Sono tante le cose che inducono a pensare che l’Italia stia conducendo un esperimento di regressione culturale.
Su tutte, la tragica combo: da un lato, i femminicidi continuano a riempire della loro livida sarabanda le prime pagine di tutti i giornali; dall’altro, la Commissione Cultura approva un emendamento che limiterebbe, se diventasse legge, l’educazione sessuale alle sole Scuole superiori, e solo con il consenso scritto dei genitori (come se spiegare il rispetto fosse atto sovversivo). Il delirio prosegue con i genitori che dovranno approvare nel dettaglio il programma di studi e il materiale didattico della disciplina: che non è tanto che “…Cari genitori, inizieremo nella prima lezione a parlare di una cicogna, e nella seconda di un cavolo…”; è che se poi i genitori non raggiungessero un’intesa? E se in una classe ci si accorda per un certo percorso, e in un’altra per uno diverso?
Nel frattempo, a scuola, proviamo a fare ciò che si può.
In questi giorni nella mia classe di una Secondaria di I° Grado leggiamo l’ “Orlando Furioso”. Per chi non ricordasse la vicenda, Orlando ama Angelica, o almeno così crede; e quindi la insegue, la idealizza, la vuole. Ma Angelica non è che gli ha mai promesso nulla: infatti lei incontra, o meglio soccorre, Medoro, che è stato ferito in guerra; e mentre lo cura, si innamora di lui, ricambiata, d’una ferita d’amore “ben maggiore di quella che ha ferito Medoro in guerra”. Orlando poi giunge proprio nei luoghi in cui i due hanno vissuto la loro passione, scoprendone le inequivocabili tracce sugli alberi e sui muri della spelonca, loro alcova:
(dal Canto XXII):
“Tre volte e quattro e sei lesse lo scritto
quello infelice, e pur cercando invano
che non vi fosse quel che v’era scritto;
e sempre lo vedea più chiaro e piano:
ed ogni volta in mezzo il petto afflitto
stringersi il cor sentia con fredda mano.
Rimase al fin con gli occhi e con la mente
fissi nel sasso, al sasso indifferente”
Realizzando quello che è per lui un “tradimento”, prima per Orlando arriva la depressione, poi la follia distruttrice. Non per dolore, ma per possesso: la sua non è la follia di chi ama, ma di chi non sopporta la libertà dell’altra persona:
“Tagliò lo scritto e ‘l sasso, e sin al cielo
a volo alzar fe’ le minute schegge.
Infelice quell’antro, ed ogni stelo
in cui Medoro e Angelica si legge!
…che rami e ceppi e tronchi e sassi e zolle
non cessò di gittar ne le bell’onde,
fin che da sommo ad imo sì turbolle
che non furo mai più chiare né monde”
A quel punto, un alunno mi ha chiesto: “Prof, ma se Orlando avesse sorpreso lì Angelica, lì, con Medoro? O se avesse incontrato Angelica, anche da sola… cosa avrebbe fatto?”.
“In tanta rabbia, in tanto furor venne,
che rimase offuscato in ogni senso.
Di tor la spada in man non gli sovenne;
che fatte avria mirabil cose, penso.
e svelse dopo il primo altri parecchi,
come fosser finocchi, ebuli o aneti;
e fe’ il simil di querce e d’olmi vecchi,
di faggi e d’orni e d’illici e d’abeti”
Non ne ho, di risposte, ma la domanda aveva centrato il punto: quella violenza spesso è già scritta nella testa prima che nel gesto. E Ariosto ce l’aveva descritta benissimo già cinquecento anni fa; noi, nel 2025, siamo ancora qui a chiedere che ci sia consentito di spiegare che la libertà dell’altro non è una minaccia.
Chiaramente, non scrivo certo questo perché vorrei si eliminasse anche Ariosto dalle letture in classe, o che si epurassero i classici come in certe (più presunte che vere) esagerazioni in nome del fantomatico moralismo “woke”, o dei tragici fraintendimenti dello spauracchio “cancel culture”. Al contrario, lo dico perché è un buon motivo per leggerli di più e meglio, contestualizzandoli e discutendoli ancor più approfonditamente (proponendo magari, per esempio, un percorso didattico in parallelo con il combattimento di Tancredi e Clorinda da “La Gerualemme liberata” di Tasso, con Tancredi che, ignaro di chi si celi dietro l’armatura, uccide la sua amata). Perché se qualcuno pensa di togliere l’educazione affettiva e sessuale dalle scuole… be’, dobbiamo e possiamo provare a parlarne comunque, proprio attraverso le righe della letteratura. Si dirà: ma per far questo efficacemente servirebbe ANCHE soprattutto una puntuale formazione degli insegnanti. Vero, solo che, in maniera sistematica, questa non è partita neanche prima della suddetta “stretta” legislativa, cioè adesso. In sostanza, ora che la facciamo, ancora, alla Secondaria di I° Grado, comunque questa formazione seria e organica per noi docenti non c’è.
E allora, a maggior ragione, continueremo a parlarne attraverso i testi, le parole, e la letteratura, che da secoli racconta l’amore, la rabbia, la gelosia e il rispetto meglio di qualsiasi manuale ministeriale. Perché leggere bene è già una forma di educazione sentimentale.
Chissà che, un giorno, smetteremo di vedere la follia di Orlando ogni volta che apriamo un giornale.





