirsi, calorosamente, diciamo tra persone umaniste. L’idea è che ciascuno si esprima e che tutto ciò possa risalire fino alle orecchie del governo. Sempre che voglia prestare l’orecchio. Eppure siamo numerosi e facciamo rumore, eh!”

  • Autore articolo
    Luisa Nannipieri
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    Pubblica ha ospitato Nino Di Matteo, sostituto procuratore alla Direzione nazionale antimafia. La giustizia che verrà: veloce contro gli ultimi e con le armi spuntate verso la criminalità dei colletti bianchi. «La separazione delle carriere dei magistrati - sostiene il giudice Di Matteo - è un pericolo per i cittadini». La legge costituzionale Meloni-Nordio, ci ha raccontato Di Matteo, vuole colpire l’indipendenza e l’autonomia della magistratura. Non solo. La “riforma” Meloni-Nordio è inserita in un contesto di nuove norme (dall’abrogazione dell’abuso d’ufficio alla limitazione delle intercettazioni, alla sterilizzazione del traffico di influenze) che rappresentano una sorta di scudo di protezione dei potenti. Quindi, con la perdita di autonomia e indipendenza della magistratura (soprattutto nei riguardi del pubblico ministero); con una legislazione ordinaria orientata alle esigenze di polizia, l’eventuale vittoria dei SI alle nuove norme sposterebbe l’equilibrio dei poteri verso l’esecutivo. Mentre il varo del premierato finirebbe per sanzionare una vera e propria concentrazione di potere in capo al governo. L’intervista a Nino Di Matteo è di Raffaele Liguori

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