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Il direttore dell’ospedale di Gaza detenuto in un carcere militare israeliano

Il direttore dell'ospedale di Gaza

“Nostro padre è stato arrestato mentre faceva il suo lavoro umanitario, come ha sempre fatto”. E’ un messaggio diffuso oggi da Idris Abu Safiya, figlio del direttore dell’ospedale Kamal Adwan, nella Striscia di Gaza, arrestato venerdì dall’esercito israeliano dopo che ha fatto irruzione nella struttura. “Chiediamo un’azione urgente a tutta la comunità internazionale – continua Idris – e ai medici di tutto il mondo di fare pressione sul governo israeliano per liberare nostro padre prima che faccia la fine di tanti altri medici palestinesi”.

L’ultima foto che abbiamo del dott. Hussam Abu Safya risale a venerdì. Il medico, con addosso il camice bianco, cammina in mezzo alle macerie di una strada completamente distrutta, verso i carri armati israeliani che lo avrebbero poi arrestato. Da quel momento non si è più saputo niente, fino ad oggi, quando la sua famiglia ha confermato che il dottore si trova nel carcere militare di Sde Teiman, noto per la sua brutalità e la sistematica violazione dei diritti umani.

Abu Safya in questi mesi aveva ripetutamente lanciato allarmi sulla situazione nel nord della Striscia e si era sempre rifiutato di abbandonare l’ospedale, che era rimasto l’unico in grado di fornire assistenza a malati e feriti. Era già stato arrestato e poi rilasciato ad ottobre, era stato ferito e suo figlio Ibrahim era stato ucciso. Non ha mai smesso, però, di fare il suo lavoro.

Di lui, ora, si sa poco, anche se testimonianze di detenuti dello stesso carcere recentemente rilasciati hanno detto di averlo visto ferito. Insieme a lui decine di altri medici e infermieri sono stati arrestati. Quelli poi liberati hanno raccontato di essere stati costretti a spogliarsi, di essere stati picchiati, umiliati e costretti ad aspettare per ore al freddo, senza i vestiti. Degli altri, non abbiamo più nessuna notizia. Mentre l’ospedale resta chiuso e decine di pazienti restano senza cure.

  • Autore articolo
    Martina Stefanoni
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