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L’impatto di #metoo in Francia? Radicale

La militante femminista francese Caroline De Haas, 37 anni, ha fondato l’associazione Osez le Féminisme ed è tra le promotrici del sito Lesexpertes, annuario gratuito delle donne esperte a destinazione dei giornalisti. Molto attiva sui social, si batte da sempre contro il sessismo di tutti i giorni ed è uno dei volti mediatici di #metoo in Francia.

Dunque, cos’è stato, cosa ha significato #metoo in Francia?

“Non so se esista una particolarità francese del movimento #metoo, ma quello che è certo è che stanno succedendo delle cose in Francia, come altrove nel mondo, grazie a questo movimento. E sono cose particolari, che non abbiamo visto con i movimenti precedenti. Dopo i casi del deputato Baupin o di Dominique Strauss-Kahn ci sono state delle prese di coscienza, ma quella provocata da #metoo è completamente diversa. Perché #metoo non parla solo dei personaggi che vediamo in tv, ma parla della vita di tutti i giorni. E questa mobilitazione ha radicalmente – e peso le mie parole – cambiato il modo di vedere le violenze sessiste e sessuali nel nostro Paese.
Le militanti femministe si battono costantemente contro quello che chiamo ‘l’illusione dell’uguaglianza’. Cos’è l’illusione dell’uguaglianza? È l’aver fatto talmente tanti passi avanti negli ultimi decenni in materia di diritti delle donne – i progressi in Francia o in Italia sono stati così straordinari – che per uno strano effetto ottico ci sembra di essere quasi arrivati a destinazione. Certo, in Francia e in Italia le cose vanno meglio che in altri Paesi, come l’Afghanistan. In Francia e in Italia le cose vanno meglio nel 2018 rispetto al 1950, è ovvio. Ma non va ancora così bene, non siamo arrivati all’uguaglianza. E #metoo ha cozzato contro quest’illusione. Il movimento #metoo è un movimento che è entrato nella nostra intimità, nelle nostre famiglie, al lavoro; e che ha fatto capire a molte persone in Francia che le violenze erano intorno a loro. Che c’erano sempre in realtà, ogni giorno, sui mezzi, al lavoro… E per questo penso che sia difficile, oggi, misurare del tutto l’impatto di questo movimento. Penso ci vorrà del tempo per capire fino a che punto questo movimento cambierà la società”.

E quindi, oggi a che punto siamo?

“Se prendiamo il bicchiere mezzo pieno, da quando è nato il movimento #metoo, non passa una settimana senza che si parli delle violenze sessuali o sessiste alla tv o alla radio. È diventato un argomento di dibattito permanente nelle famiglie, nei media, e il livello di attenzione a queste tematiche ha raggiunto un livello mai visto prima. Finché un argomento è taciuto e rimane un tabù, non riusciremo mai a mettere fine alle violenze. Quindi, il fatto di prendere coscienza che le violenze ci circondano e farne un argomento politico, mediatico, culturale, sociale, per me preannuncia dei giorni felici.
Per il bicchiere mezzo vuoto, dal mio punto di vista, la risposta dei poteri pubblici all’ondata mondiale di mobilitazione che abbiamo visto non è – per essere educata – per nulla all’altezza della situazione. È frustrante, perché un movimento così ampio dovrebbe portare a politiche pubbliche ambiziose, che si diano i mezzi per cambiare le cose. La società è scossa dalla questione delle violenze sessiste e sessuali: è il momento di smuoverla. Bisogna approfittarne per scuoterla ancora di più, per farla avanzare, ottenere dei nuovi diritti. E la sensazione che ho è che il potere pubblico, in particolare il presidente della Repubblica in Francia, non abbia per nulla colto quest’occasione per dare il via a un cambiamento radicale della società”.

Eppure il governo ha un progetto di legge sul tavolo.

“Sì, c’è un progetto di legge che correggerà un po’ la legge attuale, che è un’ottima legge sulla prevenzione delle violenze tra l’altro. Ma questa nuova legge ha un sacco di punti morti e il principale è che non prevede i finanziamenti per applicare la legge esistente. Da un lato, la legge ha un valore normativo e creare una legge che dice che non si ha il diritto di fare commenti sessisti alla gente per strada è un bene, perché si crea una norma e si mostra un modello. Però, in un Paese in cui nella gran parte dei casi le leggi sulle violenze non sono applicate, che credibilità ha? Quello che temo è che si parli di questa nuova legge come una grande misura ma che non si faccia nulla di concreto. Ora, in Francia si stima che ci siano circa 84.000 stupri o tentativi di stupro ogni anno. Solo il 2 per cento degli stupratori viene condannato. Il 2 per cento. Quindi la priorità politica è quella di far applicare le leggi esistenti. E come si fa? Dandosi i mezzi per cambiare le mentalità e formare i professionisti. Per cambiare le mentalità ci vuole l’educazione, per formare i professionisti ci vogliono le formazioni. Solo che le formazioni sono care. Invece il governo ha deciso di aggiungere 7.000 euro al budget dei diritti delle donne rispetto allo scorso anno. 7.000 euro! È quello che si dice un’enorme presa in giro”.

  • Autore articolo
    Luisa Nannipieri
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    Gran Bretagna e Germania, i grandi malati d'Europa. Il primo ministro britannico Starmer e il cancelliere tedesco Merz sono entrambi proiettati in una rincorsa della destra estrema. Il laburista britannico Starmer, due settimane fa: «restauriamo ordine e controllo», titolo di un documento presentato alla Camera dei Comuni. Il democristiano tedesco Merz: ci vogliono «controlli ai confini e respingimenti» perchè «l’immigrazione ha un impatto sul paesaggio urbano». Proprio così. Germania e Gran Bretagna, due potenze economiche mondiali: la Germania (80 milioni di abitanti) con il terzo pil del mondo (dopo Stati Uniti e Cina); il Regno Unito (con 60 milioni di abitanti) con il sesto pil mondiale (dopo la Germania c’è il Giappone e l’India e poi il Regno Unito). La “malattia” (la rincorsa ad essere a volte più a destra delle destre) rischia di cambiare i connotati a tradizioni politiche europee centenarie: come il laburismo britannico, il popolarismo democristiano tedesco insieme alla socialdemocrazia, sempre in Germania. Pesa, inoltre, un discorso pubblico sempre più contaminato da un lessico guerresco. Che danni può provocare questa “malattia” in due paesi fondamentali del continente europeo? Pubblica ha ospitato la storica Marzia Maccaferri (Queen Mary, University of London) e il giornalista Michael Braun (corrispondente da Roma del berlinese Tageszeitung).

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    Politici, industriali e finanzieri sono concordi nel sostenere la strada del riarmo e della militarizzazione europea: per i finanzieri si tratta di far fruttare i propri fondi rapidamente e in maniera sicura, per gli industriali idem, con fortissime iniezioni di denaro pubblico, non a caso anche quest’anno hanno fatto il record di vendite come registra il Sipri di Stoccolma il più autorevole istituto di ricerca sulla spesa militare nel mondo. Il problema, spiega Francesco Vignarca, portavoce della Rete Pace Disarmo, ricercatore e analista (tra i curatori del libro Europa a mano armata curato con Sbilanciamoci) è che così vince il discorso di guerra. Banalizzante, propagandistico e pericoloso perché sequestra la democrazia: “Il complesso militare industriale ha un pensiero medio lungo strategico. Stanno già intervenendo per togliere le leggi sulla limitazione alla vendita di armi, perché sanno che dovranno vendere questa sovraproduzione da qualche parte, così come fanno entrare capitali esteri nella nostra industria, come i sauditi in Leonardo, perché non siamo noi gli acquirenti di queste armi”. Ascolta l'intervista di Cinzia Poli e Claudio Jampaglia.

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    Trattandosi di un film horror si può raccontare poco. Ferine di Andrea Corsini si sviluppa intorno ad Irene, una donna che desidera una figlia ma nello stesso tempo è costretta a difendersi da chi la ostacola. In seguito a un incidente, la donna va in cerca di sangue per sopravvivere. Il tutto si svolge in un paesaggio vuoto e deprimente: “Cercavo una provincia in cui si respirasse solitudine e isolamento, come la villa di architettura brutalista e il centro commerciale esternamente vuoto. Il cemento da una parte e dall’altra le zone boschive, in cui si scatena l’aspetto selvaggio della storia”. Spiega Corsini, che nel film ha ricreato delle atmosfere che ogni tanto ricordano David Lynch, accompagnate dalla musica di Pino Donaggio: “È sempre stato il mio sogno, ma non avrei mai pensato di riuscirci. Non ho dovuto dirgli quasi niente per arrivare a questo risultato”. Un film prevalentemente femminile, con attrici internazionali che recitano in inglese e in cui gli uomini hanno soltanto parti in secondo piano. L'intervista di Barbara Sorrentini ad Andrea Corsini.

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    Lista stupri. Una delle ragazze minacciate: “L’educazione sessuo-affettiva serve ad arginare le violenze”

    L’educazione sessuale a scuola si farà solo con il consenso dei genitori degli studenti minorenni, sia alle medie sia alle superiori. Alla Camera ieri è arrivato il via libera agli emendamenti al ddl Valditara tra le proteste delle opposizioni. È stato respinto anche un emendamento che prevedeva di togliere il consenso dei genitori in caso il corso fosse organizzato dalle Asl, quindi non da associazioni ma dal servizio sanitario nazionale. Intanto, prosegue l’indagine della procura di Roma "lista degli stupri” comparsa nei giorni scorsi nei bagni del liceo romano Giulio Cesare. Al momento il reato ipotizzato è istigazione a delinquere finalizzata alla violenza sessuale. Andrea, una delle studentesse del Giulio Cesare il cui nome era presente nella lista, al microfono di Mattia Guastafierro, ci racconta qual è il clima a scuola: “Ci sono stati dei precedenti, sicuramente non così gravi: stati bruciati dei cartelloni contro la violenza sulle donne nel bagno dei maschi, sono state strappate delle petizioni messe in bacheca per sensibilizzare alla violenza di genere. Purtroppo ci sono persone che hanno avuto un'educazione familiare estremamente poco consapevole di certe cose e purtroppo questa è la prova che un argomento così terribile come lo stupro possa essere utilizzato con leggerezza e, anzi, scritto su un muro di un bagno”. Inoltre, Andrea riconosce l'importanza dell'educazione sesso-affettiva nelle scuole: "Noi passiamo tantissime ore all'interno delle mura scolastiche e quindi deve essere la scuola a insegnare ed arrivare dove la famiglia magari non riesce. C'è molta disinformazione su quello di cui si tratta nell’educazione sessuo-affettiva: serve per insegnare il consenso, per conoscere se stessi senza paure, senza timori e stigmi sociali, per accettare ogni parte di sé. Facendo questo percorso dentro la scuola inevitabilmente la violenza di genere, e le violenze in generale, vengono arginate proprio perché la violenza parte da un'insicurezza. Se noi insegniamo che va bene averle, che queste si possono gestire, come gestire le relazioni, i conflitti ed educare al consenso, io credo che queste cose non succederebbero più. La scuola se ne deve far carico".

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