L'Ambrosiano

Come se

«La storia non si fa con i se, ma i film sì», dice Moretti per introdurre il finale de Il sol dell’avvenire.  A sorpresa, infatti, il film chiude con l’Unità che annuncia il distacco del Pci da Mosca per l’invasione dei carrarmati sovietici a Budapest; mentre si sa che nel 1956 Togliatti si schierò con l’Urss e condannò la rivoluzione ungherese. Il “come se” è esercizio di libertà e creatività non solo per poeti, è coscienza civile. Per cominciare a rendere pensabile il cambiamento si immagini l’Italia “come se” la destra non fosse al governo.

Nel contempo, test di realtà, teniamo nel dovuto conto chi siede a Palazzo Chigi, esprimiamo critiche, formuliamo alternative; è forma mentis il “come se”: si respira meglio. È importante rompere le simmetrie, smarcarsi dai botta e risposta, ipotizzare soluzioni. Meloni, La Russa, Salvini con bulimia social son bravi a dettar l’agenda, costringere avversari, opinione pubblica, media a inseguirne le uscite: strategia comunicativa che distrae e cannibalizza dibattiti, pensieri, scelte. Esempio, la lettera al Corriere della premier: perché i lettori passassero il 25 aprile a cercar la parola che lei non voleva dire «sono antifascista» e si consolassero col non abbiamo «nostalgia del fascismo». Ci mancherebbe anche questa! “Come se” è arte politica: le riforme (il “come se” delle utopie) son figlie della capacità di immaginare un mondo diverso e gestire la transizione. È arte terapeutica pure: allena a prender le distanze, attiva la coscienza di sé e del mondo, stimola inventiva. Attualizziamo la boutade di Ionesco: «Dio è morto, Marx pure, e anch’io non mi sento molto bene». Siamo un Paese con problemi se plaudiamo a Mattarella, poi votiamo Meloni; accettiamo La Russa che alla libertà plaude (perché l’antifascismo vinse ma lui si tien stretto il busto del duce) non alla Liberazione (dai nazifascisti); piangiamo migliaia di morti da Covid, poi confermiamo la destra lombarda che gestì in modo disastroso il virus. “Come se” ci fosse un’altra Italia. Che esiste se Mattarella a Cuneo ha scandito «ora e sempre Resistenza»; e «se avversari della libertà dovessero riaffacciarsi su queste strade troverebbero patrioti». Veri anche stavolta, non solo “come se”!

  • Marco Garzonio

    Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.

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    Da questa mattina più di 40 persone sono state uccise dai raid israeliani nella striscia di Gaza, la stragrande maggioranza nel nord. I morti del 7 ottobre sono ormai quasi 43mila, e secondo il ministro della salute palestinese i feriti sono più di 100mila, e considerando la situazione degli ospedali nella striscia la possibilità che anche solo una piccola percentuale di questi riceva le cure di cui necessita si riduce ogni giorno di più. Le ferite, fisiche e psicologiche, cambieranno la popolazione della striscia di Gaza per sempre, ben oltre il purtroppo ancora lontano cessate il fuoco. In più, un rapporto pubblicato oggi dal Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo stima che la povertà nello Stato di Palestina salirà al 74,3% nel 2024, colpendo 4,1 milioni di persone, di cui 2,61 milioni di nuovi poveri. Secondo questo rapporto, in un anno di bombardamenti lo sviluppo socio economico della striscia di Gaza è stato ritardato di 69 anni. Il report suggerisce anche che un piano completo di ripresa e ricostruzione, che unisca gli aiuti umanitari con investimenti strategici nella ripresa e nella ricostruzione, insieme alla rimozione delle restrizioni economiche e alla promozione di condizioni che favoriscano la ripresa, potrebbe aiutare a mettere l'economia palestinese su un percorso di ripristino per riallinearsi ai piani di sviluppo palestinesi entro il 2034. Ma questo scenario può realizzarsi solo se gli sforzi di ripresa non saranno limitati. Il punto, però, è che c’è una buona parte della società – e soprattutto della politica – israeliana che ha altri piani per la striscia di Gaza. Lo si è visto limpidamente con la conferenza organizzata ieri vicino al confine della striscia intitolata “prepariamoci al reinsediamento di Gaza”. Abbiamo chiesto a Eric Salerno, giornalista e scrittore esperto della regione, chi sono le persone che partecipano e organizzano queste iniziative.

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