La COP30 in Brasile era partita con due obiettivi: triplicare i fondi per i paesi in via di sviluppo colpiti dagli effetti del riscaldamento globale e sottoscrivere un percorso per l’uscita dalla dipendenza e dall’uso dei carburanti fossili. Se vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno, un risultato su due è stato portato a casa. Ma chi avrebbe potuto fare pressioni per ottenere di più non l’ha fatto: gli USA assenti hanno boicottato, ma anche Cina e India non hanno avuto quel ruolo di leadership che hanno rivendicato altre volte, mentre l’Europa divisa in partenza tra Paesi disinteressati e l’obiettivo dell’eliminazione dei carburanti fossili al 2040, alla fine ha battuto un colpo. Molto attivi, invece, i “petroStati” soprattutto quelli arabi nel frenare qualsiasi avanzamento.
L’analisi di Sara Milanese, per cui “si è salvato il processo multilaterale e la faccia del Brasile anche se è un accordo vuoto nei commenti degli esperti e il mutirao ovvero la spinta per il bene comune invocata dai movimenti indigeni e dai forum sociali non ha convinto molti Stati”.
Positivo, invece il triplicamento almeno sulla carta dei fondi per la mitigazione per i paesi in via di sviluppo, come ricorda Eleonora Cogo, responsabile del team Finanza in ECCO, il Think Tank sul cambiamento climatico, che analizza il percorso dei diversi Paesi: “La prossima COP sarà in Turchia a presidenza congiunta turco-australiana. E tra i Paesi più motivati dobbiamo segnalare la Colombia che ha tenuto il punto sulla riduzione dei combustibili fossili e hanno promosso una conferenza specifica nei prossimi mesi. Nonostante qualche tentennamento iniziale anche l’Unione europea si è battuta per una maggiore ambizione degli accordi”.
Le interviste sono a cura di Cinzia Poli e Claudio Jampaglia.


