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Speculatori della crisi: Unicredit distribuisce quasi 9 miliardi

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Mentre l’economia europea si lecca le ferite di due anni di guerra e crisi energetica (per non parlare i quella climatica), con segnali di crisi all’orizzonte, calo degli investimenti, ribasso dell’ottimismo degli operatori – per non parlare dell’inflazione che ha colpito tutti i cittadini – c’è chi festeggia il 2023 come “Il miglior anno di sempre”. È la più europea delle banche italiane Unicredit, con 24 miliardi di ricavi, di cui 10 realizzati in Italia, e soprattutto un utile fantasmagorico: 8,6 miliardi di euro, che saranno tutti redistribuiti ai soci sia sotto forma di azioni (anche quelle schizzate come valore in Borsa ai massimi dal 2015) e 3 miliardi in cash. Non solo, la promessa è che quest’anno saranno 10 i miliardi da redistribuire, con un dividendo che garantisce il 10% di rendimento. Hanno talmente tanti liquidi che il CEO Andrea Orcel dice decideremo cosa fare con il capitale in eccesso dopo l’assemblea.

La smisurata grandezza del profitto finanziario è talmente evidente che i paragoni si possono fare con i capitoli più grandi della finanziaria del Paese. Se gli utili bancari erano previsti a 43 miliardi di euro dalla Fabi, la Federazione autonoma dei bancari italiani, un raddoppio secco rispetto al 2022 (saranno di più in realtà), il cuneo fiscale per 4 milioni di lavoratori vale tra i 3 e i 4 miliardi l’anno. Mentre il governo non ha soldi per aumentare gli assegni dei caregiver familiari, anzi li riduce, per non parlare dei 4 miliardi tagliati al reddito di cittadinanza. Il tutto mentre permetteva a tutte le banche a non versare alcuna tassa sugli extra profitti maturati tra Covid e fiammate speculative su gas, petrolio, energia e soprattutto dagli alti tassi d’interesse europei.

Extraprofitti, per le banche sono gratis

Il Sole24Ore qualche mese fa titolava: “Intanto i profitti delle banche continuano a galoppare”. Era luglio e il dibattito era quello sul continuo rialzo dei tassi d’interesse della Bce che dal post-Covid “deprimeva” le economie europee (o addirittura ne causavano la stagflazione ovvero la somma di stagnazione della crescita e inflazione crescente) o secondo i più rigoristi come il board della stessa Banca europea stavano solo proteggendo i mercati con una cura di severità. Scriveva il Sole: “Le banche continuano a macinare profitti sulla scia del rialzo dei tassi. A luglio, secondo gli ultimi dati pubblicati in settimana da Banca d’Italia, i tassi di interesse sui prestiti in essere concessi dalle banche alla clientela hanno continuato a salire più di quelli riconosciuti sui depositi: la forbice dei tassi continua quindi a crescere e con essa i margini finanziari. E non siamo ancora giunti al capolinea”.

Le banche quindi fanno extraprofitti sui tassi d’interesse, quindi sui nostri mutui, sui finanziamenti alle imprese, come li fanno sulla fiammata dei prezzi energetici, alimentari. Per quanto riguarda la parte dei soli tassi d’interesse il sito di analisi economica LaVoce.info lo confermava in un articolo a firma dell’economista Angelo Baglioni che si poneva questa domanda: “Ma davvero l’aumento dei tassi d’interesse fanno male alle banche?”. La risposta: “Ha fatto danni ad alcune banche americane, ma non è così per tutte. Le italiane, per esempio, ne hanno tratto profitto, aumentando il margine di interesse, mentre le perdite sui titoli sono in buona parte solo potenziali”.

Extraprofitti, il regalo del governo

Nel terzo trimestre dell’anno scorso l’andamento dei conti bancari (dei conti non dei titoli in Borsa) era così straordinario da fare l’unanimità dei titoli dei siti finanziari: “Un trimestre da record”. Aggiungeva sempre IlSole: “Per tutte le banche, dalle grandi a quelle più piccole”. Da gennaio a settembre il sistema italiano registrava già 16,5 miliardi di utili: un dato superiore del 80% ai numeri, già elevati, raggiunti alla fine terzo trimestre 2022, quando le banche totalizzarono ben 9,2 miliardi di profitti netti.

Ecco proprio a settembre il governo deciderà, su spinta di Forza Italia, di cancellare di fatto la legge sugli extraprofitti bancari di cui comunque con un atto autolesionistico continua a contare 3 miliardi di gettito nella sua bozza di manovra. La cancella perché dà la possibilità alle banche (tutte) di scegliere se pagare la tassa aumentata allo 0,26% oppure versare due volte e mezzo la tassa nelle proprie casse a fono di riserva che non può essere distribuito e rafforzare così il patrimonio della banca stessa. Ovviamente praticamente tutte le banche hanno scelto questa opzione. Una beffa e una vergogna. E di nuovo non lo dice il giornalista di sinistra, ma l’economista de LaVoce.info, in questo caso Rony Hamaui docente della Cattolica di Milano e presidente di Intesa Sanpaolo ForValue, una joint venture finanziaria di investimenti alle imprese che scrive così: “In un contesto di alti tassi d’interesse, una politica monetaria che preveda ampie riserve bancarie, come quella oggi in vigore nei principali paesi, offre alle banche commerciali un importante e occulto sussidio ai profitti, a spese dei contribuenti”.

Quindi il governo mentre toglieva il reddito di cittadinanza “ai fannulloni” dava un sussidio ai profitti bancari. Ma non solo, un anno prima nel luglio del 2022 il governo fa sparire dal cosiddetto “decreto bollette” la tassa sugli extra-profitti delle imprese energetiche che importano gas in Italia a un prezzo molto più basso di quello in vendita. E due. Il campo d’azione della destra è chiaro. Alla faccia dei proclami sui social come questo di Giorgia Meloni del dicembre 2020: “I “super ricchi” da tassare sono i giganti del web, le banche e le multinazionali che sistematicamente eludono le tasse che dovrebbero pagare all’Italia”. Al governo c’erano Pd-M5S. Adesso il programma lo ha realizzato lei.

Extraprofitti, non tutti gioiscono

Unicredit è di gran lunga la più esagerata delle banche sulla distribuzione dei profitti ai propri azionisti, un merito per il suo Ceo Orcel. Diversamente Banca Intesa (4 miliardi e passa di profitti da distribuire) ha nel suo Ceo Carlo Messina il “paladino” della “banca sociale” che chiedeva al governo di utilizzare gli extra-profitti “per far fronte alla maggiore emergenza sociale del paese, quella della crescita delle disuguaglianze, adottando misure per chi si trova in maggiore difficoltà”. Per essere più chiaro Messina ha detto, più volte, “nelle aziende c’è tanta ricchezza, e la priorità che abbiamo è quella di aumentare gli stipendi dei lavoratori. Nel privato tocca alle imprese agire” e lo ha fatto, rompendo il fronte di categoria sul rinnovo del contratto dei bancari dicendosi disposto ad aumentare il salario dei “suoi” lavoratori più della proposta padronale. E alla fine i 270mila bancari si sono ritrovati un aumento medio di 435 euro (dicono i sindacati superiore all’inflazione) e una riduzione (minima) dell’orario di lavoro. Un rivoluzionario rispetto al governo.

Ma non ditelo alle altre imprese. Infatti, secondo uno studio di Confcommercio la stretta creditizia nel 2023 avrebbe riguardato il 40% delle imprese del terziario, non solo perché è aumenta il costo dei prestiti per il continuo rialzo dei tassi, ma proprio perché le imprese ottengono molti meno fondi di quelli che chiedono. E quindi a rinunciano a investimenti e nuove assunzioni. Tradotto: i fiumi di denaro prodotti dal rialzo dei tassi d’interesse non ritornano nel sistema produttivo sotto forma di prestiti ma sono destinati alla ricchezza finanziaria. Risponde il presidente della banche italiane dicendo che non sono loro a dare meno credito, ma le imprese ad averne ridotto la domanda, perché usano i loro fondi pur di non pagare tassi così alti.

Dai dati di redditività del sistema impresa che registra in media un aumento del 50% dei ricavi nel post-Covid potrebbe avere in parte ragione. Se le aziende stanno usando i loro risparmi, lo stesso fanno le famiglie. Secondo l’Istat la capacità di risparmio delle famiglie italiane nei primi sei mesi si è dimezzata rispetto all’anno scorso. Alimentari e mutui sono le voci più care. La seconda evidenzia il trasferimento netto dalle famiglie alle banche e poi agli azionisti. Morale: siamo in una fase di grande espansione della rendita e dell’accumulazione finanziaria, favorita dai tassi europei e dalle politiche ancora più mirate della destra al governo. Che ha gioco facile a identificare una classe dominante da rappresentare nei fatti e una massa soccombente a cui dare in pasto emergenza sociale, razzismo e repressione.

  • Autore articolo
    Claudio Jampaglia
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