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Marco Rubio e la nomina a segretario di Stato sotto Trump

Marco Rubio

Cosa vuol dire la ormai quasi sicura nomina di Marco Rubio a segretario di stato, nella nuova amministrazione di Donald Trump, è una cosa, tra le tante. Mano libera, ancora più libera, a Benjamin Netanyahu nel conflitto a Gaza. Rubio, che dovrebbe essere, visto che l’ufficialità della nomina non c’è ancora, dovrebbe essere il primo latino a diventare segretario di stato, inizia la sua carriera politica come uno dei più classici interventisti, un cosiddetto falco, in politica estera, nella tradizione dei neocon che avevano dominato la politica americana negli anni delle amministrazioni di George W. Bush. E quindi, politica muscolare degli Stati Uniti all’estero, presenza militare nelle aree più calde del pianeta, un appello senza dubbi o indecisioni all’idea di esportazione della democrazia, un atteggiamento di scontro duro con Cina, Iran, Venezuela, Russia, il cui presidente, Vladimir Putin, ancora nel 2022 Rubio definiva un killer. Ma Marco Rubio è anche politico pragmatico, e tra i membri della più classica leadership repubblicana di Washington è uno di quelli che meglio ha saputo adattarsi all’ascesa irresistibile di Donald Trump. All’inizio, i rapporti tra i due sono pessimi. Si scambiano insulti. Trump dà del nanetto a Rubio, del peso piuma, senza nessuna consistenza politica. Rubio risponde prendendo in giro Trump per le mani piccole, una delle cose che fa più infuriare il tycoon. Non fidatevi di chi ha le mani piccole, scrive Rubio in un post. Ma, appunto, Rubio è politico pragmatico, che ha saputo adattarsi più di altri suoi colleghi ai tempi che cambiano. E quindi, quest’anno, Rubio ha fatto un’instancabile campagna elettorale a favore di Trump, che ora lo ricompensa con la carica di segretario di stato. Anche le sue posizioni politiche sono cambiate. In ottemperanza alla trumpiana America First, Rubio si è fatto molto meno interventista. E le sue posizioni sul conflitto in Ucraina si sono fatte meno radicalmente antirusse, più vicine a quelle del suo nuovo capo, Donald Trump, appunto. Rubio è stato tra i 15 senatori repubblicani a votare contro gli aiuti militari all’Ucraina, lo scorso aprile, e ora dice che bisogna al più presto arrivare a un accordo con Putin, a questo punto ormai ex killer, che metta fine alla guerra. Su una cosa, Rubio non ha mai cambiato idea. Il sostegno a Israele. Durante questi mesi, il senatore della Florida si è opposto a qualsiasi forma di cessate il fuoco e che Hamas è da considerare al 100 per cento responsabile delle migliaia di morti palestinesi. Rubio ha appoggiato l’operazione di terra israeliana a Rafah, ha paragonato l’intervento militare israeliano alla caccia a Adolf Hitler durante la seconda guerra mondiale. Le sue posizioni, insomma, sono sostanzialmente sovrapponibili a quelle di Benjamin Netanyhau. Se si considera che in questa amministrazione c’è un’altra pasdaran pro-Israele, Elise Stefanik, nominata ambasciatrice degli Stati Uniti all’ONU, il senso è chiaramente uno. La nuova amministrazione di Donald Trump si prepara a dare un via libera ancora più deciso alle politiche di Netanyahu, senza nemmeno più i timidi appelli alla moderazione che ha in questi mesi lanciato Joe Biden.

  • Autore articolo
    Roberto Festa
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    La legislatura in corso non è solo quella in cui si registra la longevità del governo Meloni e della sua presidenza del Consiglio. E’ anche la prima legislatura successiva alla modifica costituzionale che ha ridotto il numero di parlamentari. I deputati sono stati tagliati a 400 (rispetto ai 630) e i senatori a 200 (rispetto ai 315). E' servita a qualcosa la riduzione dei parlamentari? Le motivazioni della legge del 2019 (votata a stragrande maggioranza) parlavano di miglioramento dei lavori parlamentari e di risparmio nei costi del Parlamento (500 milioni su 4 miliardi di euro complessivi). Se n’è vista traccia? La campagna contro la “casta” che incentivò il taglio dei parlamentari ha inizio dodici anni prima della legge costituzionale. Prima con il libro di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella “La Casta” (pubblicato nel maggio 2007), scritto dai due giornalisti del Corriere. Sulla copertina c’era scritto: così i “politici italiani sono diventati degli intoccabili”. E poi con il raduno di Grillo a Bologna, il V-day dell’8 settembre 2007, con 50 mila persone in piazza Maggiore. La reazione alla Casta fu poi l’anti-politica. Di questo Pubblica ha parlato con un giurista e costituzionalista, Francesco Pallante, dell’università di Torino; e con la storica Valentine Lomellini, dell’università di Padova.

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    LORENZA GENTILE - LA VOLTA GIUSTA - presentato da Ira Rubini

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    La Manovra 2025 è in arrivo in Parlamento. Una manovra "leggera" i cui effetti vanno guardati nelle pieghe. La maggioranza si fa allo stesso tempo governo e opposizione, e si divide: alcune misure, sbandierate, quindi forse salteranno. A conti fatti, cosa si prospetta su voci essenziali come lavoro, pensioni, sanità, tasse? Ospiti: Maurizio Landini, segr. gen. Cgil; Andrea Capocci, giornalista scientifico de Il Manifesto; Massimo Alberti, redazione di RP. Condotta da Massimo Bacchetta, in redazione Luisa Nannipieri.

    Tutto scorre - 23-10-2025

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    Landini: “Manovra inadeguata: soldi alle armi anziché a salari, scuola, sanità. Rischio di deriva autoritaria”

    Il 25 ottobre la Cgil ha organizzato una manifestazione a Roma contro le politiche economiche del governo, il riarmo, per investimenti pubblici su scuola, salari, sanità. L’intervista del segretario Cgil Maurizio Landini a Radio Popolare. “La manovra è inadeguata: con le tasse più alte di lavoratori e pensionati si è ridotto il deficit per investire in armi anziché in spesa sociale. I profitti delle imprese sono ai massimi: servono aumenti contrattuali. In piazza per praticare la democrazia contro il rischio di deriva autoritaria”. Ascolta l'intervista a cura di Massimo Alberti.

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    Gaza divisa in due dalla linea gialla e la fretta di costruire qualcosa (mentre il Parlamento israeliano vota "l'annessione" della Cisgiordania, il commento di Maria Luisa Fantappiè responsabile del programma "Mediterraneo, Medioriente e Africa" dello IAI. È stata consigliere speciale per il Medio Oriente e Nord Africa al Centro per il Dialogo Umanitario di Ginevra e all’International Crisis Group (ICG) di Bruxelles. La vita nei territori occupati raccontata dai fotografi palestinesi sostenuti da un progetto dell'agenzia Prospekt Photographers raccontato dal suo direttore Samuele Pellecchia. Silvia Bartellini, vice presidente cooperativa Abitare, racconta lo shock degli abitanti dei caseggiati del quartiere dopo l'assassinio in strada di Luciana Ronchi da parte del marito: come contrastare? Alessandro Bianchi, direttore del consorzio forestale del Ticino, ci racconta perché è costoso e complesso tutelare i boschi e lancia un appello.

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