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Mosca è pronta a riaprire un dialogo?

Mosca Putin Erdogan ANSA

Da Mosca continuano ad arrivare dichiarazioni che sulla carta sembrano indicare la disponibilità del Cremlino a riprendere il dialogo sulla crisi ucraina e sullo scontro con l’Occidente.
Ieri Lavrov, il ministro degli esteri, aveva addirittura aperto a un possibile incontro Putin-Biden in occasione del G20 di Bali, in Indonesia, a metà novembre.

Il Cremlino ha poi precisato che la cosa non sia scontata e ha addirittura messo in dubbio la partecipazione dello stesso presidente russo al vertice del G20 del mese prossimo. E poche ore dopo Joe Biden – in un’intervista alla CNN – ha fatto capire che all’orizzonte non c’è alcun faccia a faccia con Putin.

Ma intanto la questione è stata messa lì, a segnalare – nostra interpretazione – l’intenzione di Mosca di raggiungere un qualche tipo di intesa, viste le tante difficoltà che sta incontrando sul campo in Ucraina.
Bene, nelle ultime ore ci sono state altre dichiarazioni che sembrano andare nella stessa direzione: l’Occidente, soprattutto l’Europa, dovrebbe trovare un punto di incontro con noi, per il suo futuro economico.
E infatti la chiave usata oggi è quella energetica.

Lo stesso Putin ha detto che la Russia è pronta a riprendere le esportazioni di gas all’Europa, attraverso il Nord Stream 2 – la parte non danneggiata dalle misteriose esplosioni delle scorse settimane – oppure attraverso la Turchia, che per il Cremlino potrebbe diventare un nuovo hub energetico per far arrivare il gas in Europa.
Tradotto politicamente: troviamo un accordo, conviene anche a voi, piuttosto che continuare a supportare Zelensky.
Il numero uno di Gazprom, Alexei Miller, si è spinto a dire che senza il gas russo l’Europa rischia di non superare l’inverno.

Come ha risposto l’Europa?
La Germania – il paese europeo più dipendente dal gas russo – ha detto che Mosca non è più un fornitore affidabile e che non riuscirà a destabilizzare le economie europee.
Ma la questione è molto delicata. E sappiamo quanto il destino di molti politici europei dipenda o dipenderà dalla capacità di contenere il più possibile l’aumento delle bollette.

A Praga i ministri dell’energia dei 27 stanno discutendo in queste ore proprio di questo.
A confermare la strategia russa di mettere sul tavolo – anche solo a parole – un potenziale dialogo, una potenziale trattativa, l’incontro di domani tra Putin e Erdogan ad Astana, in Kazakistan.

Uno dei consiglieri del Cremlino ha voluto far sapere che il presidente turco avanzerà delle proposte di negoziato, ancora una volta tra Russia e Ucraina, ma anche tra Russia e Occidente.
Sappiamo da tempo che Ankara ha tutto l’interesse a mediare e probabilmente Erdogan proverà a giocare tutte le sue carte. Ma lo stato attuale della crisi ucraina non sembra offrire, almeno per ora, molti appigli alla diplomazia.

La strategia del Cremlino potrebbe però mettere ulteriormente in difficoltà i paesi occidentali al momento di concordare una strategia comune sul rifornimento di armi a Kyiv – in questo momento soprattutto sistemi di difesa, ne discute oggi il gruppo di contatto per l’Ucraina a Bruxelles – e una politica energetica in grado di superare l’attuale crisi. Da segnalare infine che nonostante le tante difficoltà Mosca non è ancora completamente isolata, a partire proprio dalla questione energetica.

Ieri Putin ha ricevuto il leader degli Emirati Arabi, Mohammed bin Zayed. Gli Emirati hanno appena approvato – insieme agli altri paesi OPEC+, il cartello allargato dei produttori di petrolio – il taglio alla produzione di greggio. Una mossa che gli Stati Uniti non hanno gradito. Washington ha già protestato con l’Arabia Saudita.
A livello internazionale il Cremlino ha ancora un margine di manovra, seppur minimo.

  • Autore articolo
    Emanuele Valenti
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    Pubblica di mercoledì 03/12/2025

    Gran Bretagna e Germania, i grandi malati d'Europa. Il primo ministro britannico Starmer e il cancelliere tedesco Merz sono entrambi proiettati in una rincorsa della destra estrema. Il laburista britannico Starmer, due settimane fa: «restauriamo ordine e controllo», titolo di un documento presentato alla Camera dei Comuni. Il democristiano tedesco Merz: ci vogliono «controlli ai confini e respingimenti» perchè «l’immigrazione ha un impatto sul paesaggio urbano». Proprio così. Germania e Gran Bretagna, due potenze economiche mondiali: la Germania (80 milioni di abitanti) con il terzo pil del mondo (dopo Stati Uniti e Cina); il Regno Unito (con 60 milioni di abitanti) con il sesto pil mondiale (dopo la Germania c’è il Giappone e l’India e poi il Regno Unito). La “malattia” (la rincorsa ad essere a volte più a destra delle destre) rischia di cambiare i connotati a tradizioni politiche europee centenarie: come il laburismo britannico, il popolarismo democristiano tedesco insieme alla socialdemocrazia, sempre in Germania. Pesa, inoltre, un discorso pubblico sempre più contaminato da un lessico guerresco. Che danni può provocare questa “malattia” in due paesi fondamentali del continente europeo? Pubblica ha ospitato la storica Marzia Maccaferri (Queen Mary, University of London) e il giornalista Michael Braun (corrispondente da Roma del berlinese Tageszeitung).

    Pubblica - 03-12-2025

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    Finanza e Industria, ecco chi ci porta alla guerra

    Politici, industriali e finanzieri sono concordi nel sostenere la strada del riarmo e della militarizzazione europea: per i finanzieri si tratta di far fruttare i propri fondi rapidamente e in maniera sicura, per gli industriali idem, con fortissime iniezioni di denaro pubblico, non a caso anche quest’anno hanno fatto il record di vendite come registra il Sipri di Stoccolma il più autorevole istituto di ricerca sulla spesa militare nel mondo. Il problema, spiega Francesco Vignarca, portavoce della Rete Pace Disarmo, ricercatore e analista (tra i curatori del libro Europa a mano armata curato con Sbilanciamoci) è che così vince il discorso di guerra. Banalizzante, propagandistico e pericoloso perché sequestra la democrazia: “Il complesso militare industriale ha un pensiero medio lungo strategico. Stanno già intervenendo per togliere le leggi sulla limitazione alla vendita di armi, perché sanno che dovranno vendere questa sovraproduzione da qualche parte, così come fanno entrare capitali esteri nella nostra industria, come i sauditi in Leonardo, perché non siamo noi gli acquirenti di queste armi”. Ascolta l'intervista di Cinzia Poli e Claudio Jampaglia.

    Clip - 03-12-2025

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