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Afghanistan, la Nazionale femminile di cricket per la prima volta in campo dopo il ritorno dei talebani

Afghanistan, la Nazionale femminile di cricket 02

Più di tre anni di attesa prima di poter tornare a giocare una partita. A 11 mila chilometri da casa, ma è pur sempre un ritorno in campo. La squadra femminile di cricket dell’Afghanistan non dimenticherà la data dello scorso 30 gennaio. Sul campo del Cricket Club St Kilda, a Melbourne, ventidue giocatrici afghane hanno disputato la loro prima amichevole da quando, nel 2021, hanno dovuto lasciare il loro paese per il ritorno al potere dei talebani.
Firooza Amiri, 21 anni, ha raccontato in un’intervista al canale televisivo Tnt Sports la sua fuga da Herat a Kabul, prima di volare verso il Pakistan e poi di atterrare in Australia. Tre attiviste e giocatrici di cricket locali si sono spese più di chiunque altro per dare a lei e alle sue compagne la possibilità di fuggire e di non rinunciare al loro sogno di continuare a giocare.

Nel novembre 2020, l’Afghanistan Cricket Federation aveva offerto dei contratti professionali a venticinque giocatrici. Un’opportunità accordata anche per accedere ai fondi messi a disposizione dall’Icc, l’International Cricket Council, alle federazioni nazionali che avessero raggiunto gli obiettivi che gli avevano indicato. Il ritorno dei talebani a Kabul però ha riportato in vigore il divieto per le donne di avere una vita sociale libera e dignitosa. Tra le tantissime limitazioni c’è anche il divieto di fare sport. Centinaia di giocatrici di cricket hanno dovuto distruggere il loro equipaggiamento da gioco. Delle venticinque atlete con un contratto con la federazione afghana, due sono scappate in Canada, una in Regno Unito, le altre in Australia.
Qui hanno tentato in più di un’occasione, per anni, di contattare l’International Cricket Council. Prima per chiedere che i fondi destinati alla federazione afghana venissero in parte indirizzati a sostenere la loro attività sportiva all’estero, poi per chiedere il riconoscimento di Nazionale rifugiata. L’Icc ha ignorato questi appelli o, quando ha dato una risposta, ha detto che si tratta di questioni di competenza dell’Afghanistan Cricket Board e che non ha diritto di intervenire.

La capitana della squadra afghana, Nahida Sapan, riassume il senso dell’amichevole del 30 gennaio per lei e le sue compagne: “Vogliamo aprire altre porte per le ragazze afghane di tutto il mondo” ha detto. L’associazione australiana Cricket without Borders, che si occupa di promuovere i diritti delle donne attraverso il cricket, ha messo insieme la selezione che ha affrontato le giocatrici afghane. È uno dei segni più concreti della mobilitazione che, attraverso lo sport, sta cercando di fermare la demolizione dei diritti delle donne afghane. Tornate finalmente in campo dopo anni, le giocatrici di cricket hanno potuto dire con più forza e con più visibilità che è loro diritto avere le stesse opportunità degli uomini.

  • Autore articolo
    Luca Parena
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    L'abbiamo scoperto con l'EP "Somewhere only we go" e oggi a Volume abbiamo avuto modo di conoscere meglio la storia di questo cantautore nigeriano, che si è poi formato musicalmente in Ghana: "Nel corso degli anni le nostre musiche si sono fuse: l'highlife ghanese, il palm-wine, il folk di Kumasi, il suono contemporaneo della chitarra. Ho potuto unire questi due mondi, mescolandoli con le radio occidentali che ascoltavo da ragazzo". Il risultato è un folk pop pieno di anima e di profondità: "Il mio obiettivo non è solo una carriera internazionale, ma costruire qualcosa in Africa. Voglio creare una struttura che funzioni per artisti come me, gente con una chitarra o un tamburo, artisti contemporanei che non hanno modo di raggiungere il loro pubblico". Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia a Tommy WA.

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale

    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale Al Teatro della Cooperativa, a Milano ha debuttato in prima nazionale "Lo sciopero delle bambine", in scena Rita Pelusio e Rossana Mola di PEM Habitat Teatrali, compagnia che porta avanti una ricerca artista che declina contenuti civili e ironia. Lo spettacolo, con la regia di Enrico Messina, racconta una storia avvenuta a Milano nel 1902, quando le “piscinine”, che in dialetto meneghino significa “piccoline”, bambine, tra i sei e i tredici anni, che lavoravano senza diritti, sfruttate e sottopagate, ebbero la forza di scioperare e, per cinque giorni, fermare l’industria della moda della città. A raccontare la vicenda delle piscinine in scena sono due piccioni, due creature che abitano le piazze, le cui parole rispecchiano lo sguardo dei contemporanei, spesso stanchi e disillusi davanti alle sfide della storia. Nella trasmissione Cult Ira Rubini ha intervistato l’attrice Rita Pelusio.

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