L'Ambrosiano

Morte di Elisabetta, Europa in cerca di simboli (aiutata dai migranti)

Ho contestato la Brexit, l’ho ritenuta errore politico e culturale, frutto di una visione egoriferita ed egoista, un vulnus a ciò che l’Europa avrebbe potuto essere sconfitti nazifascismo e comunismo. Alla luce di come la Gran Bretagna ha vissuto il lutto per Elisabetta capisco la Brexit. Mi è chiaro che il separatismo avrebbe potuto esser contenuto se la lite Londra Bruxelles non fosse stata ridotta da tutti alla contesa d’un idolo: il mercato. I funerali della regina han mostrato al mondo che oltre Manica c’è una cultura simbolica. I simboli tengono insieme gli opposti. Son potenti in quanto consentono il governo dei conflitti tra poli avversi. Una delle fragilità dell’Europa è non disporre di simboli. Ognuno dei 27 ne ha uno per sé ma non ce n’è uno di cui si possa dire: in nome di esso mi sento europeo. Unico candidato per ora è il grattacielo della Banca Centrale a Francoforte. Ma una cassaforte e una tipografia di carta moneta han potere attrattivo quando c’è chi li nobilita con «We have to do whatever it takes»; bastano alternanza ai vertici, guerra, crisi energetica e il presunto simbolo degrada a segno: non tiene uniti gli opposti (bisogni e sviluppo sostenibile) e si riduce a gestione monetaria anti inflazione: chi ha i mezzi si mette al riparo (guadagna addirittura di più) e gli altri, i deboli, si arrangino. L’aggressione di Putin all’Ucraina avrebbe potuto rappresentare forte spunto per riattizzare le braci dei Padri fondatori (Altiero Spinelli, idealmente; De Gasperi, Schumann, Adenauer ai primi governi): ma soltanto le armi (e non del tutto: volubilità di Conte e “pupazzi prezzolati” docent) hanno coeso gli Stati europei. Bombe e cannoni però sono ordigni, non simboli; riarmo se non impiegati come intervento straordinario sotto la bandiera non lassa o retorica di Resistenza e Liberazione in nome di pace, giustizia, fratellanza tra popoli, diritti civili, religiosi, di minoranze, fragili, discriminati. Forse dovremmo chiedere ai migranti che rischiano la vita in mare o nei Balcani cos’è l’Europa. Magari nei sogni e nelle speranze loro riusciamo a riscattarci noi, a ritrovare simboli per questa Europa incerottata, in tv anch’essa orfana di Elisabetta, col fiato sospeso per il voto del 25.

  • Marco Garzonio

    Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.

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