
Prima la telefonata al viceconsole italiano coinvolto negli spari a Jenin, poi la convocazione immediata, chiesta da Giorgia Meloni al ministro degli Esteri Tajani dell’ambasciatore israeliano a Roma. Dopo gli spari contro la delegazione di diplomatici avvenuta vicino al campo profughi di Jenin, il governo italiano si è attivato per protestare formalmente, ma il comportamento di Palazzo Chigi sembra doppio in questo momento, se non ambiguo.
Nella mozione, poi approvata a maggioranza alla Camera dei deputati questa mattina, mancavano i due punti essenziali in questo momento perché l’Italia dimostri di fare la sua parte come stanno facendo altri paesi europei, non c’era la richiesta di sanzioni ad Israele e non c’era nemmeno l’impegno a dare attuazione al mandato di cattura chiesto dalla Corte penale internazionale per Netanyahu.
Solo ieri l’Italia si è opposta alla proposta di interrompere gli accordi di associazione tra Unione europea e Israele, per non parlare della vendita e acquisto di armi da Tel Aviv. Sono queste le scelte concrete che le opposizioni, ma anche le associazioni che oggi protestavano davanti a Montecitorio, chiedono al governo italiano e a Giorgia Meloni in particolare, la quale avrà anche chiesto a Tajani di convocare immediatamente l’ambasciatore israeliano, ma solo pochi giorni fa in Parlamento ha mancato di condannare completamente quello che sta facendo l’esercito israeliano, e cioè il massacro della popolazione palestinese.
Questa mattina c’è stata la discussione delle mozioni su Gaza, un dibattito che è iniziato con l’elenco lungo e triste letto da Angelo Bonelli dei nomi di tante vittime, soprattutto bambini, uccisi a Gaza. Gli interventi si sono concentrati sul silenzio dell’Italia, un silenzio che è complicità, ha detto Elly Schlein, mentre Nicola Fratoianni ha protestato per le mancate scelte italiane in Europa su Israele, “un’infamia sull’Italia”, ha detto, mentre alcuni deputati sventolavano la bandiera palestinese.