 
                    “I veri mostri sono umani” è un credo che Ryan Murphy ripete costantemente fin da American Horror Story: abbiamo già parlato diverse volte di questo sceneggiatore e produttore iper prolifico, che da qualche anno ha firmato un accordo multimilionario con Netflix, ma continua anche a realizzare serie per FX e ABC (da noi le vediamo su Disney+), arrivando alle cifre record di sette-otto titoli l’anno, tra novità e ritorni. Diventato celebre con Nip/Tuck, serie sulla chirurgia estetica, anche se in curriculum ha tanti show che mescolano commedia e mélo, nei suoi lavori c’è sempre un sottotesto orrorifico, visto che una delle sue ossessioni è l’anima marcia del Sogno americano, fissata con il successo a ogni costo. Ma nella sua ricchissima “seriegrafia” ci sono anche tanti show horror-thriller veri e propri, a partire dal già citato American Horror Story fino a Grotesquerie, e uno dei suoi successi recenti più controversi è Monster, serie antologica per Netflix che a ogni stagione indaga le storie vere di famosi killer statunitensi.
Aveva cominciato due anni fa con Jeffrey Dahmer, conosciuto come il “Cannibale di Milwaukee”; ha proseguito l’anno scorso con la storia di Erik e Lyle Menendez, fratelli rampolli di una ricca famiglia di Los Angeles che uccisero i genitori e furono poi al centro di un processo molto mediatizzato (e la serie di Murphy ha fatto discutere al punto che si è riaperto il caso); quest’anno si mette alla prova con la storia di Ed Gein, quello che secondo molti è il primo serial killer identificato come tale, un mostro entrato nella cultura pop: sono ispirati alla sua vicenda almeno tre capolavori della storia del cinema da brivido, Psyco di Alfred Hitchcock, Non aprite quella porta di Tobe Hooper e Il silenzio degli innocenti di Jonathan Demme. Questa stagione di Monster è stata molto criticata negli Stati Uniti, soprattutto per il percepito sensazionalismo dei terrificanti delitti di Ed Gein (e chi ha visto i film sopracitati conosce i dettagli); ma il punto di Murphy, ancora una volta, è indicare nell’ipocrisia sessuofobica e repressiva della società americana la matrice di una violenza pervasiva, un sistema che identifica come mostro chiunque non sappia integrarsi, e nello stesso tempo fa spettacolo di quella mostruosità.
Sempre su Netflix, oltre a Monster, è arrivato anche Il Mostro, e qui invece la questione è tutta italiana: si parla infatti del “mostro di Firenze”, uno dei casi di cronaca nera più complessi della nostra storia, sicuramente uno di quelli che più ha catturato l’attenzione dell’opinione pubblica, tra paranoia e ossessioni mediatiche. La serie Il Mostro, presentata lo scorso settembre alla Mostra di Venezia e disponibile su Netflix dal 22 ottobre, è diretta da Stefano Sollima, autore che ha rivoluzionato la serialità italiana con Romanzo criminale e Gomorra, che qui si concentra soprattutto sull’investigazione e sulle reazioni della società ai delitti.
Se per Halloween cercate un horror puro, potete forse rivolgervi a IT: Welcome to Derry, una delle nuove serie più attese dell’anno, produzione HBO che da noi debutta su Sky e NOW il 27 ottobre: si tratta di un prequel della storia di IT, uno dei più grandi successi letterari di Stephen King, di cui molti spettatori ricordano sicuramente l’adattamento a miniserie del 1990 con Tim Curry nei panni del temibile clown Pennywise. Qualche anno fa il regista Andy Muschietti aveva trasposto IT per il cinema, in due capitoli, e ora ritorna nell’inquietante città di Derry, nel Maine, per immaginare un prequel ambientato negli anni 60, con protagonista una famiglia afroamericana che si trasferisce nella cittadina solo apparentemente tranquilla. Pennywise è qui interpretato da Bill Skarsgard, che già lo incarnava nei film, e compaiono tanti riferimenti anche ad altri lavori di Stephen King, che sicuramente non sfuggiranno agli appassionati. Qui c’è un Male ancestrale che si risveglia ogni 27 anni, certo, ma vale anche il solito adagio: “I veri mostri sono umani”.




 
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