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“Ma chi sarebbero i partigiani veri?”

Per quanto Matteo Renzi sostenga che non sia una gaffe, la frase del ministro delle Riforme Maria Elena Boschi a InMezz’ora su RaiTre è quantomeno infelice: “I partigiani, quelli veri, quelli che hanno combattuto la Resistenza e non le generazioni successive, voteranno sì alla nostra riforma”. “Gli altri cosa sarebbero – si domanda il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, conterraneo e compagno di partito di Boschi – falsi partigiani?”. In un’intervista a Radio Popolare il numero uno della Toscana fa un appello alla ragione: abbassare i toni ed ascoltare le ragioni di tutti. Anche se il governo, con il voto del referendum in ottobre, si gioca il tutto per tutto.

Chi sono i partigiani veri?

I partigiani sono stati certificati dal governo in 200mila e più. Poi c’è un movimento partigiano molto più ampio che ha interessato anche chi non ha combattuto durante la guerra. E poi ci sono tutti i militari che sono stati internati perché non aderirono a Salò. Certe dichiarazioni toccano un tasto delicato, che è meglio tenere fuori da un dibattito sul referendum, che deve entrare nel merito. Credo che si debbano abbassare i toni tornare a dialogare capire dalla parte del sì, dalla parte del governo e del Pd, quali sono le ragioni del no tentando di dare delle risposte. Non lanciarsi in invettive. Se cominciamo così da qui a ottobre mi chiedo che cosa possa accadere.

La ministra dice che chi è per il non non entra nel merito mentre loro stanno spiegando i contenuti.

Bisogna entrarci tutti. C’è stata la presa di posizione di 50 costituzionalisti che si dichiarano riformisti e con i quali credo sarebbe opportuno provare a discutere fermo restando la loro posizione. È vero che ci sono due punti di quella riforma che sono convincenti. Credo che il monocameralismo, o quantomeno il tentativo di superare il bicameralismo perfetto, sia positivo. A me convince anche la visione di un Senato che rappresenti i territori, poi discutiamo come. Se i membri devono essere nominati anche a me piace meno. Preferisco se deve esserci una partecipazione popolare. Poi ci sono altri aspetti che andrebbero approfonditi meglio, per esempio sulle regioni. Quelle a statuto speciale conservano i loro privilegi e la sproporzione rispetto al ridimensionamento di quelle a statuto ordinario è molto evidente. Qualcuno ha posto il problema della tenuta degli equilibri democratici. Penso che sia vero che c’è pericolo, ma dipende da altro, dallo strapotere economico su quello politico. Tutta un’altra vicenda.

Sugli attacchi del no che cosa pensa?

Sono decenni che si prova a fare una riforma che si discute per modificare l’impianto istituzionale. Penso che per chi la propone sia un dovere di discutere e semmai soprassedere sulle invettive degli altri. La massima invettiva che si potrebbe lanciare a cui io non credo è che questo sia un arretramento della democrazia, a cui francamente non credo. Lo sforzo di rendere più efficienti è lodevole ma discutiamo nel merito ed evitiamo contrapposizioni che no fanno bene a nessuno.

L’intervista di Alessandro Braga

Enrico Rossi

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