Quando il camioncino di Non Una di Meno è partito da piazzale Oberdan, verso le 19, imboccando corso Venezia, si è fermato poco dopo. Uno alla volta, sono stati letti i nomi delle vittime di femminicidio del 2025. Tra queste, anche Pamela Genini e Luciana Ronchi, le due donne uccise a Milano nel mese di ottobre da due uomini che non accettavano di essere stati lasciati. “Siamo stanche di essere uccise due volte, da chi ci ammazza e da chi ci racconta”, hanno gridato le attiviste, facendo riferimento a tutti quegli articoli di giornale che ancora fanno fatica a scrivere di violenza di genere, usando i termini corretti e accostando le foto delle vittime sorridenti con quelle dei loro carnefici.
Il corteo del 25 novembre organizzato da Non Una Di Meno è iniziato così, imboccando viale Majno, diretto verso Porta Romana. In testa al fiume di persone, soprattutto giovani e giovanissime, scese in piazza questa sera in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, c’è un cartellone che recita “Sabotiamo guerre e Patriarcato”, perché dice un altro striscione, “L’emancipazione non si esporta con le bombe ma nasce nelle lotte di liberazione”.
Ci sono molte bandiere della Palestina questa sera: le attiviste chiedono anche la fine del genocidio e si schierano contro il riarmo. E chiedono più fondi, lper centri antiviolenza, case rifugio ed educazione sessuo-affettiva nelle scuole. Lo chiedono in una Milano in cui, secondo i dati della procura pubblicati alla vigilia di questa giornata, le denunce per il reato di maltrattamenti in famiglia a Milano sono aumentate di oltre il 30% nel giro di tre anni. Un fenomeno in crescita che non sembra voler cessare.


