
Nuova notifica di sfratto, nuovo rinvio. Il Leoncavallo ha guadagnato altri due mesi. Il ritorno dell’ufficiale giudiziario in via Watteau ora è atteso per il prossimo 9 settembre. Sarà la 134esima volta da quando lo storico centro sociale di Milano si trova nel quartiere di Greco. La sensazione, però, è che il momento in cui dovrà lasciare lo spazio che occupa da più di 30 anni è sempre più vicino.
Durante il presidio antisfratto di stamattina, 15 luglio, la musica degli Africa Unite e The Bluebeaters, il concerto dei Punkreas hanno cercato di esorcizzare i timori. Il portavoce del Leoncavallo, Daniele Farina, ha usato la metafora del “deserto dei Tartari”: si vive nell’attesa, alla ricerca vana di un significato di ciò che sta accadendo.
Pochi giorni fa il ministero dell’Interno, attraverso l’avvocatura dello Stato, ha presentato un’ingiunzione di pagamento di 3 milioni di euro a Marina Boer, la presidente dell’associazione Mamme Antifasciste. È la stessa cifra del risarcimento a cui il tribunale di Milano ha condannato il Viminale per non aver eseguito lo sfratto in questi decenni. Il Leoncavallo promette battaglia legale e pieno sostegno all’associazione.
In parallelo, sotto traccia, prosegue il percorso di dialogo con il Comune di Milano per il nuovo spazio di proprietà comunale che Palazzo Marino ha individuato in via San Dionigi, nella periferia sud della città. Potrebbe essere la nuova collocazione del centro sociale. Sarà comunque pubblicato un bando e le difficoltà sono tante, sono note. A cominciare dal fatto che quell’edificio al momento non è agibile, non ha allacciamento fognario e va bonificato dall’amianto. Il Leoncavallo ha annunciato che, a breve, aprirà una raccolta fondi proprio per prepararsi a sostenere i costi di tutti questi possibili lavori. “Una cassa di resistenza per prepararci allo sfratto e cercare di resistere ai prossimi mesi” l’hanno definito gli attivisti.