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25 Aprile, un futuro possibile: diventare un impegno per bisogni e desideri della società. Intervista a Carlo Galli

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“Una Costituzione ha senso se è spiegata ai cittadini, se diventa pane quotidiano, non solo se è cibo sofisticato per specialisti”. È un brano della prefazione di Carlo Galli, filosofo della politica, al quaderno di Radio Popolare appena pubblicato: “La Costituzione e i suoi principi“. Il quaderno è la trascrizione di un ciclo di trasmissioni del 2015 sui principi fondamentali della Carta. Sono riportati i commenti di autorevolissime/i studiose e studiosi come Valerio Onida, Lorenza Carlassare, Stefano Rodotà, Marilisa D’Amico, Carlo Smuraglia, Salvatore Settis, Luigi Bonanate, Enzo Balboni e altri ancora. In questa intervista Carlo Galli ragiona anche sul significato che il 25 Aprile, Festa della Liberazione dal nazifascismo, ha assunto nel corso dei decenni.

“La Costituzione deve essere, ovviamente, pane quotidiano, deve essere scritta in una lingua comprensibile, spiegata ai cittadini, nelle diverse scuole dei diversi ordini e gradi, e deve essere anche vita quotidiana. Deve essere, cioè, il modo attraverso il quale viene regolata l’esistenza concreta di una società: l’esistenza economica, l’esistenza politica e l’esistenza morale. Se la Costituzione non è questo, è un inutile pezzo di carta”.

Professor Galli, la Costituzione appare sempre più affaticata dai tentativi di cambiarne parti importanti e decisive, ad esempio, per l’equilibrio e la separazione dei poteri. La destra al governo ci sta provando con il premierato e la separazione delle carriere dei magistrati (tra giudici e pm). Entrambi sono progetti costituzionali che puntano ad aumentare il potere dell’esecutivo rispetto al parlamento e alla magistratura. In pratica sono progetti che generano una maggiore concentrazione di potere. A queste maggioranze – di destra, sovraniste, nazionaliste come Meloni – non interessa la democrazia parlamentare e la separazione dei poteri. È ritenuta roba vecchia.

Sì, è così, è roba vecchia e superata dai processi storici che hanno un nome e un cognome, da processi economici e da culture politiche che, almeno negli ultimi 40 anni, hanno pensato e operato in modo tale da rendere la democrazia parlamentare una forma politica obsoleta. La democrazia parlamentare si regge sulla separazione dei poteri, si regge su un equilibrio fra economia a conduzione privata e economia a conduzione pubblico-statale. Si regge sopra l’esistenza dei partiti politici democratici di massa. Nessuna di queste caratteristiche è oggi vigente e presente. La separazione dei poteri è da tempo superata, di fatto il Parlamento e il governo sono la stessa cosa. L’esistenza dei partiti è praticamente solo lo stato larvale e l’economia è a piena e totale conduzione privata, sulla base di logiche private, tranne in alcuni casi per quanto riguarda l’orientamento della produzione verso la guerra, che resta in parte a disposizione e governato dallo Stato. Il quadro complessivo è un quadro di reale e profondo allontanamento della nostra Costituzione reale dalla Costituzione formale. A questo allontanamento ha contribuito potentemente la destra economica. Questo allontanamento viene sottolineato, enfatizzato e formalizzato dalla destra politica e a questo allontanamento non si è opposta la sinistra.

Lo storico David Bidussa, ieri sul Sole24Ore, ha raccontato le diverse facce che il 25 aprile – Festa della Liberazione dal nazifascismo – ha assunto nel corso dei decenni: un rito, un’emozione al tempo presente, una scommessa.
Fino agli anni ‘60 il 25 aprile è stato un rito celebrativo. Poi è subentrato il 25 aprile come emozione, come risposta alle sfide del proprio tempo. E’ la motivazione – sostiene Bidussa – che ha portato in piazza a Milano alcune centinaia di migliaia di persone nel 1994. Il 25 aprile di allora, del ‘94, serviva come risposta al crollo della prima repubblica e all’ascesa del berlusconismo che sdoganava i fascisti. Infine, sempre secondo il ragionamento di David Bidussa, c’è il 25 aprile come scommessa, come opportunità per pensare il domani e impegnarsi a dargli gambe per camminare….bisogna investire in termini di impegno, di “presenza”. Si ritrova, professor Galli, in questa ricostruzione del 25 aprile?

L’articolo che lei ha letto è intelligente e sostanzialmente condivisibile. È vero, c’è stata una prima fase in cui il 25 aprile era il ricordo di qualche cosa che era vicino. Poi c’è stata una fase in cui il 25 aprile era un tentativo di rispondere a quelle trasformazioni della Costituzione materiale del paese a cui ho alluso prima. Oggi si può dire che il 25 aprile cessa di essere un ricordo, cessa di essere una risposta politica, per diventare una speranza.
Quello che a noi deve interessare è: il 25 aprile ha ancora una energia propulsiva? L’idea di una scelta politica complessiva della nazione per liberarsi da una forma politica ingiusta e oppressiva come fu il nazifascismo. Questa idea ha ancora un senso per qualcuno? Sulla base di queste idee è stata scritta la Costituzione, questo è ovvio. La nostra Costituzione non esisterebbe se non fosse esistito il 25 aprile. Oggi c’è qualcuno ancora in grado di ricollegare la Costituzione a quella liberazione? E c’è ancora qualcuno che ha voglia di correggere profondamente i flussi politici, i flussi economici e i processi che sono oggi in atto per riportarli a qualcosa che assomigli al disegno di Liberazione che dentro la Costituzione sta scritto? Il punto è questo. Non soltanto ricordo, non soltanto speranza. Il 25 aprile ha senso al di là delle celebrazioni solo se in qualche modo riesce a diventare una prassi, se riesce a intercettare bisogni, speranze, desideri e problemi reali di una vasta fetta della società.
Io penso che chi ha una responsabilità di carattere culturale e mediatico, oggi si debba impegnare in questa direzione, al di là delle posizioni di mero rimpianto, al di là delle posizioni di mera celebrazione, e tentare di spiegare che non si può vivere in una società moderna in una collettività senza credere a nulla. Se non credi a nulla sei disposto a credere a tutto, sei preda di ogni propaganda e di ogni complottismo. Ma se non credi a nulla non hai nemmeno una legittimazione a disposizione, non hai nemmeno una bussola, una linea da perseguire. La nostra vita diventa qualcosa di veramente poco sensato. Vogliamo continuare a non credere a nulla come c’è stato insegnato negli ultimi decenni? Vogliamo continuare a disinteressarci della politica? Vogliamo continuare a pensare che le cose importanti stanno altrove? Che poi non si sa mai dove stanno queste cose importanti. Vogliamo continuare a vivere senza un orientamento? E se invece lo vogliamo un orientamento, il 25 aprile fino a prova contraria è l’orientamento. Questo non vuol dire sposare ogni disposizione della Costituzione, ma vuol dire sposarne lo spirito, che è lo spirito di una democrazia progressiva.

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