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Il premio Nobel per la pace Ales Bialiatski è stato condannato a 10 anni di carcere

Nel 1996, Lukaschenko era già presidente della Bielorussia. Lo era dal 1994, quando la carica venne creata. Il paese, di fatto, non ha mai avuto un altro presidente. Nella primavera del 1996, per le strade di Minsk scoppiarono diverse proteste spontanee, nate dal basso, dalla spinta democratica della popolazione. Lukashenko diede l’ordine alla polizia di reprimere violentemente le manifestazioni e centinaia di persone vennero arrestate. Quel periodo passò alla storia come La Primavera di Minsk. E’ qui che nacque Viasna, che significa – appunto – primavera. Nacque dalla necessità di sostenere e dare assistenza finanziaria e legale ai prigionieri politici alle loro famiglie. Negli anni Viasna è diventata la più importante associazione bielorussa per i diritti umani e da quasi 30 anni si batte per la libertà e la democrazia. L’anno scorso, il fondatore di Viasna, Ales Bialiatski, ha vinto il premio Nobel per la pace. A ritirarlo, però, c’era la moglie, perché Bialiatski era in carcere. Nel 2021 era stato arrestato per aver partecipato alle proteste di massa dell’anno prima, a seguito della vittoria alle elezioni di Lukashenko, elezioni che l’opposizione e le organizzazioni indipendenti a livello internazionale avevano considerato truccate.
Ora è stato condannato a 10 anni di carcere con le accuse di contrabbando e finanziamento di “attività che violano gravemente l’ordine pubblico”. Era già stato in prigione dal 2011 al 2014 con accuse di evasione fiscale e già allora era evidente come le accuse fossero semplicemente un pretesto politicamente motivato. La leader dell’opposizione bielorussa Svetlana Tikhanovskaya ha definito le condanne “una vergognosa ingiustizia” e ha detto: “dobbiamo fare di tutto per combatterla e liberarli”.
Insieme a lui, a processo, c’erano altri tre difensori dei diritti umani e membri di Viasna: il vicepresidente della ONG Valiantsin Stefanovic è stato condannato a 9 anni, l’attivista Zmitser Salauyou a 8, e l’avvocato Uladzimir Labkovich a 7 anni.
Anche l’alto rappresentante per la politica estera dell’Unione Europea Josep Borrell ha condannato la decisione, definendo i processi una farsa che “rappresentano un altro terribile esempio del tentativo del regime di Lukashenko di mettere a tacere coloro che si battono in difesa dei diritti umani e delle libertà fondamentali del popolo bielorusso”.
La moglie di Bialiatski, Natallia Pinchuk, commentando la sentenza del marito ha detto: “È terribile quando pensi a ciò per cui sono stati processati. Nonostante tutti quei 284 volumi del fascicolo penale e un processo piuttosto lungo, l’accusa non è stata in grado di fornire alcuna prova. Ovviamente, sono stati i difensori dei diritti umani ad essere presi di mira da questo processo, ed è stato per le loro attività a favore dei diritti umani che sono stati processati”.
Assegnando il premio nobel lo scorso anno, la commissione ha detto che «nonostante le enormi difficoltà personali», Bialiatski «non ha ceduto un millimetro nella sua lotta per i diritti umani».
E anche questa volta, non lo farà.

  • Autore articolo
    Martina Stefanoni
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    Il 7 dicembre la Scala apre la stagione con l’opera censurata da Stalin

    Nel cinquantenario della morte di Šostakovič il Teatro alla Scala inaugura la Stagione con il suo capolavoro Una lady Macbeth del distretto di Mcensk, tratto dal racconto di Nikolaj Leskov in cui una giovane sposa con la complicità dell’amante uccide il marito e il tirannico suocero, ma viene scoperta e finisce per suicidarsi in Siberia, tradita da tutti. Dopo il debutto a San Pietroburgo, l’opera, che avrebbe dovuto essere il primo capitolo di una trilogia sulla condizione della donna in Russia, ebbe enorme successo in patria e all’estero. Stalin assistette a una rappresentazione a Mosca nel 1936; due giorni dopo apparve sulla Pravda la celebre stroncatura dal titolo “Caos invece di musica” con cui il regime metteva all’indice l’opera e il compositore. Anni dopo Šostakovič preparò una nuova versione che andò in scena a Mosca nel 1963 con il titolo Katarina Izmajlova, dopo che il sovrintendente Ghiringhelli aveva invano cercato di ottenerne la prima per la Scala. Oggi il Teatro presenta la versione del 1934 con la direzione del M° Chailly e il debutto del regista Vasily Barkhatov. Ascolta Riccardo Chailly nella presentazione dell’opera.

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