Un’accelerazione improvvisa, forse più di facciata che reale, sulla madre di tutte le riforme, come ama chiamarla la Presidente del Consiglio, quella sul premierato, e il cambio della legge elettorale per blindare la sua leadership. Giorgia Meloni, dopo la batosta alle elezioni regionali, va al contrattacco. Se per la prima questione, la riforma del premierato, al di là delle dichiarazioni di circostanza difficilmente si riuscirà a concludere l’iter prima della fine della legislatura, è sulla riforma elettorale che Fratelli d’Italia punta per rinsaldare la propria leadership.
Il presidente del Senato, Ignazio La Russa, prova a giustificare la scelta con motivazioni pseudo-istituzionali: “C’è il rischio di un pareggio, con una situazione di stallo che comporta un danno per i cittadini che non vedrebbero un governo deciso da loro ma un governo tecnico”. Palese, in realtà, il vero obiettivo: blindare il potere conquistato, modificando le regole del gioco, che al momento non potrebbero garantire la vittoria, e piegarle ai propri voleri.
Il modello è quello delle leggi per le elezioni regionali: un proporzionale con premio di maggioranza, in particolare per il partito più forte della coalizione. Per arrivare al traguardo, servirà non solo opporsi alle contrarietà delle opposizioni, che numeri alla mano sono facilmente superabili, ma convincere gli alleati ad accettare le volontà della presidente del consiglio. Forza Italia già solleva perplessità sulla possibilità di inserire il nome del premier sulla scheda, ritenuta incompatibile con la Costituzione. Ancor più scettica la Lega, che nei collegi uninominali ha un suo punto di forza, grazie al forte radicamento territoriale, come dimostrato anche dal voto in Veneto.


