
Dalle “popolari” di Ponte Lambro, profonda periferia sud-est di Milano, alla medaglia di bronzo ai Mondiali di atletica di Tokyo. Il percorso di Iliass Aouani, 30 anni, nato in Marocco e cresciuto in Italia, è un esempio di grande tenacia. Erano più di vent’anni che un atleta italiano non raggiungeva un risultato così prestigioso nella maratona maschile. E pensare che poco più di dodici mesi fa, ai Giochi olimpici di Parigi 2024, Aouani non era nemmeno stato convocato.
La sua storia però era partita da molto più lontano, dal campo di atletica del “Parco Mattei” di San Donato milanese. Qui, Claudio Valisa è stato l’allenatore che per primo gli ha insegnato a correre. E a non fermarsi più.
Claudio Valisa, è riuscito a seguire la maratona di Tokyo in televisione? Che emozioni le ha dato?
Sì, l’ho seguita in diretta e certamente è stata una grande emozione. Anche se ero tranquillo: sapevo che Iliass era molto in forma. Ero certo che avrebbe fatto una bellissima gara.
La maratona è stata di notte per noi in Italia, tra il 14 e il 15 settembre: quando è stato chiaro che si sarebbe giocato una medaglia che cos’ha pensato?
Pensavo che vincesse. Ho detto: “Sta aspettando il momento giusto”, però chiaramente non conoscevo le sue condizioni fisiche. Purtroppo nella maratona gli ultimi chilometri sono sempre un’incognita.
Non l’ho sentito ancora perché non è ancora tornato, però immagino che non abbia risposto all’ultimo attacco degli avversari per paura di combinare una frittata. Ha visto che la medaglia era sicura.
Ci racconta qualcosa di come vi siete conosciuti?
È arrivato al parco ex Snam, adesso “Parco Mattei” di San Donato milanese, dove c’è la pista di atletica. Sicuramente gliel’aveva suggerito un insegnante che l’ha visto durante qualche gara scolastica.
Io avevo già un gruppo di ragazzini, l’ho invitato a inserirsi in questo gruppo. Ha iniziato dignitosamente senza fare risultati eccezionali, però in allenamento si vedeva che aveva delle doti spiccate. Ho avuto la fortuna di allenare Di Napoli (Gennaro, a lungo primatista italiano dei 1500 metri, ndr) quindi avevo un termine di paragone.
Per quanto tempo ha allenato Aouani?
Per sei anni, prima che lui partisse per gli Stati Uniti. Finite le scuole superiori ha fatto ancora un anno qua, ma in quel momento non aveva risultati sufficienti per essere inserito nei gruppi militari e quindi per fare atletica a un certo livello.
Ha avuto questa borsa di studio per andare negli Stati Uniti e ha deciso di provare quest’avventura.
Nelle interviste dopo la maratona di Tokyo, Iliass Aouani ha detto: “Questa medaglia di bronzo arriva dalle popolari di Ponte Lambro”. Aveva colto qualcosa all’epoca delle sue radici?
Questo non è mai stato importante nel nostro mondo. È stato importante per lui: ragazzi come lui, che hanno che hanno queste origini, hanno più fame. Hanno più voglia di fare sacrifici. Però con noi, nel nostro gruppo, non è mai prevalso questo aspetto.
Diceva però che si è capito molto presto che avesse talento. Come si intuisce il talento di un atleta?
In tanti particolari. Ci sono tanti segnali che durante il percorso un allenatore percepisce in un atleta: i tempi di recupero, come sopporta la fatica, la postura nella corsa, come si comporta in gara.
Potevo pensare a qualcosa di importante per lui, però questo non significa che io sapessi che poteva arrivare ai Mondiali di maratona. In quel momento era troppo giovane. Noi ragioniamo “step by step”, passo dopo passo.
Iliass Aouani ha anche detto che questo risultato “non placherà la sua fame”. È questo uno dei suoi segreti?
Assolutamente sì, la sua forza è la determinazione. Il fatto di essere stato escluso dalle Olimpiadi l’anno scorso l’ha caricato a molla. Il suo sogno ora saranno le Olimpiadi di Los Angeles. Avrà pressioni maggiori magari, però io sono convinto che è pronto a caricarsele sulle spalle. È culturalmente molto preparato, deve solo sperare nella “dea bendata” ed evitare infortuni.
Ha tutte le possibilità per fare bene anche nel prossimo futuro, sperando di riuscire a migliorarsi perché poi arrivano atleti da tutto il mondo. Non è facile. Però lui sicuramente c’è.