
Un imprenditore cinese è stato arrestato con l’accusa di caporalato. Sfruttava connazionali costringendoli anche a subire violenze in uno stabilimento a Bollate, hinterland nord di Milano. Il blitz dei carabinieri è scattato dopo la denuncia di uno dei lavoratori, esasperato dagli estenuanti turni di lavoro e dalle angherie subite. Dopo essere stato aggredito brutalmente per aver richiesto il pagamento degli stipendi arretrati, circa 10mila euro, è andato in caserma e ha raccontato tutto.
Arrivati nella ditta di Bollate i carabinieri hanno trovato una condizione al limite della sopravvivenza. Da una parte i macchinari, a pochi passi le stanze e i letti. Un dormitorio a pochi metri dalle linee di produzione dove viveano dieci cittadini cinesi, costretti a lavorare per pochi euro fino a 90 ore alla settimana. Sei di loro erano impiegati in nero, cinque erano senza permesso di soggiorno.
I controlli hanno appurato che l’imprenditore, anche lui cittadino cinese, sfruttava i connazionali: la paga mensile era di circa 360 euro, intorno ai quattro euro all’ora. Le lavorazioni avvenivano in condizioni irregolari, con orari di lavoro esagerati, in ambienti insalubri e senza alcuna attenzione alla sicurezza sul luogo di lavoro. Il responsabile dello stabilimento aveva intestato la società al figlio e figurava come dipendente, ma le testimonianze dei lavoratori sfruttati lo hanno incastrato. Per lui è stato disposto l’arresto in flagranza di reato con l’accusa di caporalato. Dovrà pagare sanzioni per oltre 100mila euro.