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Elezioni negli Stati Uniti tra fake news, sabotaggi e Corte Suprema. Il punto della situazione

Elezioni USA 2020 - Donald Trump Covid

Le elezioni del 3 novembre si avvicinano e la campagna elettorale negli Stati Uniti si sta intensificando, col Presidente uscente Donald Trump sempre più intenzionato a rimanere al proprio posto, puntando sul riconteggio dei voti e su una Corte Suprema sempre più favorevole grazie alla recente nomina di Amy Coney Barrett, ma anche su un tentativo di sabotaggio del servizio postale americano per danneggiare il più possibile il voto per posta.

Oggi, a poche settimane dalle elezioni, qual è la situazione negli Stati Uniti? Ne abbiamo parlato a Prisma con Arianna Farinelli, politologa alla New York University e autrice del romanzo “Gotico Americano“. L’intervista di Alessandro Principe.

Nominando questa giudice, Amy Coney Barrett, alla Corte Costituzionale degli Stati Uniti, Trump prevede di avere un vantaggio nel caso in cui ci sia una contestazione dei risultati delle elezioni il giorno dopo il 3 novembre. Una contestazione che sembra quasi già apparire all’orizzonte, perché Trump ha detto che in caso di sconfitta, e soprattutto nel caso in cui ci siano molte schede pervenute tramite posta, lui non riconoscerà la vittoria dello sfidante Biden. Si potrebbe arrivare, quindi, ad una situazione che ci porta indietro di 20 anni, quella di Gore contro George W. Bush, quando si andò a ricontare le schede elettorali della Florida. Alla fine la Florida fu assegnata e Bush per poco più di 500 voti, ma già la Corte Suprema, che in quell’occasione era composta da cinque conservatori e quattro democratici, disse che il riconteggio stesso violava i diritti del vincitore, che era Bush. In quel caso la Corte ebbe un ruolo fondamentale. Il vantaggio è quello di avere una Corte favorevole nel caso ci sia una contestazione dei risultati elettorali, ma ci sono anche dei rischi a cui Trump va incontro.
Il primo è il rischio di alienare ancora di più il voto delle donne, con cui Trump è già in grande difficoltà: nel 2016 il 55% delle donne bianche votò per lui e invece secondo i sondaggi molte donne sono fortemente insoddisfatte per per la gestione di Trump della pandemia e non sembrerebbero orientate a votarlo, soprattutto le donne bianche che vivono nelle aree residenziali e negli Stati in bilico, che sono fondamentali per Trump. E perché queste donne potrebbero essere alienate ancora di più? Perché Amy Coney Barrett è una giudice conservatrice e fortemente antiabortista ed ha anche interpretato in una maniera estremamente conservatrice sul fronte del controllo sulle armi, l’immigrazione e le discriminazioni. Una giudice di questo tipo porterebbe ancora di più ad alienare l’elettorato femminile.

Secondo lei Trump si sta predisponendo per un post-voto nel caos?

Dalle dichiarazioni che sta facendo sembrerebbe di sì. Lui ha gettato molto discredito sul voto per posta dicendo che notoriamente il voto per posta si presta a brogli elettorali. In realtà il capo dell’FBI lo ha ampiamente smentito dicendo che nelle storia del voto per posta non ci sono mai stati brogli. Trump sta strillando ai brogli elettorali e in più ha sostituito il capo delle Poste americane con un uomo di sua fiducia che non ha esperienza nel settore delle poste, ma che è stato un suo grande contribuente per la campagna elettorale. E la prima cosa che questo signore ha fatto è stata quella di eliminare gli straordinari, rallentando ovviamente il funzionamento delle Poste. Poi c’è stata una sentenza di un giudice che ha ripristinato gli orari straordinari perché per consentire agli elettori di votare per posta è necessario che le poste siano veramente funzionanti.

Perché Trump odia il voto per posta?

Perché è un voto che favorisce i democratici. In questo Paese si vota soltanto di martedì, che è un giorno lavorativo. Ci sono delle ragioni storiche per cui si vota di martedì: la domenica il giorno del Signore e questo è un Paese fondato dai puritani, un paese estremamente religioso. Non si vota di lunedì, ma di martedì, perché questo dava modo alle persone di recarsi alle urne che, in un’America rurale, erano molto lontane dal luogo in cui si viveva.

Che tipo di campagna elettorale sta conducendo Joe Biden?

Biden ha condotto fino ad ora una campagna elettorale che mi piace chiamare “per sottrazione”: si è sottratto molto, ha lasciato molto il palcoscenico a Trump come per far diventare questa elezione una elezione quasi referendaria sull’operato di Trump. Biden punterà tutto sulla cattiva gestione della pandemia. Noi abbiamo avuto 200mila morti e, secondo le ultime ricerche dell’Università di Washington, potremmo arrivare ad un totale di 400mila per il 1° gennaio 2021. Biden punterà sul fatto che Trump ha minimizzato, ha perso tempo e sapeva che il virus era altamente letale. Però, come dice lui in una registrazione telefonica col giornalista Woodward, non voleva spaventare il pubblico. Però non ha indossato la mascherina, ha spesso fatto pressioni per riaprire questo o quello stato, puntando sull’economia che doveva riprendere. L’economia ha ripreso, ma noi come dice Fauci non siamo mai usciti dalla prima ondata. Noi siamo ancora nella prima ondata perchè non abbiamo mai raggiunto un punto in cui il virus era sotto controllo.

E su cosa punterà Trump?

Trump punterà su quello che è stato il suo slogan dalla morte di George Floyd il 25 maggio scorso: law and order, legge e ordine. Punterà a dire che il Paese nel caos, soprattutto negli Stati governati dai democratici, dirà che lui è il presidente che può ristabilire l’ordine, dirà che l’economia andava benissimo finché non è arrivata la pandemia. Punterà anche a dire “io vi ho messo una giudice conservatrice alla Corte Suprema”. Trump punta al voto degli evangelici e dei cattolici più conservatori e queste saranno le tematiche. Biden non è un candidato molto carismatico, non ha un eloquio particolarmente forbito e nei dibattiti alle primarie sembrava anche un po’ dimenticarsi quello che stava dicendo. Trump, invece, è molto bravo nei dibattiti, anche perché non si fa scrupoli a dire cose che non corrispondono ai fatti. È difficile fare un dibattito con un candidato così, ma Biden deve puntare sul fatto che la pandemia è stata gestita in modo assolutamente caotico e contraddittorio e che non stiamo andando meglio.

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    Redazione
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    Un anno di Trump (dopo i primi quattro dal 2016). Il 6 novembre 2024 il tycoon veniva rieletto alla Casa Bianca con una maggioranza risicata, poco più di 2 milioni di voti su 156 milioni di schede votate. In un anno Trump ha trasformato il declino di una superpotenza - gli Stati Uniti degli ultimi anni - in una forza aggressiva contro paesi e principi che erano stati amici dal dopoguerra ad oggi. Trump e il tramonto della relazione privilegiata americana con l’Europa; Trump e il tramonto delle garanzie democratiche dello stato di diritto. Nel primo anniversario del ritorno di Trump alla Casa Bianca è arrivata l’elezione del sindaco di New York Zohran Mamdani. Ecco un passaggio del suo discorso della vittoria: «la saggezza convenzionale direbbe che sono ben lontano dall’essere il candidato perfetto. Sono giovane, nonostante i miei sforzi per invecchiare. Sono musulmano. Sono un socialista democratico. E, cosa ancora più grave, mi rifiuto di chiedere scusa per tutto questo». Pubblica ha ospitato Ida Dominijanni, giornalista e saggista, fa parte del direttivo del Centro per la Riforma dello Stato. Ha insegnato filosofia politica e teoria femminista all’università di Roma Tre ed è stata ricercatrice alla Cornell University (NY).

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    A Belèm in Brasile lunedì si apre la Cop30 per il clima per cercare di tenere insieme la lotta al riscaldamento globale sotto i colpi del negazionismo di Trump e delle guerre; insieme alla Cop nella città amazzonica si riuniscono migliaia di rappresentanti di movimenti e organizzazioni sociali per elaborare proposte sulla crisi climatica, a partire da quelle relative all'Amazzonia e ai popoli che la abitano. Si chiama Cupola dos Povos ovvero "cupola dei Popoli", e non è la prima volta che si riunisce anzi, è una tradizione. Come ci racconta una delle leader del movimento indigeno brasiliano Sila Mesquita Apurina intervistata da Sara Milanese.

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    Gaza, l’Onu chiede cibo e tende per l’inverno, ma Israele continua a demolire edifici con raid aerei

    Gaza, l’Onu chiede cibo e tende per l’inverno, ma Israele continua a demolire edifici con raid aerei “A Gaza mancano cibo e rifugi, bisogna aprire il valico di Rafah”: è l’ennesimo appello che l’Onu rivolge a Israele. A quasi un mese dall’entrata in vigore del cessate il fuoco, nella Striscia entra ancora solo una minima parte degli aiuti previsti; le agenzie umanitarie denunciano che Israele impedisce l’ingresso anche a tende, coperte e rifugi. I palestinesi della Striscia, in gran parte sfollati, non sono in condizione di affrontare la stagione fredda che si avvicina. L’esercito però, in violazione del cessate il fuoco, continua l’opera di demolizione degli edifici: dall’alba sono in corso raid aerei sui quartieri orientali di Gaza City. A livello diplomatico intanto gli Stati Uniti, intanto, portano avanti il loro piano per Gaza presso il consiglio di sicurezza dell’Onu: nelle scorse ore la risoluzione che autorizza la Forza internazionale di stabilizzazione è stata presentata anche ai paesi arabi coinvolti nel processo di mediazione tra Hamas e Israele. Da Deir al Balah, la testimonianza di Nicolò Parrino, responsabile logistica di Emergency a Gaza, intervistato da Chawki Senouci.

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