
Si chiama Mia Moglie ed è uno spazio, pubblico, su uno dei social network più popolari al mondo, in cui gli iscritti condividono fotografie più o meno “piccanti” delle proprie mogli con il conseguente scambio di commenti grevi e battute di ogni genere. Il gruppo Facebook risulta essere stato creato nel 2019 e ha oltre 32mila iscritti.
Buona parte del materiale è composto da quelle che paiono essere immagini “rubate”, ma ci sono anche le classiche fotografie in costume da bagno scattate durate le ferie o selfie che, probabilmente, le ignare protagoniste hanno inviato al loro compagno o marito, senza immaginare che sarebbero state pubblicate sul gruppo.
I commenti dei partecipanti ricalcano il classico campionario sessista e patriarcale che ci si può aspettare da chi considera accettabile violare l’intimità della propria partner. Un mix di voyeurismo e cameratismo, che spesso sfocia in espressioni violente. “Cosa le fareste?” si legge in un post che mostra una foto di una donna seminuda. “La stuprerei io” risponde uno degli iscritti. E questo è solo un esempio dei tanti scambi all’interno del gruppo.
La vicenda è emersa attraverso segnalazioni sul web e sul gruppo sono comparse centinaia di commenti che condannano l’ennesimo episodio di oggettificazione delle donne. Le immagini e i post pubblicati sulla pagina, però, sono solo la cima dell’iceberg.
Dagli scambi all’interno dei post emerge chiaramente come gli iscritti utilizzino anche chat private per scambiare altro materiale con maggiore riservatezza. E dopo l’ondata di commenti indignati che hanno inondato la pagina, qualcuno ha già scritto di aver creato un gruppo privato dove proseguire le attività.
Uno degli aspetti surreali della vicenda è rappresentato dalle reazioni degli iscritti a Mia Moglie di fronte alle critiche e agli insulti piovuti nelle ultime ore. L’atteggiamento, mediamente, è quello di minimizzare e addirittura sfottere i critici. Forse ignorando che in Italia la diffusione di immagini intime senza consenso è un reato, punito con la reclusione da uno a sei anni e multe da 5mila a 15mila euro.
E le responsabilità di Meta? Il fatto che un gruppo del genere abbia potuto rimanere online per 6 anni su Facebook, dimostra ancora una volta tutti i limiti dei sistemi di moderazione e controllo dei contenuti sulle piattaforme social. Le ragioni sono diverse. Per quanto riguarda le immagini, su Mia Moglie non circolano fotografie pornografiche o di nudo esplicito, il che mette fuori gioco automaticamente i sistemi di rilevamento basati su intelligenza artificiale.
A ben guardare, il vero problema è il fatto che le immagini sono state pubblicate senza il consenso delle donne ritratte. Ma questo nessun algoritmo (e nessun essere umano) può stabilirlo con certezza. Anche i commenti, avulsi dal contesto in cui si collocano, rischiano in buona parte di apparire assolutamente innocui. Insomma: se ci fosse stato bisogno di un’ennesima dimostrazione del fatto che non esistono soluzioni “tecniche” per problemi che affondano le loro radici nella sfera sociale e culturale, Mia Moglie ce l’ha fornita su un piatto d’argento.