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L’onda nera sovranista atterra a Gallarate. E la Lega prova a cavalcarla

Cinema comunale di Gallarate

È un’onda nera quella che è atterrata a Gallarate, in provincia di Varese, a due passi dall’aeroporto internazionale di Malpensa. Se quantitativamente è stata meno rilevante del previsto (non erano pochi i posti vuoti nel teatro che ha visto la messa in scena sovranista, le presenze sicuramente qualcosa in meno dei 400 posti annunciati trionfalmente dagli organizzatori) qualitativamente è stata rilevante. Sul palco si è visto l’embrione di una classe dirigente futura, a livello mondiale: giovane, dialetticamente capace, connotata da una base ideologica fortemente cementata attorno a quella che, da qui in avanti, sarà la parola chiave di quel mondo: remigrazione. Che, più prosaicamente, si può tradurre in deportazione di massa. C’è da dire che nessuno dei protagonisti del summit ha nascosto l’obiettivo vero che hanno in mente, fino all’ovazione finale sulle parole di Afonso Gonçalves, fondatore del movimento Reconquista: “Il nostro non è un semplice convegno – ha detto – ma una visione. Noi abbiamo un sogno: si chiama remigrazione, per un’ Europa che tra dieci anni sarà solo degli europei, senza immigrati”. Una piattaforma politica chiara, e di destra che più di destra non si può. Su cui, a livello italiano, si è già buttato a capofitto Matteo Salvini. Ringraziata per il sostegno all’iniziativa, la Lega è sempre più profondamente dentro quell’onda nera mondiale. Lo hanno dimostrato i videomessaggi dei due neo vicesegretari del Carroccio, Vannacci e Sardone, accolti con applausi dalla platea. Lo ha dimostrato la presenza fisica in quel di Gallarate del capogruppo in consiglio regionale lombardo Alessandro Corbetta. Ancora, lo hanno dimostrato le parole del ministro dell’interno Matteo Piantedosi, per cui le parole sentite su quel palco non sono altro che “legittimi contributi”. La remigrazione, parole loro, deve diventare realtà. Speriamo di no.

  • Autore articolo
    Alessandro Braga
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    Troppo caldo, lavoratori in sciopero. 36 gradi nel capannone dove si producono componenti per i condizionatori. Il paradosso è che, in quella ditta, si producono scambiatori di calore, componente fondamentale per gli impianti di climatizzazione. Che però, nei capannoni della Emmegi di Cassano d’Adda, non ci sono. La conseguenza, temperature roventi, che superano i 36 gradi, e condizioni di lavoro inaccettabili. Per questo lavoratori e lavoratrici stanno scioperando, per ottenere almeno un po’ di refrigerio, che però al momento viene negato dalla proprietà, che anzi ha incaricato un consulente per farsi dire che “la temperatura è acettabile”. Maurizio Iafreni è Rsu Fiom alla Emmegi e responsabile della sicurezza: (foto Fiom Cgil)

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