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La Brexit secondo Viktor Orbán

Questo articolo è stato scritto prima dello spoglio del referendum.

Due giorni prima del referendum sulla Brexit, gli elettori britannici hanno trovato sul giornale Daily Mail, un insolito messaggio del primo ministro ungherese Viktor Orbán. In esso il premier di Budapest dice “la decisione è vostra ma mi preme farvi sapere che l’Ungheria è fiera di essere membro, con voi, dell’Unione europea. Secondo l’ufficio stampa del governo guidato da Orbán, l’esecutivo magiaro ha speso 49.000 sterline ossia circa 70.000 euro per la pubblicazione di questo messaggio da parte del giornale. All’Ansa, il portavoce del governo Zoltán Kovács ha dichiarato: “Ci accusano spesso di essere antieuropei, ecco la risposta”.

L’iniziativa del primo ministro è stata prontamente commentata dal quotidiano di opposizione Népszabadság in un articolo firmato da Gábor Horváth. A suo avviso il messaggio del governo agli elettori britannici è cinico e controverso perché, da una parte Orbán fa in Ungheria la parte del difensore della sovranità nazionale in una battaglia ingaggiata contro le ingerenze dell’Unione europea, dall’altra interferisce negli affari interni britannici cercando di convincere gli elettori, sudditi della regina Elisabetta, dei vantaggi di restare membri dell’Unione.

L’autore dell’articolo ritiene che la nota retorica antieuropea del governo ungherese non possa essere sconfessata dal messaggio pubblicato dal Daily Mail e che all’esecutivo di Budapest piaccia pensare di essere un, un attore la cui opinione possa essere in qualche modo importante per gli elettori britannici.

Alcuni analisti pensano che l’iniziativa del premier possa essere messa in relazione con l’attuale campagna portata avanti dall’esecutivo contro la politica delle quote obbligatorie di accoglienza dei profughi, altri ritengono anche che il gesto di Orbán sia dovuto al timore che l’uscita di Londra dall’Unione possa portare in prospettiva a una riduzione dei fondi europei a disposizione per l’Ungheria e a un più accentuato processo di integrazione che il primo ministro danubiano non gradirebbe. I meno critici fanno notare che in fondo Orbán si è sempre battuto a favore della sovranità nazionale ungherese senza però mai mettere in discussione l’appartenenza del paese all’Unione europea in qualità di stato membro. Il premier di Budapest si considera non un euroscettico ma un “eurorealista”, una persona che parla chiaro e che dice le cose come stanno senza le ipocrisie del “politicamente corretto”. Uno che, insomma, individua e denuncia i problemi esistenti a livello di funzionamento dell’Unione europea ma che, a suo giudizio, ha mostrato più di tutti gli altri leader membri di preoccuparsi del futuro e dell’incolumità dell’Unione difendendone i confini dai copiosi movimenti migratori diretti verso il Vecchio continente.

Nella vicina Repubblica Ceca il quotidiano Pravo esce in edicola il giorno del referendum britannico con un articolo che analizza le ragioni del voto. A suo avviso uno dei motivi che hanno portato alla diffusione dell’euroscetticismo in Gran Bretagna e all’organizzazione del test elettorale è legato ai flussi migratori incontrollati, non tanto i flussi di provenienza extraeuropea ma piuttosto quelli che partono dall’ex blocco esteuropeo e quindi anche dalla Repubblica Ceca.

Infine, secondo analisti bancari di Praga l’eventuale scelta degli elettori britannici di lasciare l’Unione potrebbe portare nella Repubblica Ceca a una proroga, forse fino al 2018, della fine del regime di svalutazione della corona da parte della Banca Nazionale Ceca.

Massimo Congiu è direttore dell’Osservatorio sociale Mitteleuropeo

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    Lo stato dell’economia italiana. Il caso Italia è «un esempio per l’Europa», come ha scritto sul Financial Times una penna amica del governo Meloni un paio di settimane fa? Oppure – come sostiene invece Liberation (prima pagina 17 novembre ) – il governo Meloni è solo un miraggio economico? Pubblica ha ospitato l’economista Francesco Saraceno, il quale ha "spulciato" voce per voce le principali variabili dell'economia italiana: dal Pil ai prezzi, dall’occupazione ai salari, passando per la produttività, la gestione del debito pubblico e del fisco.

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