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Centinaia di medici di Gaza torturati nelle carceri israeliane: le testimonianze parlano di abusi e umiliazioni sistematiche

Medici di Gaza

“Siamo stati prelevati dalle forze israeliane, legati e bendati. Ci hanno lasciati in un buco per 17 ore. Faceva freddo e ci hanno spogliati. 24 ore su 24, per 125 giorni siamo rimasti bendati, con le mani e i piedi legati.”
Chi parla è Issam Abu Ajwa, 63 anni, uno dei centinaia tra medici e operatori sanitari di Gaza che sono stati arbitrariamente arrestati e detenuti per mesi dai soldati israeliani durante la guerra nella striscia. Con sei altri colleghi, come il primario di chirurgia ortopedica dell’ospedale Nasser Mahmoud Abu Shehada o il direttore dell’ospedale al-Shifa Mohammed Abu Selmia, ha testimoniato in un’inchiesta del Guardian e dell’Arab Reporters for Investigative Journalism sugli abusi e le torture subite nelle carceri israeliane.

“Quando uno dei carcerieri ha saputo che ero un chirurgo”, racconta Ajwa, che è stato trascinato via di forza mentre operava d’urgenza un paziente, “mi ha detto che non mi avrebbe fatto uscire senza prima rovinarmi le mani. Così non avrei mai più potuto praticare.” Gli israeliani, racconta, lo hanno picchiato e torturato costantemente. Durante gli interrogatori gli hanno versato acqua nelle orecchie mentre lo tenevano fermo, con le mani incatenate, e “lavato i denti” con uno scopettone del water. Lui e i suoi colleghi, che sono alcuni dei membri più rispettati e più anziani delle loro comunità, hanno subito umiliazioni pesantissime, sono stati affamati, spostati regolarmente da una struttura all’altra e rilasciati dopo mesi di prigionia, fino ad un anno, senza essere mai stati formalmente accusati di qualcosa.
Ad oggi, due dei medici più anziani di Gaza sono morti nelle prigioni israeliane. Il ginecologo Iyad al-Rantisi, e il primario di ortopedia di al-Shifa Adnan al-Bursh, che secondo altri ex detenuti sarebbe morto proprio a causa delle torture, tra cui anche gravi violenze sessuali.
Tutti gli intervistati sono convinti di essere stati presi di mira in quanto medici anche perché sono stati arrestati direttamente in ospedale, sulle ambulanze, o ai posti di blocco dopo essere stati identificati come personale medico. Secondo l’ONG palestinese Healthcare Workers Watch si parla di almeno 339 arresti di questo tipo dall’inizio della guerra. L’ONG calcola che 162 operatori sanitari siano ancora detenuti e non ha notizie di altri 24, scomparsi dopo essere stati prelevati dai soldati. Dei dati molto simili a quelli forniti dall’OMS, che ha dichiarato essere “profondamente preoccupata per il loro benessere e la loro sicurezza”.

Come ha rilevato l’Ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite, è chiaro che la detenzione di così tanti operatori sanitari da parte dell’esercito israeliano ha contribuito al collasso del sistema sanitario a Gaza. Insieme, possiamo aggiungere, al metodico bombardamento degli ospedali. Almeno 27 ospedali della striscia su 38 sono stati colpiti duramente e molti sono in macerie. Mentre almeno mille delle vittime gazawi fanno parte del personale sanitario.

Per le convenzioni di Ginevra, firmate anche da Israele, i medici dovrebbero essere protetti, non presi di mira o attaccati durante i conflitti e devono essere autorizzati a continuare a fornire cure mediche a chi ne ha bisogno. Queste testimonianze parlano invece di abusi e torture sistematiche praticate da Israele. Dei crimini di guerra di cui ci si chiede se un giorno il paese sarà chiamato a rispondere.

  • Autore articolo
    Luisa Nannipieri
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    Il 2 marzo il governo israeliano ordinava il blocco totale dell’ingresso di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. Oggi, esattamente due mesi dopo, il blocco è ancora in essere e da due mesi nella Striscia non entra niente: né cibo, né acqua, né medicinali, né carburante. La situazione peggiora giorno dopo giorno, le scorte sono ormai esaurite e la fame sta dilagando. In questo contesto di blocco totale, il più lungo che Gaza abbia mai sperimentato, dove morire di fame non è più solo un modo di dire, le ong e le organizzazioni umanitarie cercano di sopperire alle colpevoli mancanze dei governi. È in quest’ottica che la nave della Freedom Flotilla Coalition, si stava preparando a partire per Gaza carica di aiuti umanitari, con l’obiettivo di rompere l’assedio. Questa notte, però, la nave è stata colpita da due droni, che hanno fatto scoppiare un incendio e ne hanno ovviamente impedito la partenza. Abbiamo raggiunto a Malta Simone Zambrin, attivista di Freedom Flotilla, che si sarebbe dovuto imbarcare oggi per andare verso Gaza.

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    Il Comitato Sì Meazza presenta un esposto alla Corte dei conti contro il nuovo stadio

    Non è arrivata nessuna proposta alternativa. Quella presentata da Inter e Milan è rimasta l’unica offerta per l’acquisto dello stadio di San Siro e delle aree vicine al “Meazza”. Il Comune di Milano lo ha comunicato, alla mezzanotte del 30 aprile, alla scadenza dell’avviso pubblico per la raccolta di manifestazioni d’interesse. Un esito prevedibile, dal momento che la finestra è rimasta aperta per poche settimane. Ora proseguiranno i lavori della Conferenza dei servizi, già iniziati quando potevano arrivare anche altre proposte. Il fronte di chi si oppone ai piani dei due club e a come la giunta comunale sta gestendo la vicenda tenta ancora di interrompere il percorso avviato. Oggi il comitato Sì Meazza, dopo aver già fatto un esposto alla Procura, ha inviato alla Corte dei conti una segnalazione perché indaghi per danno erariale, chiamando in causa il Comune. Luigi Corbani del comitato Sì Meazza spiega perché ha depositato questa segnalazione.

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    1) Gaza senza cibo da due mesi. Il blocco israeliano agli aiuti continua indisturbato mentre la fame dilaga tra la popolazione. Nella notte colpita con droni la nave della Freedom Flotilla, che voleva portare aiuti nella striscia. (Sami Abu Omar, Simone Zambrin - Freedom Flotilla) 2) Guerra in Ucraina. Secondo le Nazioni Unite la situazione lungo il fronte è peggiorata da quando sono iniziati i negoziati per il cessate il fuoco. In esteri la testimonianza da Sumy. 3) Germania, i servizi segreti classificano Afd come partito estremista. I leader del partito rispondono: azione politica, ci difenderemo. (Alessandro Ricci) 4) L’effetto Trump sulle elezioni nel pacifico. Domani Australia e Singapore al voto. In entrambi i casi i dazi americani hanno ribaltato i sondaggi. (Lorenzo Lamperti) 5) Mondialità. La partita sul clima si gioca tra Usa e Cina. (Alfredo Somoza)

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