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L’inchiesta che scuote i vertici della Regione Liguria, l’esercito israeliano è entrato a Rafah e le altre notizie della giornata

Il racconto della giornata di martedì 7 maggio 2024 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Il presidente della Regione Liguria Toti e il suo braccio destro sono agli arresti domiciliari con l’accusa di corruzione. Secondo gli inquirenti il sistema prevedeva favori e concessioni in cambio di finanziamenti al governatore e alle sue campagne elettorali. La procura di Termini Imerese ha aperto un’indagine per omicidio colposo plurimo a carico di ignoti per la strage sul lavoro di ieri a Casteldaccia. Nonostante le pressioni internazionali, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha ribadito che l’attacco su Rafah si farà. In Russia è iniziato ufficialmente il quinto mandato presidenziale di Vladimir Putin, che oggi ha giurato nuovamente come capo di stato della federazione. La povertà in Italia fa registrare dati sempre più preoccupanti.

Liguria, l’inchiesta per corruzione scuote i vertici della Regione

(di Luca Parena)
Belin! chiosa intercettato uno degli indagati per sottolineare all’interlocutore la generosità della sua offerta: tre carte di carte di credito a disposizione per un viaggio a Las vegas con gita al casinò e servizi extra in camera. Nella lista dei regali in cambio favori e concessioni che emergono dalle carte dell’inchiesta genovese, ramificatissima, sei filoni, figurano anche biglietti per eventi esclusivi, orologi d’oro, una borsa Chanel, massaggi, trattamenti estetici, oltre ai più tradizionali posti di lavoro e alle care vecchie mazzette. Il sistema che gli investigatori credono di avere scoperchiato ha radici lontane, ma i fatti sono tutti relativi a questi ultimi 4 anni e riguardano le consultazioni tra il 2020 e il 2024, sia regionali che comunali. Perni del sistema erano, secondo gli investigatori, il presidente dell’autorità portuale Paolo Emilio Signorini, poi diventato ad del colosso energetico a partecipazione pubblica Iren, e il braccio destro e capo di gabinetto della giunta Toti, Matteo Cozzani: a lui è contestata anche l’aggravante mafiosa, poiché avrebbe concordato con il ramo genovese del clan mafioso dei Cammarata di Caltanissetta, il sostegno alle urne in cambio di posti di lavoro e di alcuni cambi alloggio. Ma, secondo gli investigatori, Toti aveva bisogno, più che altro, di liquidità per pagare le campagne elettorali: e il più munifico sarebbe stato in questo senso l’imprenditore portuale Aldo Spinelli, quello delle carte di credito e delle borsette. In cambio di versamenti per circa 75mila euro, avrebbe ottenuto la trasformazione di una spiaggia pubblica in lido privato, la concessione trentennale di uno dei terminal del porto, lo sblocco di una pratica edilizia e altri favori. Tra gli indagati, ma a piede libero, anche un membro del consiglio di amministrazione di Esselunga, Francesco Moncada, che si sarebbe prestato a pagare in nero alcuni spazi pubblicitari in cambio dello sblocco di due cantieri per la costruzione di altrettanti supermercati. Siamo a sistema, quindi? Chiede Moncada al governatore in fase di finalizzazione dell’accordo. E Toti rassicura: allineati su tutto.

Le ricadute politiche dell’inchiesta per corruzione in Liguria

(di Anna Bredice)
Non parla di giustizia ad orologeria, ma il concetto alla fine gli assomiglia molto. È il ministro della giustizia Carlo Nordio, colui che per primo dovrebbe difendere l’operato dei giudizi, ad esprimere dubbi, anzi parla di perplessità rispetto agli arresti di oggi, “sono garantista, dice, ma mi è sembrato di capire che si tratta di fatti che risalgono ad alcuni anni fa, che l’inchiesta non è nata oggi”. Non lo dice, ma insinua che gli arresti odierni, ad un mese dalle elezioni non siano casuali. Una parte della maggioranza forse la pensa esattamente così, a cominciare da Forza Italia che è il partito che porta di più il peso dell’inchiesta, vista la storia politica del presidente ligure: Giovanni Toti, fu uno dei consiglieri politici di Berlusconi, faceva parte del suo cosiddetto cerchio magico, mirava a sostituirlo alla guida del partito dopo l’esperienza di Alfano, poi si allontanò o venne allontanato per planare al centro, ora si trova nel partito di Maurizio Lupi, Noi moderati, che ha presentato le liste alle europee insieme a Forza Italia. Una tegola sulla testa di Tajani che sperava fino ad oggi di poter superare a giugno i voti della Lega. Ma tutti i partiti del centro destra sono nella giunta regionale in Liguria e di fronte ad un’inchiesta così ampia, non sono solo le opposizioni a chiedere a Roma le dimissioni di Toti e di tutta la Giunta e il voto già quest’anno invece dell’anno prossimo. Fratelli d’Italia infatti non esclude le elezioni anticipate e il motivo appare molto chiaro. Giovanni Toti che insieme a Zaia sosteneva la necessità del terzo mandato ora è fuori gioco, e così come nel veneto senza Zaia Giorgia Meloni può pensare ad un suo candidato, la stessa cosa potrebbe accadere in Liguria. E non nel 2025, ma già in autunno.

L’ingresso dell’esercito israeliano a Rafah

Nonostante le pressioni internazionali, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha ribadito che l’attacco su Rafah si farà:
“Serve a far tornare i nostri ostaggi e ad eliminare Hamas”, ha detto; aggiungendo che “l’accettazione del cessate il fuoco da parte palestinese mirava a scongiurare l’invasione della città, ma non è successo”.
Da questa mattina i blindati israeliani sono entrati nella periferia ad est della città, dopo che ieri l’esercito ha ordinato ai civili di sgomberare i quartieri orientali.
Netanyahu ha detto anche che ha dato ordine alla delegazione israeliana arrivata al Cairo per negoziare con Hamas di non accettare proposte che mettano in pericolo la sicurezza del paese e di essere ferma sulla liberazione degli ostaggi”
La rigida posizione del governo israeliano pesa sulla trattativa in corso al Cairo; in Egitto è presenta anche il capo della Cia William Burns.

A complicare i negoziati in corso c’è anche la decisione di Israele di chiudere, dopo quello di Kerem Shalom e di Rafah, anche il terzo valico con la Striscia, quello di Erez.
Le organizzazioni umanitarie denunciano che attualmente nessun aiuto può entrare nella Striscia, nonostante la grave crisi alimentare che la popolazione civile sta soffrendo. Le Nazioni Unite chiedono l’immediata riapertura almeno del valico di Rafah, quello da cui entra la maggior quantità di beni alimentari e carburante.

Il costo umano della logica del profitto prima della sicurezza

(di Massimo Alberti)
Resta in gravissime condizioni Domenico Viola, l’operaio in terapia intensiva dopo la strage sul lavoro ieri a Casteldaccia, in provincia di Palermo, dove sono morti 5 operai. Altri 2 superstiti sono in buone condizioni. L’indagine aperta dalla procura di Termini Imerese è per omicidio colposo plurimo a carico di ignoti. La dinamica non è ancora chiara: a scendere per primo sarebbe stato il titolare della ditta appaltatrice, che è stata posta sotto sequestro. Non vedendolo rientrare sarebbero via via scesi gli altri operai. La discesa nei cunicoli non era prevista dal contratto d’appalto: da capire quindi perché sia avvenuta. In ogni caso, è stato appurato che gli operai non avessero alcun dispositivo di protezione: né il rilevatore di gas tossici, né le maschere. Le indagini stanno anche verificando se ci fosse stata formazione e se l’azienda appaltatrice, che eseguiva la manutenzione per conto della municipalizzata di Palermo, avesse le competenze per svolgere quel tipo di lavoro.
La legislazione sulla sicurezza sul lavoro, quella “preventiva” è piuttosto dettagliata nel normare le procedure per lavorazioni pericolose, come quelle in ambienti chiusi e con sostanze nocive. Che, in questo caso, non sono state palesemente rispettate. Ed è oggetto di indagine della procura se chi le svolgeva fosse preparato. In questo senso la vicenda di Palermo è un caso scuola. Hanno ragione magistrati come Guariniello, Giordano a dire che le leggi ci sono e vanno applicate. Ma sono davvero applicabili nell’attuale sistema economico e produttivo, ormai totalmente traslato sulla centralità dell’impresa? Se fossero seguite le procedure di sicurezza, si salverebbero vite, ma si allungherebbero tempi e quindi costi. Appaltare diventerebbe antieconomico, quindi la catena di appalti e subappalti strutturalmente non può che tagliare sulla sicurezza.
Raccontano lavoratori che operano in queste catene, spesso con stazioni appaltanti pubbliche, di dover spesso acquistare a loro spese dispositivi di sicurezza. Erodendo paghe già minime. In questi contesti, esercitare il diritto a rifiutare lavori pericoloso, sancito da diverse sentenze, è pura fantascienza. Scaricare sul singolo lavoratore la responsabilità per non auto-tutelarsi è miope, in un sistema la cui impalcatura è costruita per tutelare prima i margini di profitto, poi chi lavora. La vigilanza delle stazioni appaltanti, sempre in nome del massimo risparmio, come in questo caso oggetto di indagine, è spesso assente. Uno dei 4 referendum promossi dalla Cgil, oltre a cancellare il Jobs Act, punta a cancellare la norma che esclude la responsabilità solidale delle aziende committenti nell’appalto e nel subappalto su infortuni e malattie professionali. Una modifica, come abbiamo visto, quanto mai necessaria.

L’inizio del quinto mandato presidenziale di Vladimir Putin

In Russia è iniziato ufficialmente il quinto mandato presidenziale di Vladimir Putin, che oggi ha giurato nuovamente come capo di stato della federazione. Alla cerimonia di insediamento erano presenti anche i rappresentanti diplomatici di 6 Paesi europei: Francia, Ungheria, Slovacchia, Grecia, Malta e Cipro. Nel suo discorso Putin ha dedicato un passaggio anche ai paesi alleati di Kiev: “La Russia non rifiuta il dialogo con i Paesi occidentali, la scelta spetta a loro”. Come previsto dalla Costituzione il governo in carica ha quindi rassegnato le dimissioni, Putin potrebbe presentare già domani il nome del nuovo primo ministro. La poltrona più in bilico è quella del ministro della Difesa Shoiugu, ma non è esclusa nemmeno una sua conferma.

Proprio oggi Kiev ha dichiarato di aver sventato un tentativo di assassinare il presidente Zelensky e altri alti funzionari dello stato.
Gli 007 ucraini hanno arrestato due membri dell’Amministrazione per la Sicurezza, con l’accusa di tradimento e complicità in un attacco terroristico. L’omicidio avrebbe dovuto essere “un regalo a Putin per il suo insediamento”.

I preoccupanti dati sulla povertà in Italia

(di Massimo Alberti)
Nel 2023 salgono a quasi 3 milioni le persone in grave deprivazione materiale e sociale. I redditi reali erosi dall’inflazione. In leggero calo la fascia a rischio povertà grazie agli effetti dell’assegno di inclusione.
Nell’anno della cancellazione del reddito di cittadinanza, il 2023, l’Istat aveva già fotografato l’aumento della povertà assoluta. Nel rapporto su condizioni di vita e reddito delle famiglie diffuso martedì, arriva un altro dato preoccupante: sale dal 4,5 al 4,7% il numero di persone che si trova in “grave deprivazione materiale e sociale“: sono 2,8 milioni di persone, concentrate al centro sud. Chi sta peggio, insomma, sta sempre peggio a causa delle politiche del governo Meloni. Si salvano i penultimi: la quota di popolazione a rischio di povertà è lievemente calata al 22,8% del totale: parliamo comunque di quasi 13 milioni e mezzo di persone. Il miglioramento è dovuto all’assegno di inclusione approvato dal governo Conte Due, ed a una serie di bonus una tantum come quello energetico. In prospettiva, la preoccupazione è doppia: cosa succederà nel 2024 con la fine dei bonus e la chiusura definitiva del reddito di cittadinanza, vista la platea più che dimezzata che accede al sussidio che lo ha parzialmente rimpiazzato. Anche perché, come l’Istat aveva già rilevato a marzo, il lieve miglioramento delle condizioni dei penultimi avviene a scapito di chi sta peggio, e non in una dinamica di redistribuzione da chi ha di più. L’Istat rileva anche un calo del 2,1% del reddito reale disponibile, eroso dall’inflazione. Se si guarda a prima della crisi del 2008, la perdita è di oltre il 7%, che sale oltre il 10 al centro sud.

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    Dopo che la Giunta del Comune di Milano ha licenziato la delibera per la vendita dello stadio di San Siro, la palla ora passa al Consiglio comunale, che dovrà votare il provvedimento giovedì 25 settembre, e non più il 29. Nonostante sia possibile presentare emendamenti al testo, per la giunta il documento è immodificabile: “È frutto di un lavoro che ha gli elementi essenziali del contratto, una cosa molto tecnica ma anche politica”, ha detto ai nostri microfoni la vicesindaca Anna Scavuzzo. Nel caso di un emendamento di sostanza votato dalla maggioranza dei consiglieri, infatti, “le squadre potranno rigettare l’intera proposta”. Una sorta di prendere o lasciare per i consiglieri comunali. Secondo la vicesindaca Scavuzzo, dopo due mesi di confronto e dopo le modifiche alla versione di luglio, adesso “si chiude”. L’intervista integrale di Luigi Ambrosio nella nostra trasmissione “L’Orizzonte”.

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    1) “La gente non lascia Gaza City perché non sa dove andare o perché non può permetterselo”. Migliaia di persone restano nella città della striscia, mentre l’esercito continua a bombardarla. (Jacob Granger - MSF) 2) “Israele sta commettendo un genocidio, ma gli altri paesi hanno l’obbligo giuridico di fare tutto ciò che possono per impedirglielo”. In esteri la seconda puntata dell’intervista a Chris Sidoti, giudice della commissione Onu. (Valeria Schroter, Chris Sidoti - Commissione Onu d'inchiesta per i territori palestinesi) 3) La Francia ancora in piazza. Un milione di persone mobilitate dai sindacati per protestare contro la legge di bilancio di Bayrou. (Veronica Gennari) 4) La tragedia umanitaria della guerra in Sudan, e i sudanesi che resistono. Premiata in Norvegia una rete di associazioni comunitarie che lavorano per favorire l’ingresso di aiuti. (Irene Panozzo, analista politica) 5) Donald Trump alla corte britannica. La luna di miele tra Keir Starmer e il presidente Usa è soprattutto una questione di business. (Marco Colombo, giornalista) 6) World Music. Together for Palestine, il concerto organizzato da Brian Eno a Londra contro il genocidio. (Marcello Lorrai)

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