I giorni dell'Ira

Un nuovo giorno dell’Ira: metti una sera in scena

Un mio studente, durante una lezione di analisi critica dello spettacolo, dice: “Dopo avere tanto aspettato di tornare a vedere il teatro dal vivo, mi domando se quello che ho visto abbia senso dopo il periodo che abbiamo passato.” Lo rassicuro, noi ci riabitueremo a essere onnivori e lo spettacolo fra poco ci restituirà con ricchezza l’esito di tutto quello che è successo, possibilmente senza retorica. Ma le sue parole mi tornano in mente a più riprese.

Accantonata in un precedente post la pia illusione che saremmo tornati migliori alla “normalità”, mi domando anch’io che senso abbia quello che finora ho visto della presunta ripartenza. Mi servirebbero gli ascoltatori di Radio Popolare, con le loro esperienze personali e i loro preziosi commenti, per provare capire meglio. Ma in questo momento non sono con me e quindi cerco di fare da sola. Vado per macro-temi, declinati per micro-esempi.

Economia: che senso ha una funivia che cade a causa di una incredibile azione volontaria, uccidendo 14 persone, per salvare l’incasso di una giornata? Mah…

Cultura: che senso ha che, dopo più di un anno di fermo, un Ministro annunci “una giornata storica per lo spettacolo dal vivo” presentando una serie di misure che per l’ennesima volta non rispondono nel merito e nel metodo alle esigenze del settore? Mah…

Sport: che senso ha che una squadra sull’orlo del fallimento, a fronte di un suo dipendente che se ne va un anno prima della scadenza del proprio contratto, non solo non gli commini una penale ma gli paghi anche una inimmaginabile buonuscita? Mah…

Società: che senso ha che, dopo la meraviglia per la natura che rifioriva in virtù della nostra assenza, adesso il traffico nelle città si sia moltiplicato e l’aggressività dei conducenti sia cresciuta in misura esponenziale. Mah…

Digitale: che senso ha che nei CdA delle grandi istituzioni della formazione e nei corrispondenti referenti governativi si parli della pandemia come di una “grande opportunità per una vera rivoluzione digitale” quando nelle banlieue d’Italia il digital divide taglia fuori migliaia di studenti dall’apprendimento di base? Mah…

Parità di genere: che senso ha che un maschio bianco e di mezz’età apra ogni riunione con “Buongiorno a tutte e tutti…” , quando subito dopo mette in atto i comportamenti sciovinisti, paternalisitici e prevaricatori che abbiamo sempre conosciuto? Mah…

Sanità: che senso ha che, ora che lo sciame di virologi che ha invaso le nostre case durante le fasi pandemiche più dure si è finalmente rarefatto, alcuni di loro comincino a seminare dubbi, provocando nuovo panico in una popolazione già psicologicamente sfinita? Mah…

Comunicazione: che senso ha che, nell’occasione della scomparsa di una grande artista, la conduttrice di una diretta funeraria mostri a più riprese una evidente incompetenza biografica e specifica, attribuendo alla defunta intenzioni e atteggiamenti alquanto improbabili? Mah…

 

 

 

  • Ira Rubini

    Nata in Belgio, vive a Milano. Studia insieme legge e teatro. A 20 anni inizia a scrivere per la TV e firma oltre 40 trasmissioni, come la diretta della notte degli Oscar in cui vinse Benigni. Come antidoto, scrive teatro (anche con Franca Valeri) e gira il mondo per fare documentari. Insegna teatrologia alla Paolo Grassi e coordina il corso di Sceneggiatura alla Luchino Visconti. La radio è il primo amore: esordisce a Radio Popolare a 14 anni, poi ci torna a condurre il quotidiano culturale. Lavora a RadioRAI e alla Radio Svizzera Italiana. A volte, le piace tornare in scena con l'ensemble Ottavo Richter.

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    Giocare col fuoco: storie, canzoni, poesie di e con Fabrizio Coppola Un contenitore di musica e letteratura senza alcuna preclusione di genere, né musicale né letterario. Ci muoveremo seguendo i percorsi segreti che legano le opere l’una all’altra, come a unire una serie di puntini immaginari su una mappa del tesoro. Memoir e saggi, fiction e non fiction, poesia (moltissima poesia), musica classica, folk, pop e r’n’r, mescolati insieme per provare a rimettere a fuoco la centralità dell’esperienza umana e del racconto che siamo in grado di farne.

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