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Prodi abbandona Renzi

Romano Prodi ripone la sua tenda nello zaino.  Non se ne va, si allontana, pronto a piantarla lontano dal Partito Democratico.

La tenda era l’immagine di chi sta pian piano ricostruendo una casa comune, se pur da collante e non da protagonista. La risposta piccata del fondatore dell’Ulivo all’analisi di Renzi della sconfitta ai ballottaggi ha fatto da detonatore alle critiche dentro al partito verso la linea scelta da Renzi.

Il segretario del Pd aveva spiegato che i tentativi di un centrosinistra allargato non hanno funzionato a livello locale, portando l’esempio di Genova, e hanno finito per produrre la vittoria di Berlusconi. Per essere ancora più chiari, Orfini aveva postato l’immagine del tavolo dell’Unione di Prodi, decine di sigle di partiti, come un esempio da non seguire. Nel pomeriggio la risposta del Professore, che è suonata come un allarme nel partito.

Il primo a prendere le distanze è stato Franceschini: per il ministro della cultura il Partito Democratico è nato per unire e non per dividersi, una posizione che non è piaciuta ai renziani, che lo vedono come un gesto di ingratitudine, un voltare le spalle ora che il leader è in difficoltà e gli dicono di stare calmo e di aspettare la discussione in Direzione.

Ma arrivano anche gli appelli di altri perché il Pd guardi a sinistra, quasi fosse l’ultima chiamata, prima della possibile sconfitta alle politiche, anche perché il progetto di Renzi in vista delle elezioni legislative manca ancora di chiarezza.

Prima Veltroni, poi Martina,  Zingaretti, Orlando, tutti chiedono a Renzi di provare a costruire un centrosinistra più largo. Cuperlo mette in discussione la leadership di Renzi , “c’è bisogno di persone che uniscono, e Renzi sa solo dividere”. Il segretario del Pd ha tentato di spegnere l’incendio, e in serata precisa che vorrebbe discutere di problemi reali e non di coalizioni artificiali.

Guerini assicura che nessuno vuole chiudere la porta a Prodi, ma la linea dei renziani è di chiusura verso Mdp e Pisapia, il cui campo progressista viene visto come soggetto alternativo a Renzi e non come alleato. Si sottolinea che nelle ultime settimane i bersaniani stanno via via allontanandosi dalla maggioranza, votando sempre più spesso contro, fino al punto – prevedono – di un voto contro la manovra economica in autunno. Un clima di sospetto, a cui dovranno dare una risposta Pisapia, atteso sabato a roma per presentare il suo nuovo Campo Progressita, e in contemporanea Renzi a Milano all’assemblea dei circoli PD.

  • Autore articolo
    Anna Bredice
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    L’esercito israeliano ha lanciato questa notte l’invasione di terra su Gaza City. Da ieri i carri armati sono entrati nel cuore della principale città della striscia, e i bombardamenti hanno colpito senza sosta strade, case, infrastrutture. Da questa mattina, i morti sono 89. Centinaia di migliaia di persone vivono ancora nella città. Migliaia di persone stanno invece cercando di fuggire, in un esodo verso un sud che non ha più spazio per ospitarli. Il servizio di Valeria Schroter.

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    1) “Gaza brucia di fronte al suo mare, testimone della sua tragedia”. L’esercito israeliano ha lanciato l’offensiva di terra sulla principale città della striscia. L’esodo in mezzo alle bombe. Quasi 90 i morti da questa mattina. (Valeria Schroter) 2) Israele come Sparta. Mentre l’ONU stabilisce che quello in corso a Gaza è genocidio, Netanyahu ammette l’isolamento internazionale e dipinge un futuro di autarchia e guerra permanente. (Anna Foa, Eric Salerno) 3) Gli Stati Uniti continuano a colpire il Venezuela. Trump punta a rovesciare il regime di Maduro con la scusa della lotta al narcotraffico. (Alfredo Somoza) 4) Cinquant’anni fa l’indipendenza della Papua Nuova Guinea. Il paese oggi è vittima della maledizione della ricchezza e rischia di finire ostaggio di un nuovo braccio di ferro tra occidente e Cina. (Chawki Senouci) 5) Spagna, l’estrema destra torna a riunirsi a Madrid. Il primo passo verso una grande alleanza di tutte le destre europee. (Giulio Maria Piantadosi) 6) Rubrica Sportiva. Julia Paternain, la maratoneta uruguayana entra nella storia vincendo la prima medaglia ai mondiali di atletica per il paese sudamericano. (Luca Parena)

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    “E’ stato bello rendersi conto che la figura di Woodie Guthrie è ancora molto viva anche fuori dagli Stati Uniti”, racconta Sarah Lee, nipote dell’icona folk americana. “Le problematiche di cui cantava lui ottant’anni fa sono ancora attuali”, riferendosi al tema dell’immigrazione e alla difficile situazione al confine con il Messico. Con la sua musica Woody Guthrie "affrontava un concetto molto basilare di umanità e speranza, ovvero il trattare le persone come persone, aiutandosi a vicenda nei momenti di difficoltà": lo stesso messaggio che ora le Guthrie Family Singers vogliono portare avanti. Ascolta l’intervista di Elisa Graci alle Guthrie Family Singers.

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Iniziamo parlando del festival Coachella 2026 di cui è appena stata annunciata la lineup e ricordando Victor Jara, cantautore cileno simbolo della canzone sociale e di protesta che scomparse oggi 52 anni fa durante la dittatura Pinochet. Proseguiamo con il mini live in studio delle Guthrie Family Singers, trio di discendenti di terza e quarta generazione dell'icona folk americana Woody Guthrie. Nell'ultima parte accenniamo al concerto di raccolta fondi per la Palestina del 18 settembre, organizzato a Firenze da Piero Pelù, e ricordiamo la stella del cinema Robert Redford appena scomparsa.

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