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Banksy è tornato a Parigi

Banksy è tornato a Parigi

Il primo è comparso mercoledì scorso, giornata mondiale dei rifugiati, vicino a Porte de la Chapelle, periferia nord di Parigi dove era stato aperto un centro d’accoglienza provvisorio, oggi chiuso. Una ragazzina di colore si gira verso il pubblico mentre con una bomboletta spray ricopre di disegni rosa una svastica nera. Il pochoir faceva bella mostra di se su un muro a cui si appoggiano diversi migranti che sono rimasti nel quartiere anche dopo la chiusura del centro d’accoglienza e che fanno la fila per un pasto o una doccia. Non c’è la firma ma gli esperti di street art ne sono sicuri: Banksy è tornato a Parigi. E lo ha fatto con una serie di opere che denunciano la politica della Francia (e dell’Europa) verso i migranti.

Non lontano da Porte de la Chapelle, vicino alla rotonda di Stalingrado, che è un altro punto nevralgico dei flussi migratori in città, è apparso un Napoleone a cavallo che ricorda il famoso quadro “Napoleone che attraversa le Alpi” di Jacques-Louis David. Nella versione dell’artista britannico, però, il mantello rosso dell’imperatore lo avvolge completamente, accecandolo e richiamando l’immagine di una donna velata.

La ripresa di un quadro famoso ricorda un’altra opera di Banksy che era apparsa nella giungla di Calais nel 2015 e che citava “La zattera della medusa” di Géricault, rivisitata in chiave contemporanea con i migranti al posto dei naufraghi e un traghetto di quelli che collegano Francia e Inghilterra sullo sfondo.

Negli ultimi giorni sono stati scoperti ben 6 disegni sparsi nei vari quartieri parigini. Siccome Banksy non fornisce mai la lista dei suoi interventi, in realtà potrebbero essercene di più e gli appassionati fanno a gara per trovarli tutti. Dietro al Centre Pompidou, nel 18esimo arrondissement e dall’altro lato della Senna, nel quartiere latino, sono apparsi i famosi ratti. Questi animali, che come i graffitari “sono detestati, cacciati e perseguitati” ma “esistono senza permesso”, sono un po’ il simbolo, se non la firma di Banksy, che li rappresenta nelle situazioni più insolite e disparate.

In questo caso ne troviamo uno che vola a cavallo di un tappo esploso da una bottiglia di champagne, uno mascherato e pronto ad azionare un detonatore, e un altro sotto alla cifra 8 che si è staccata dalla scritta Mai 196… Di fianco alla Sorbona, un uomo in giacca e cravatta offre un osso a un cane con tre zampe, ma dietro la schiena nasconde una sega. Un’immagine crudele che sembra interrogarci: cosa siamo pronti a perdere quando abbiamo fame?

L’incursione di Banksy a Parigi è stata rapida e non è detto che le sue opere durino a lungo : il graffito emblematico di Porte de la Chapelle è già stato ricoperto con della pittura blu, non si sa se per sfregio o per ignoranza. Oppure per rispetto dei migranti, che non solo spesso non conoscono l’artista e non ne capiscono il messaggio, ma che subiscono anche il via vai di una moltitudine di curiosi e di giornalisti venuti a scattare foto al muro d’artista. Spesso non particolarmente sensibili alla situazione o alla privacy delle persone che sotto a quel muro sono costrette a vivere.

  • Autore articolo
    Luisa Nannipieri
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    Dopo l'aggressione a tre attivisti italiani in un villaggio vicino a Gerico, abbiamo intervistato Elena Castellani, attivista di Assopace Palestina, una delle organizzazioni di sostegno della missione in interposizione non violenta nei territori occupati, che ci spiega qual è il lavoro dei volontari e il contesto nel quale si trovano. “Gli attivisti internazionali di interposizione non violenta – spiega Elena Castellani - aiutano i palestinesi in vari modi, come la sorveglianza notturna o diurna, l'accompagnamento dei bambini, dei pastori, per cercare di evitare le aggressioni dei coloni, che sono praticamente quotidiane: i palestinesi vengono feriti, malmenati, a volte anche uccisi e quando va meno peggio, i coloni distruggono le proprietà, le case, ammazzano gli animali. I coloni vengono fiancheggiati dai militari israeliani che, invece, di proteggere gli aggrediti difendono i coloni, cioè gli aggressori”. L'intervista di Alessandro Principe.

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    a cura di Davide Facchini. Per le playlist: https://www.facebook.com/groups/406723886036915

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