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La UE: fate un governo antisovranista

Al G7 di Biarritz, in Francia, il presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte ha ricevuto un riconoscimento internazionale.

“Conte è uno dei migliori esempi di lealtà in Europa” ha affermato il presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk.

Leale a cosa? Alla collocazione internazionale dell’Italia.

E’ bene ricordare il contesto internazionale in cui si è dipanata la crisi politica italiana, perché il limite di molte analisi e interpretazioni di quanto sta accadendo è dato da una visione italo-centrica, anzi peggio, Palazzo-centrica che impedisce di cogliere tutti gli aspetti. Tutto viene ridotto a un gioco di pedine e di peones sulla scacchiera dei banchi di Camera e Senato. Non è così. Non è solo così.

Il contesto più ampio è quello della sconfitta dei cosiddetti sovranisti anti Ue alle elezioni europee dello scorso mese di maggio. Da allora si è messo in moto il meccanismo che ha portato alla rottura tra Lega e Movimento 5 Stelle. I sovranisti avevano perso in tutti i grandi paesi tranne che in Italia e la situazione del nostro Paese preoccupava. Dalle urne la Lega era uscita come il più grande partito sovranista del continente e il suo leader, Matteo Salvini come il più giovane e forte leader europeo delle forze nazionaliste e di destra. Ma il vero oggetto misterioso, su cui da tempo erano puntati i fari, era il Movimento 5 Stelle. Nel corso del suo primo anno al governo i 5 Stelle avevano smussato gli accenti anti sistema ma a Bruxelles (e a Roma, nei luoghi del potere istituzionale) ricordavano che tutta la campagna elettorale del 2018 era stata condotta nel segno della forte ambiguità sull’Euro: uscire sì, uscire no, affermazioni volutamente contraddittorie sul tema. ‘Fare un referendum’ chiedeva Beppe Grillo, un referendum impossibile data la nostra Costituzione ma tant’è, era il messaggio che contava. E in Europa avevano ben presenti gli accenti anti Unione, gli slogan che denunciavano l’Unione Europea come un coacervo di funzionari nemici del popolo e servi della finanza internazionale, dei banchieri, delle multinazionali. Certe uscite di leader come Di Battista o lo stesso Grillo non avevano nulla da invidiare alla propaganda leghista.

La svolta è stata il voto del Movimento 5 Stelle a favore della nuova presidente della Commissione Europea, la tedesca Ursula Von Der Leyen, conservatrice liberale, molto vicina alla Cancelliera Angela Merkel, pilastro della tenuta dell’Unione Europea contro le forze centrifughe e disgregatrici. Il voto grillino a favore di Von Der Leyen ha rappresentato una rottura ideologica con la Lega, ben più grave della divisione, priva di effetti reali, sulla mozione No Tav in Valsusa. Dopo le elezioni europee Salvini si è trovato in difficoltà, come abbiamo raccontato, perché nella paradossale condizione di vincitore in Italia e sconfitto in Europa. E l’Europa è il livello che conta per Putin, ad esempio. Fino a ieri considerato da Salvini il suo grande amico e sponsor politico, Putin ha preso atto del quadro politico ed è andato al G7 a riallacciare linee di alleanze più tradizionali, che passano dalla Francia di Macron, l’odiato -dai sovranisti- paladino del liberalismo europeo. Questo contribuisce a spiegare le mosse apparentemente insensate di Salvini e contribuisce a spiegare anche il ricollocamento del Movimento 5 Stelle. L’Europa, con il risultato delle elezioni di maggio e con l’elezione di Von Der Leyen, inizia a dare risposte politiche ai nemici dell’Unione. Ed è cruciale che a Roma ci sia un governo amico dell’Unione Europea, non un governo ostile come quello egemonizzato da Salvini. Ecco perché i leader europei elogiano Conte. E’ un modo di ‘coltivare’ colui che potrebbe essere il leader di fatto del M5S nel contesto di una strategia di riposizionamento “ideologico” dei 5 Stelle. Un riposizionamento in linea con le politiche pro europee. In questo senso Conte sarebbe considerato un leader affidabile, sicuramente più affidabile dell’inaffidabile Di Maio. Un leader leale, come dice Donald Tusk.

Quanto al dettaglio delle formule politiche (quali partiti comporranno il nuovo governo, chi sarà il presidente del Consiglio) a chi ci osserva con attenzione da fuori interessa relativamente. La cosa importante è che nasca un governo filo europeo, che non sia una interferenza e un ostacolo alla direzione che l’Europa si sta dando perché Brexit è già un problema sufficientemente serio.

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    “Ho sempre pensato che quella di Aldo, Giovanni e Giacomo fosse una favola. La loro vita artistica, che io ho seguito come assistente alla regia nei film di Massimo Venier, è sempre stata caratterizzata da rifiuti e invece hanno fatto di tutto e con grande successo, grazie alla loro determinazione”. E’ per questo motivo che Sophie Chiarello, già regista di “Il Cerchio”, ha voluto esplorare le vite del trio a partire dalla loro infanzia. “Erano tre ragazzini un po' 'sfigati' – come si autodefiniscono - che per provenienza sociale avevano un destino già scritto”. Sono loro a raccontarsi, a sfogliare le foto dell’infanzia e a percorrere la Milano di una volta, proletaria e in bianco e nero. Un ritratto personale, divertente, con le voci di chi li ha accompagnati in tutti questi anni da Paolo Rossi, Marina Massironi, alla Gialappa’s Band. “Attitudini: nessuna” è stato realizzato in diversi momenti con un percorso frammentato che punteggia la carriera artistica del trio tra cabaret, teatro, cinema e televisione. Ascolta l'intervista di Barbara Sorrentini a Sophie Chiarello, regista di “Attitudini: nessuna”.

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