
La scritta bianca e rossa su sfondo nero, alle spalle di Benjamin Netanyahu dava già il tono all’incontro: “Aprite gli occhi sulle bugie di Hamas”. Il messaggio alla stampa straniera è chiaro: a Gaza non c’è la fame, gli unici a morire di stenti sono gli ostaggi israeliani, e la popolazione muore non per gli attacchi dell’IDF ma per colpa di Hamas.
L’unica opzione per Israele? Il piano approvato dal gabinetto di sicurezza due giorni fa che si articola in cinque punti. “Primo, ha detto il primo ministro, disarmare Hamas. Secondo, rilasciare tutti gli ostaggi. Terzo, smilitarizzare Gaza. Quarto, Israele eserciti un controllo di sicurezza assoluto anche istituendo una zona di sicurezza al confine con l’enclave. E quinto, insediare un’amministrazione civile pacifica e non israeliana”, assicurando che le alternative all’OLP sono già sul tavolo, anche se non precisa quali siano.
Netanyahu rifiuta di parlare di occupazione, la Striscia va liberata e smilitarizzata e l’operazione procederà a tappe serrate, perché lui, assicura, non vuole una guerra infinita. Ha anche aggiunto che gli unici a morire di fame a Gaza sono gli ostaggi, che il suo governo ha sempre lavorato per scongiurare una crisi umanitaria e che sta valutando di fare causa al New York Times per aver pubblicato in prima pagina l’immagine di un bambino affamato che soffriva di altri problemi di salute.
Se gli aiuti non vengono distribuiti, ha detto, la responsabilità è dell’ONU che non lo vuole fare e di Hamas che assalta i camion. E parlando della Germania ma rispondendo di fatto alle pressioni diplomatiche internazionali, ha assicurato: “Vinceremo la guerra con o senza il sostegno degli altri”. Insomma, si tira dritto.