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La miniserie Pachinko arriva su AppleTV+

Pachinko

Agli ultimi Grammy Award, i più importanti premi musicali dell’industria discografica statunitense, gli ospiti più attesi erano i BTS, la boyband coreana che, al momento, è indiscutibilmente il fenomeno pop più di successo al mondo. La serie tv più vista e chiacchierata dello scorso anno è stata Squid Game, la distopica metafora del tardocapitalismo ideata e diretta dall’autore sudcoreano Hwang Dong-hyuk.

Solo due anni fa – anche se, a causa della pandemia, sembra passato un secolo – il film Parasite di Bong Jong-ho faceva la storia portandosi a casa quattro statuette importantissime, e per la prima volta il premio per il miglior film andava a un’opera non in lingua inglese. E anche agli Oscar dell’anno scorso ha ricevuto candidature e premi un film insieme coreano e americanissimo: Minari, la storia di una famiglia proveniente, appunto, dalla Corea, che cerca il Sogno americano nell’Arkansas degli anni 80.

Pure uno dei reality show di maggiore successo globale, con svariate versioni nazionali, cioè Il cantante mascherato, è stato inventato in Corea del Sud. Chi conosce lo stato asiatico sa quanto la sua cultura sia stata influenzata dall’Occidente e in particolare dagli Stati Uniti, ma si potrebbe dire che negli ultimi anni il vento abbia iniziato a soffiare nella direzione opposta: è la produzione pop coreana a dominare quella del resto del mondo (del resto, ricordiamo quello che disse Bong nel 2020, in una battuta che, da sola, decolonizzava un intero immaginario: «D’altronde, gli Oscar sono dei premi locali»).

Ultima in ordine di tempo, arriva su AppleTV+ la miniserie Pachinko, tratta dal bestseller Pachinko – La moglie coreana della scrittrice Min Jin Lee (in Italia edito da Piemme): niente di più lontano dalle atmosfere survoltate, ansiogene e ultra contemporanee di Squid Game, ma lo stesso un titolo da non perdere. Innanzitutto per lo sforzo – e lo sfarzo – produttivo: la vicenda attraversa sette decenni e due continenti, tra gli anni 10 e gli anni 80 del Novecento, e la ricostruzione storica, tra location e costumi, è degna di un kolossal cinematografico.

Pachinko è una serie corale – come sottolinea anche la bellissima e trascinante sigla – ma il personaggio che fa da filo conduttore, e spesso da punto di vista, è Sunja: nata negli anni 10 in un villaggio di pescatori, sin da piccolissima assiste agli orrori dell’oppressione giapponese, che proprio in quegli anni trasformano la Corea in una colonia del loro impero. Cresciuta, Sunja emigrerà in Giappone e darà il via a una discendenza che arriva fino al nipote Solomon, l’altro co-protagonista, giovane ambizioso, che ha studiato a Yale e vissuto negli Stati Uniti, ma che negli anni 80 ritorna in Giappone per ragioni di carriera.

Pachinko si muove attraverso diversi piani temporali, intrecciando il passato della giovane Sunja con il “presente” (cioè il 1989) di Solomon, nel quale Sunja, ormai anziana, è interpretata da Youn Yuh-jung, star del cinema coreano che proprio l’anno scorso ha vinto l’Oscar come miglior attrice non protagonista per il ruolo della nonna in Minari. A dirigere la serie, e anche questo è un dettaglio interessante, ci sono Kagonada e Justin Chon: statunitensi di origini coreane, il primo è uno dei più apprezzati autori di videosaggi contemporaneo, acclamato per i suoi lavori di critica visuale pubblicati online; il secondo – attore, regista, modello, musicista – è ugualmente famoso come personalità di YouTube.

La provenienza dal mondo del web dei due registi, però, non deve dar adito a snobismi: Pachinko, che è scritto e coordinato dalla sceneggiatrice Soo Hugh, ha il respiro epico delle grandi storie intergenerazionali, ed è graziato da un ottimo cast, da una confezione curatissima ed evocativa, da una trama coinvolgente e dal tono che unisce affresco storico e intimità familiare. Molto interessante, poi, il suo trilinguismo, che vede il giapponese e il coreano alternarsi continuamente (i sottotitoli adottano l’azzurro per il primo e il giallo per il secondo), oltre a diversi dialoghi in inglese, sottolineando quanto della propria storia e
identità passi dalla parola, dalla comunicazione, dall’espressione, dall’incontro con l’altro.

  • Autore articolo
    Alice Cucchetti
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    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale Al Teatro della Cooperativa, a Milano ha debuttato in prima nazionale "Lo sciopero delle bambine", in scena Rita Pelusio e Rossana Mola di PEM Habitat Teatrali, compagnia che porta avanti una ricerca artista che declina contenuti civili e ironia. Lo spettacolo, con la regia di Enrico Messina, racconta una storia avvenuta a Milano nel 1902, quando le “piscinine”, che in dialetto meneghino significa “piccoline”, bambine, tra i sei e i tredici anni, che lavoravano senza diritti, sfruttate e sottopagate, ebbero la forza di scioperare e, per cinque giorni, fermare l’industria della moda della città. A raccontare la vicenda delle piscinine in scena sono due piccioni, due creature che abitano le piazze, le cui parole rispecchiano lo sguardo dei contemporanei, spesso stanchi e disillusi davanti alle sfide della storia. Nella trasmissione Cult Ira Rubini ha intervistato l’attrice Rita Pelusio.

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    Anniversario numero 56 per la Strage di Piazza Fontana, quest’anno oltre alle istituzioni nella celebrazione del pomeriggio parleranno una studentessa di un liceo milanese e uno dei vigili del fuoco che entrarono per primi dopo lo scoppio della bomba, ci spiega Federico Sinicato, presidente dell’Associazione dei Familiari delle vittime di Piazza Fontana. “L’importanza del 12 dicembre va al di là della celebrazione e del ricordo che si fa in piazza, è una data storica per l’intero Paese perché è l’inizio della strategia della tensione che produce effetti devastanti e blocca di fatto il grande movimento di riforma del Paese nato dalle lotte dei lavoratori e degli studenti, basta pensare che l’approvazione del Senato dello Statuto dei lavoratori è del 11 dicembre, il giorno prima, il momento fu scelto come risposta all’avanzata dei diritti e se pensiamo che oggi questi valori vengono rimessi in discussione. E’ una data sacra per il Paese”, In Piazza dopo le celebrazioni istituzionali ci sarà il corteo dei movimenti con partenza alle 18.30 da Piazza XXIV Maggio. E ci sarà anche l’inaugurazione del memoriale “Non dimenticarmi“, un’installazione permanente nata dal basso che ricorda le vittime delle stragi, donata al Comune di Milano e installata in Piazza Fontana. L'intervista di Cinzia Poli e Claudio Jampaglia.

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    ALEXANDER BAUNOV - LA CADUTA DEL REGIME - presentato da Michele Migone

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    Federico Sinicato presidente associazione Familiari Vittime di Piazza Fontana ci racconta cosa sarà questo 12 dicembre e il percorso di avvicinamento nelle scuole, nei racconti e nelle testimonianze. Valter Boscarello Fondatore di Memoria Antifascista, ci presenta il corteo delle 18h30 (da Piazza 24 maggio fino a piazza fontana) dedicato ai movimenti e alla repressione delle lotte. Nel pomeriggio verrà inaugurato il memoriale “Non dimenticarmi“, un’installazione permanente dedicata a tutte le vittime delle stragi, voluta dal basso e accolta dal Comune di Milano. Linda Maggiori, giornalista freelance e attivista di The Weapon Watch l'osservatorio sul traffico d'armi nei portio italiani, ci racconta la sua inchiesta sulla "flotta del genocidio": le rotte delle armi dai porti italiani pubblicata per Altra economia dove dimostra come l'industria italiana e i porti italiani abbiano rifornito Israele per tutta la durata dell'attacco a Gaza in barba alla legge 185 che lo vieta e alle dichiarazioni del governo. Tiziana Ricci ci presenta la mostra alla Fabbrica del vapore sui 50 anni della radio, gratuita, libera e bellissima.

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