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Francia, la gestione dell’acqua al centro di un violento scontro politico e sociale

Francia Acqua Proteste ANSA

Oltre alle pensioni, c’è un altro argomento che agita particolarmente la Francia negli ultimi tempi: quello della gestione dell’acqua. Dopo un’estate caldissima, quest’anno anche la siccità invernale è stata da record e nell’80% del paese il livello delle nappe freatiche era, al primo marzo, ben al di sotto di quello necessario a superare indenni la prossima bella stagione.

A causa di una siccità prolungata, diversi comuni hanno già annunciato restrizioni e razionamenti dell’acqua in Francia e le tensioni intorno alle risorse idriche si moltiplicano su tutto il territorio. Quello che sta succedendo a Sainte-Soline, nella provincia delle Deux-Sèvres, dove è incorso da anni una battaglia accanita e sempre più violenta tra “pro” e “contro” la costruzione di immensi bacini di ritenzione che pompano acqua dalle nappe freatiche, è solo il caso più famoso.

In questo contesto il presidente Macron ha annunciato questo giovedì dalla riva di un lago delle Alte Alpi il suo “piano acqua” per la Francia. Tra le misure previste si parla di voler riciclare e riutilizzare il 10% delle acque reflue entro il 2030, di introdurre una tariffazione progressiva e responsabile dei consumi, di creare entro l’estate un dispositivo che allerti in tempo reale i cittadini sulle disponibilità delle risorse idriche per spingerli a limitare i consumi prima di dover chiudere i rubinetti, o ancora di investire 180 milioni di euro all’anno a partire dal 2024 per eliminare le perdite sulle infrastrutture idriche.

Un piano ambizioso ma che suscita diversi interrogativi. Le associazioni che si occupano della questione hanno già espresso dei dubbi sull’equità di queste proposte e fanno notare che non sembrano voler rimettere in causa un modello produttivo, agricolo e di consumo che non è compatibile sul lungo termine con la riduzione delle risorse.

Le loro obiezioni assumono un senso particolare se si pensa a quello che sta succedendo nelle Deux-Sèvres, appunto. Sabato 25 marzo degli scontri violenti tra le forze dell’ordine e le oltre 30.000 persone venute a protestare contro la realizzazione dei mega-bacini hanno provocato una cinquantina di feriti tra i gendarmi e oltre duecento tra i manifestanti. Due di loro sono in coma in condizioni gravissime e le loro famiglie hanno sporto denuncia per tentato omicidio e omissione di soccorso.

Il ministro dell’interno Darmanin ha cercato di minimizzare le violenze della polizia ma è stato smentito da diverse testimonianze e inchieste giornalistiche che hanno dimostrato come i gendarmi abbiano usato armi da guerra (granate stordenti, proiettili lbd e altre munizioni militari) e abbiano impedito ai soccorsi di raggiungere i manifestanti gravemente feriti.

Nuove manifestazioni sono previste questo giovedì per denunciare le violenze della polizia e per protestare contro la richiesta del ministro dell’interno di sciogliere per decreto il movimento Les Soulèvements de la Terre, tra gli organizzatori della manifestazione. Una dissoluzione che per la segretaria della Confederation Paysanne, anch’essa tra gli organizzatori, “non fermerà la collera dei giovani che aderiscono numerosi al movimento e che sono tra i più impazienti, i più desiderosi di opporsi a chi distrugge il loro futuro”.

Lo scorso novembre uno dei suoi colleghi del sindacato agricolo aveva detto a Radio Popolare che a Sainte-Soline è in corso una lotta contro un sistema aberrante e un modello di agricoltura intensivo, basato sull’accaparramento delle risorse idriche. E che sperava anche fosse una battaglia temporanea, che il governo si rendesse conto che bisognava rapidamente trovare un’altra strada. Il discorso di oggi di Macron, con cui ha riaffermato l’utilità di siti di stoccaggio dell’acqua per gli agricoltori come quello di Sainte-Soline, e la repressione violenta delle proteste, fanno pensare che la lotta non finirà così presto.

  • Autore articolo
    Luisa Nannipieri
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