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Ritorno all’Algeria, il romanzo a fumetti del francese Morvandiau

Ritorno all’Algeria, il romanzo a fumetti del francese Morvandiau

Tra i romanzi ai fumetti, quelli dedicati alle storie familiari sono diventati praticamente un genere a sé stante. Per molti autori, più o meno giovani, il grafic novel diventa lo strumento perfetto per affrontare con stili variegati e personalissimi delle autobiografie genealogiche che sono spesso e volentieri delle finestre sulla Storia con la S maiuscola.
Il francese Morvandiau, nome d’arte che Luc Cotinat si era scelto ai tempi delle fanzine, negli anni 90, quando muoveva i primi passi da fumettista autodidatta scrivendo satira sociale, non fa eccezione. Il suo Ritorno all’Algeria, ritraccia il percorso delle famiglie paterne e materne, ineluttabilmente intrecciato alla storia coloniale francese e alla lotta per l’indipendenza degli algerini. Il libro è stato pubblicato la prima volta in Francia nel 2007 ma è l’edizione del 2020, con una nuova postfazione che tocca rapidamente il tema dell’attacco a Charlie Hebdo, i grandi movimenti di protesta in Algeria e le polemiche sulla laicità in Francia degli ultimi anni, che arriva oggi in Italia, aprendo un altro squarcio su un periodo complesso e ancora molto doloroso.
Quella di Morvandiau è una famiglia di pieds-noirs: un termine che inizialmente designava i “fuochisti indigeni” dai piedi sporchi di carbone e che fu poi usato per soprannominare gli europei d’Algeria. I nonni paterni dell’autore sono borghesi, vicini all’élite intellettuale che tra le due guerre sosteneva l’integrazione e l’uguaglianza tra francesi e musulmani, come si definivano allora gli algerini, e, di fatto, coloni attivi ed entusiasti motivati da ideali umanisti. L’incrocio con il lato materno avviene grazie ai fratelli di lei e attraverso le attività della gioventù cattolica ad Angers, dove la famiglia paterna torna dopo la seconda guerra mondiale e l’aumento delle violenze. Uno degli zii materni, l’adorato zio Jean, diventa missionario dei Padri Bianchi proprio in Algeria, dove insieme al prete e amico di famiglia Jean Scotto apre un centro di formazione e solidarizza con i movimenti indipendentisti. Ci rimarrà fino al 1994, quando viene assassinato con cinque colpi a bruciapelo insieme a due confratelli e un amico.
Per raccontare gli anni della guerra, di cui in famiglia nessuno parlava davvero, l’autore si è documentato molto. Appoggiandosi, per descriverla, sui lavori degli storici Guy Pervillé et Benjamin Stora e mescolando informazioni fattuali con immagini di vita quotidiana, scorci delle strade di Algeri e momenti topici come quello del discorso di Camus del gennaio del 56, ‘Appello per una tregua civile in Algeria’, declamato su uno sfondo di minacce di morte e grida inferocite. Sono pagine dense, che vengono spezzettate in vignette e griglie apparentemente semplici ma che riescono a rendere, grazie a delle composizioni varie e ben studiate, la complessità delle visioni frammentarie dei vari protagonisti e quella di un mondo frammentato e lacerato. Tessendo e intrecciando via via, in un arco cronologico complessivamente lineare, con un tratto spesso e chiaro che si legge facilmente, la storia e la memoria.
Ritorno all’Algeria. Di Morvandiau, traduzione di Caterina Pastura. 152 pagine in bianco e nero. Mesogea, 24 euro.

  • Autore articolo
    Luisa Nannipieri
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