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La violenza nera degli ultras nell’Europa a pezzi

Le sedie volanti al Vecchio Porto di Marsiglia, le bottigliate e le bandiere strappate di Lilla, gli inseguimenti per le vie del centro storico di Nizza.

Le istantanee che provengono dalle città francesi che ospitano le partite dell’Europeo di calcio descrivono dannatamente bene l’umore di un continente lacerato e rabbioso.

E sempre più nero, come già le urne hanno più volte dimostrato.

Protagonisti delle violenze del fine settimana ultras e gruppi di estrema destra, contrapposti nazionalismi che paiono essersi dati appuntamento nelle metropoli d’oltralpe per accendere la miccia.

Non è possibile provare l’esistenza di una regia comune degli scontri, che hanno approfittato delle falle nel sistema di sicurezza allestito dall’Eliseo (terrorizzato da altri tipi di minacce), è verosimile che una serie di contatti ci siano stati, che informazioni circa gli spostamenti dei tifosi avversari, e della polizia, siano circolate.

Non era segreta la presenza a Marsiglia degli epigoni degli hooligans inglesi, che bazzicavano rumorosamente in città da giorni. Il loro coro “Isis, dove sei?” rappresenta bene il nichilismo che è il minimo comun denominatore di chi ha preso parte agli scontri. I loro inni alla Brexit testimoniano che questa Europa è un nemico per molti, anche al di là dei suoi demeriti.

Meno reclamizzata era stata la presenza dei russi, usciti vittoriosi (secondo discutibili logiche ultras) dal tutti contro tutti provenzale.

Del gruppo che ha partecipato agli scontri fanno parte sostenitori dello Spartak e Cska di Mosca, che in patria vanno a un passo dal farsi la pelle a ogni derby, oltre a quelli dello Zenit San Pietroburgo. Più volte in passato le curve dei club si sono macchiate di scenate xenofobe nei confronti di giocatori avversari o della propria squadra, la violenza negli stadi è un problema serio a quelle latitudini.

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Acerrimi rivali eppure così simili sono gli ucraini, che hanno dato vita agli scontri di Lilla prima della sfida contro la Germania. Nel Paese ex sovietico la guerra ha acuito la frattura sociale e etnica: ancora una volta la risposta alle tensioni è stata sciovinista, è stata l’odio per tutto ciò che non è il proprio gruppo ristretto.

I tedeschi, una esigua e odiosa minoranza di quanti giunti in Francia, hanno inneggiato al terzo Reich, tre furgoni di tifosi di tifosi con numerosi precedenti sono stati fermati prima di raggiungere il confine.

E poi ci sono stati gli scontri tra i sostenitori di Nord Irlanda e Polonia, altro Paese che ha da tempo pericolosamente virato a destra negli stadi quanto nei palazzi istituzionali, e calamitano paure i gruppi organizzati di Croazia, che a San Siro dimostrarono le proprie abilità nel creare disordine, Turchia e Ungheria.

Ma agli scontri hanno partecipato anche i tifosi francesi, quelli parigini e quelli dell’OM a Marsiglia. Non stupisce, in un Paese è diviso, dove le istituzioni attraversano una crisi difficilmente reversibile.

Il radicalismo islamico e la questione dei rifugiati, temi indebitamente e spesso strumentalmente correlati, la povertà diffusa e la disoccupazione alimentano ogni scintilla. Le curve delle nazionali forse hanno semplicemente ritrovato il loro ruolo di avanguardia delle esasperazioni collettive. Con via d’uscita a destra, in sintonia con il continente che le ospita.

  • Autore articolo
    Dario Falcini
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