Approfondimenti

Lodo Vs Wolf sulla scritta bolognese contro Salvini

Sabato 29 giugno a Bologna c’è stato un corteo per difendere lo spazio pubblico autogestito XM24, minacciato di sgombero dell’amministrazione comunale, e contro lo svilimento e la messa a profitto degli spazi pubblici, della cultura e della combattiva storia delle autogestioni bolognesi.

Nei giorni successivi la politica istituzionale cittadina, anzichè riflettere sulla portata politica di una manifestazione che non era stata solo un atto di routine, si è lanciata in una polemica sulle scritte sui muri comparse contestualmente al corteo.

Lodo Guenzi, musicista de Lo Stato Sociale, con un post sul suo profilo Instagram, apre uno uno spin-off interessante in questo dibattito. Riferendosi alla scritta “Salvini muori”, comparsa sotto casa sua, scrive: “Questa scritta mi fa schifo. E’ davanti a casa mia e ogni mattina spero di trovarla cancellata. Lasciamo ad altri questo schifo e scegliamo l’intelligenza, il paradosso, l’ironia, il gioco, la poesia e la passione. Anche nello scontro, soprattutto nello scontro. Perché frasi come queste sono merda fascista, e non fanno che costruire una società fascista. Non so quando abbiamo cominciato ad arrenderci a questo squallore, ma rispondere alla merda con la merda farà sempre e solo vincere la merda. Chi parla male pensa male. Chi pensa male agisce male”.

Il dibattito su queste dichiarazioni è subito deflagrato e se un plauso a Lodo Guenzi è giunto sia dal commissario provinciale bolognese della Lega Carlo Piastra che dallo stesso Salvini, meno strumentalmente è intervenuto anche lo scrittore Wolf Bukowski che, in antitesi a Lodo, scrive: “Da sempre gli oppressi, le vittime, sperano che il destino, dio, o l’eccesso di cibo, gli levino di torno il potente che li opprime. Esorcizzare questo auspicio non porta a nulla se non all’autocensura, e non aiuta a fare il passaggio successivo, ovvero raggiungere la consapevolezza che gli oppressori vanno sconfitti storicamente, e non (solo) maledetti…”.

Tamarindo ha ospitato contemporaneamente Lodo Guenzi e Wolf Bukowski. 

Qui l’audio:

Lodo vs Bukowrsky

 

Lodo Guenzi

“Svegliandomi nel quartiere più di destra della città e vedendo quella scritta grande come un palazzo ho pensato, ecco, ci risiamo di nuovo!  Andiamo a farci mangiare da quegli altri! Grazie a quella scritta stimo circa 300 preferenze alla Borgonzoni (ndr: bolognese, sottosegretario di stato al Ministero per i beni e le attività culturali), e penso che in questo momento quelli che parlano quella lingua – fatta di auguri di morte – siano più forti, più numerosi e più convinti rispetto a noi altri che stiamo dalla parte di quelli che salvano le vite e abbiamo scoperto che, sorpresa, sorpresa… quando si salvano 40 vite in mare loro impazziscono.

Non sono felice di tutto quello che è stato innescato dal mio post, come potete immaginare, forse anche perché è nato da un momento di rabbia da sconfitti cronici. Non sono felice di essere stato citato in maniera più o meno encomiastica da Matteo Salvini. Credo sia il punto più basso della mia carriera. Non sono nemmeno felice di essermi messo temporalmente nella possibilità di sovrapporre questo discorso alla manifestazione in difesa di XM24, che invece  va difeso in tutte le maniere. Involontariamente mi sono allineato con la polemica per il decoro contro l’imbrattamento. Cosa che non mi appartiene da mai – anche perché ho un Instagram solo di scritte sui muri.

Credo che dare un argomento alla signora che passa con la sporta della spesa e che per la prima volta ha la percezione che da un lato ci siano quelli che dicono “Carola ti devono stuprare con i negri” e, dall’altro, gli altri  che semplicemente stanno lì a salvare delle vite. Per la prima volta questa signora direbbe “forse il mondo, come me l’hanno raccontato, non è esattamente così”. Dare a quella signora la percezione che in realtà sono tutti brutti, sporchi e cattivi credo sia un autogol importante.

Wolf Bukowski

“La cosa che mi ha lasciato perplesso del post di Lodo è il preoccuparsi eccessivamente. È  difficile che quella scritta, di per sé, possa riattivare un conflitto sociale. Quella scritta non riattiva un bel niente di per sé. Però non la trovo un motivo di scandalo. Non credo che si possa interpretare fino in fondo da parte dei buoni perché credo che la situazione sia tale che richiede una capacità di uscire da una sorta di commedia in cui il nostro ruolo deve essere sempre quello dei buoni, dei positivi, dei propositivi… La situazione è quella di un odio pesante che viene indirizzato dall’alto.

Penso ai suoi interventi.  Penso a quello dopo lo sgombero di qualche notte fa, a Roma, in cui dice “La pacchia è finita! Avanti con gli sgomberi!”. Non solo non dobbiamo spaventarci, ma troverei disumano che non ci sia una risposta sentimentale, di pancia, di odio. Credo che chiunque abbia a cuore gli ultimi, i più poveri, i più colpiti, i più oppressi,  quel pensiero lì può averlo fatto. Quel pensiero lì in tanti l’hanno fatto. Ma io non voglio spaventarmi di fronte a questo”.

Lodo Guenzi

“Anni fa, ogni volta che uno esprimeva un’idea all’interno di una discussione politica veniva  tacciato di essere demagogico. Poi a un certo punto si era tutti ideologici. Cosa che non è un difetto di nessuno. Quelle cose mi sembrano dei meccanismi stupidi presenti nella testa dell’avversario politico e che si inseriscono per rompere le palle. C’è qualcosa di eroico in alcune cose che stanno succedendo e l’eroismo va molto al di là della bontà. Per rifarmi alla  riflessione centrale, io non credo che l’amore sia di per sé meglio dell’odio. In un contesto complicato, come lo spaccato sociale in questo momento, nel quale non c’è l’idea che da un momento all’altro si vada a fare la presa del Palazzo d’Inverno, rimanere criminalizzati sulle parole è un limite. In questo contesto, se noi riuscissimo a sviluppare la nostra rabbia, il nostro odio, la nostra insofferenza, la nostra voglia di non stare ai giochi in maniera più furba – cioè che ci torni il più delle volte matematicamente in attivo nel calcolo – dovremmo tenere d’occhio una cosa terribile in momento nella politica mondiale e cioè che quasi tutto è comunicazione.  Io lo posso dire perché ho fatto degli errori di comunicazione nel fare quel post. Quasi tutto è comunicazione! Ecco se diventassimo più furbi potremmo anche far sfruttare il nostro odio in maniera più efficace, tutto qua.

Wolf Bukowski

“Bisognerebbe disinnescare l’idea che quella scritta sia espressione di qualcosa di organizzato. Non ho idea di chi l’abbia scritta e neanche  se l’occasione è stata quella che abbiamo evocato oppure no. Però è evidente che si tratti di un fatto che scaturisce da un’individualità e credo che anche l’espressione individuale vada tutelata, che sia un pezzo di un sentimento collettivo che non è necessariamente uniforme. Quindi, non siamo di fronte a espressioni coordinate, siamo davanti a un magma sociale in cui, ognuno nei suoi modi, cerca di ribellarsi a questa situazione oppressiva, di violenza dall’alto, che viene costantemente agita, evocata e richiamata. Spero però che questa varietà non diventi un modo in cui ci si dà conto gli uni gli altri senza capire che in fondo, in qualche modo, gli obiettivi potrebbero essere comuni. Ne ho parlato anche io, quindi è normale che ognuno poi parli di questa cosa. Però lo sforzo che bisognerebbe fare è quello di non di non farci attrarre come falene da una scritta. Ecco, questa è la cosa importante”.

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    Il 9 settembre, dopo 14 anni di lavori, l’Etiopia ha inaugurato ufficialmente la Gerd, la Grand Ethiopian Renaissance Dam, il più grande progetto idroelettrico d'Africa, e tra i 20 più grandi al mondo. Da anni la diga è anche causa di tensione con i paesi a valle del Nilo: Sudan e soprattutto Egitto, che temono di vedere ridotte le proprie risorse idriche, anche in considerazione dei sempre più frequenti periodi di siccità. “Questa diga sarà certamente uno degli epicentri di tensione di questa regione nel prossimo futuro” spiega Luca Puddu, docente di storia dell’Africa all'Università di Palermo, al microfono di Sara Milanese. Ascolta l’intervista andata in onda in A come Africa.

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