Sante parole

Né con gli intellettuali militanti né con il cattivismo intersezionale

Una storia di venditori di opere di ingegno e dirigenti d'azienda padovani

Dato il clima vacanziero, mi sarebbe piaciuto scrivere un post –più attinente allo spirito di questo blog, tra l’altro– sui modi di salutarsi in montagna nelle terre di confine, nello specifico in Sudtirolo (spoiler: Grüß Gott, Servus, Griaß di), ma poi è capitata la brutta storia dell’arresto per sfruttamento di manodopera di 11 persone, tra cui due dirigenti di una grande tipografia in provincia di Padova. In rete ho letto un sacco di commenti giustamente disgustati e anche un articolo uscito su Repubblica in cui lo scrittore Maurizio Maggiani, tirando in ballo i suoi trascorsi nella sinistra extra-parlamentare, si flagella (“ho ben ragione di farmi un po’ schifo”) in quanto “come onesto lavoratore non ho mosso un dito per gli altri onesti lavoratori”.

Mi permetto di commentare non in quanto tuttologo, ma perché l’articolo è rivolto “ai miei colleghi venditori di opere di ingegno, come all’art. 53, 2° c. lett. b) DPR 917/86, testo unico Imposta diretta”, categoria che include anche i traduttori.

E, se l’espressione non apparisse politicamente sospetta o addirittura scorretta, mi verrebbe voglia di dire a Maurizio Maggiani un bello “Stai sereno”.

In primo luogo, classicamente, perché in questo Paese vige ancora la presunzione di innocenza persino per i dirigenti d’azienda padovani (chiaro esempio di cattivismo intersezionale, se mi passate la battuta), quindi aspetterei almeno i tre gradi di giudizio previsti dalla legge prima di stracciarmi le vesti.

In secondo luogo perché notoriamente muovere le dita per i lavoratori onesti è compito in primis dei datori di lavoro e dei sindacati e, nei casi peggiori, dell’autorità giudiziaria. Ai venditori di opere d’ingegno è richiesto –tautologicamente– di vendere opere d’ingegno e di versare parte dei proventi di tale vendita allo Stato sotto forma di tasse. Lo Stato provvederà a destinarne una quota parte all’autorità giudiziaria di cui sopra. Do per scontato che l’“onesto lavoratore” Maurizio Maggiani paghi le tasse fino all’ultimo centesimo, pertanto mi sento di rassicurarlo, anzi di rasserenarlo: caro Maurizio, quello che dovevi fare l’hai fatto.

Mi si dirà: ma lui è un intellettuale e in quanto tale rappresenta la coscienza critica della società. Verissimo, per carità, ma per essere coscienza critica della società è sufficiente la denunzia, possibilmente unita a qualche concreto suggerimento sul che fare. Questo farsi pubblicamente schifo mi pare attenga più alla sfera del narcisismo e (dio non voglia) dell’autopromozione, che a quella di una sacrosanta critica sociale.

Anche perché o noi pensiamo che in tutte le tipografie (e in tutte le imprese che si occupano di logistica, e in ogni altro anello della filiera del libro) la regola sia lo sfruttamento della manodopera, e allora altro che articolo su Repubblica, dobbiamo andare a fare picchetti sulla porta di ogni singola tipografia del Paese, oppure il finale dell’articolo (“val la pena di scrivere bei libri pieni di buoni pensieri e storie avvincenti e finali struggenti, se poi per farli leggere abbiamo bisogno del lavoro degli schiavi?”) non solo è cattiva retorica, ma è anche un insulto verso tutte le altre aziende del settore che, fino a prova contraria, sono aziende serie e corrette verso i loro dipendenti.

Un’ultima considerazione: chiunque lavori in editoria sa che tutta la filiera prima ancora che sullo sfruttamento si regge sull’autosfruttamento; in estrema sintesi il ragionamento è: faccio un lavoro così bello/gratificante/interessante che pazienza se sono CoCoPro da 15 anni o mi pagano 10, ma a volte anche 6 euro lordi per una cartella che impiego mediamente un’ora e mezza a tradurre. Certo, non è la stessa cosa che avere un datore di lavoro che ti picchia, ma il datore di lavoro che ti picchia è –credo– un’eccezione, l’autosfruttamento è più o meno la regola. E non perché i tipografi e gli operatori logistici e gli editori siano intrinsecamente cattivi, ma perché i lettori non sono disposti a spendere in Italia più di 19 eur per un romanzo che nel suo Paese d’origine, quindi senza neppure i costi di traduzione, ne costa 22 (ho volutamente scelto come esempio un libro spagnolo: vi assicuro che in Francia o Germania la differenza è ancora più marcata).

Quindi un po’ di ipocrisia in meno non guasterebbe, tra gli scrittori, ma anche tra i lettori.

  • Fabio Cremonesi

    Studi di storia dell'arte medievale, un passato da operaio presso uno spedizioniere, dirigente in una multinazionale delle telecomunicazioni, editore e promotore editoriale, oggi mi dedico alla traduzione a tempo pieno. Le mie lingue di lavoro sono tedesco, inglese e spagnolo (occasionalmente anche portoghese e catalano). Con Le nostre anime di notte di Kent Haruf ho vinto il premio Corriere della Sera-La Lettura per la miglior traduzione del 2017.

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    Biometano fatto bene e transizione agroecologica per ridurre le emissioni climalteranti degli allevamenti. Legambiente e una parte del mondo degli agricoltori sta affrontando questo aspetto dell’inquinamento dell’aria della Pianura Padana. Il metano è molto più impattante sull’effetto serra dell’anidride carbonica, ottantaquattro volte in più. Se ne è discusso in un convegno alla Cascina Nascosta del Parco Sempione di Milano tra esperti scientifici, esperienze agricole e industriali, in Lombardia e Veneto, di recupero del metano dagli allevamenti. Uno dei focus è l’attenzione alle emissioni fuggitive, quelle nel ciclo del recupero primo e dopo lo stoccaggio nei reattori. Nell’Abc dei Domini Collettivi la professoressa Marta Villa dell’Università di Trento affronta Heimat, il legame con i territori di vita che accumuna gli usi civici di questi luoghi, da lasciare migliori per le generazioni future. Per Le Storie Agroalimentari Paolo Ambrosoni recensisce il libro Storie di Mozzarelle di Germano Mucchetti, un testo sulla diversità delle paste filate più famose, e i territori di produzione. Descriviamo la riscoperta e valorizzazione di grani locali e tradizionali dell’Appennino romagnolo, ma anche del Parco del Ticino milanese, nonché di antichi forni, del fattore alla Cascina Caremma di Besate, di comunità nel borgo di Morimondo e dell’adiacente Abbazia cistercense. Per gli autori fuori porta, geografie e storia dei paesaggi lombardi del Teatro Franco Parenti con la Fondazione Pierlombardo, in collaborazione con la Regione Lombardia, c’è la descrizione dell’agricoltore filologo Niccolò Reverdini dell’arazzo dedicato ai lavori in campagna di giugno, disegnato dal Bramantino ed esposto al Castello Sforzesco di Milano.

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