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La visita di Mattarella a Crotone e il silenzio del governo, gli indagati per epidemia colposa e le altre notizie della giornata

Mattarella Crotone

Il racconto della giornata di giovedì 2 marzo 2023 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. La Procura di Bergamo ha chiuso le indagini sulla diffusione del COVID tra Alzano e Nembro all’inizio della pandemia: 17 le persone indagate per epidemia colposa, da Giuseppe Conte a Roberto Speranza, da Attilio Fontana all’ex assessore Gallera. Le parole che Mattarella ha pronunciato ai familiari dei migranti morti a Crotone sono un gesto di umanità nei loro confronti e un atto di accusa nei confronti del governo, da giorni in silenzio se si esclude l’uscita del Ministro Piantedosi. Le aziende hanno alzato i prezzi ben al di sopra della crescita delle materie prime, aumentando i profitti mentre i consumatori pagano il conto: lo dicono documenti riservati della BCE citati dalla Reuters. Il summit del G20 di New Delhi si è concluso senza una dichiarazione comune sulla guerra in Ucraina, con Russia e Cina che si sono rifiutate di firmare.

Conte, Speranza e Fontana tra gli indagati per epidemia colposa

“Ritengo di aver agito col massimo di responsabilità, ben vengano le verifiche giudiziarie”: Giuseppe Conte ha parlato così nel tardo pomeriggio al consiglio nazionale del Movimento 5 Stelle, a 24 ore dalla notizia delle indagini su di lui e su altre 18 persone per la gestione del COVID nella prima fase della pandemia.

(di Roberto Maggioni)

Le conclusioni a cui arriva la Procura di Bergamo sono un atto d’accusa pesantissimo: gli indagati con le loro omissioni e sottovalutazioni causarono la diffusione del virus tra Alzano e Nembro e la non attuazione dei piani pandemici e la mancata zona rossa in Valseriana causarono 4 mila morti in più. Ora un giudice per le indagini preliminari dovrà valutare queste accuse senza precedenti e decidere se aprire il processo oppure no. È la prima volta che il reato di epidemia colposa viene contestato in questi termini, del resto non era mai successo che una pandemia finisse sotto indagine.
In cima alla catena di comando in quei giorni c’era Giuseppe Conte, il presidente del consiglio che secondo i magistrati bergamaschi avrebbe frenato la zona rossa in Valseriana. Quando? Il 5 marzo 2020 l’ex ministro della Salute Speranza firmava la bozza del decreto per chiudere Alzano e Nembro, Conte però non lo rese esecutivo e gli agenti già inviati nella valle bergamasca per chiuderla come fatto in provincia di Lodi tornarono indietro. La Lombardia venne messa in lockdown, tra le attività produttive, l’8 marzo, l’Italia il 9. A favore di Conte potrebbero giocare due mail inviate dal presidente lombardo Attilio Fontana il 27 e 28 febbraio. Fontana chiedeva il mantenimento delle misure attuate fino a quel momento senza alcun cenno alla zona rossa. In quelle mail indirizzate al governo Fontana non segnalava alcuna criticità relativa alla diffusione del contagio nella Valseriana.
Il presidente lombardo però allegava una tabella con i dati sul contagio che dicevano che l’indice Ro era sopra a 2, quindi epidemia fuori controllo. Quindi sarebbero servite misure severe come la zona rossa, scrivono i pm bergamaschi. 
”La nostra scelta – ha detto il procuratore di Bergamo Antonio Chiappani – è stata quella di offrire tutto il materiale raccolto ad altri occhi, che saranno quelli di un giudice, di un contraddittorio con i difensori perché è giusto che la ricostruzione la diano gli interessati e da tutto questo ricavare l’esperienza non solo di carattere giudiziario, ma anche scientifico e amministrativo”.

Cosa è successo nelle settimane al centro dell’inchiesta di Bergamo

Cosa furono le settimane al centro dell’inchiesta, qual era il clima, quali dichiarazioni e considerazioni si facevano a livello pubblico sull’opportunità di limitare le attività economiche e sociali?

(di Andrea Monti)

L’Italia scopre di avere il COVID il 21 febbraio, coi primi casi accertati a partire da Codogno. Subito dopo arriva notizia di contagi in Veneto e vengono presi i primi provvedimenti, come la chiusura delle scuole in alcune regioni. Allarme quindi, ma anche vita che va avanti più o meno normalmente. Il 23 febbraio, quando il pronto soccorso di Alzano chiude e riapre in poche ore, a Venezia per esempio è una domenica di gente in strada per il carnevale, che sarà bloccato solo dal lunedì. Nei giorni successivi continuano a emergere infezioni e aumentano le vittime, ma anche le pressioni perché le attività proseguano, con una sensazione che tutto sommato la cosa possa essere contenuta senza grossi problemi. “Milano non si ferma”, “Bergamo non si ferma”, dicono gli slogan diffusi da gruppi di ristoratori e commercianti, ma anche dai sindaci delle due città. Il 27 febbraio il segretario Pd Zingaretti va a fare l’aperitivo sui Navigli in nome della lotta al panico e Salvini chiede di riaprire tutto il riapribile. Lo stesso giorno organizzazioni delle aziende e sindacati confederali firmano un comunicato comune che invita a “procedere a una rapida normalizzazione”. Particolarmente insistente in questo senso è Confindustria: “Il contagio economico può fare più danni di quello virale”, dice il presidente Boccia. Pochi giorni dopo la situazione precipita e diventa chiaro che il virus non sarà una questione passeggera, ma le spinte a non chiudere continuano. Sia il governo sia la regione Lombardia – che rispetto alla politica nel complesso, a imprese, sindacati, stampa e semplici cittadini hanno più informazioni sulla gravità di quello che sta succedendo – scelgono di provare a tenere una linea soft. Non durerà molto: il 9 marzo arriva il lockdown, ma nei giorni precedenti il covid circola e causa morti ed è su questo, sugli effetti delle difficili decisioni politico-sanitarie di quelle settimane, che si sono concentrate le indagini.

La visita di Sergio Mattarella a Crotone

(di Luigi Ambrosio)

Le parole che Mattarella ha pronunciato ai familiari dei migranti morti a Crotone sono un gesto di umanità nei loro confronti e un atto di accusa nei confronti del governo. “Gli afghani sono richiedenti asilo e la loro situazione è prioritaria” ha detto il Capo dello Stato.
La maggior parte delle persone che erano su quel barcone fuggiva dall’Afganistan. Il messaggio che era arrivato dal governo dopo la strage era stato agghiacciante: partendo, se la sono cercata. L’umanità e il senso delle istituzioni da una parte, la disumanità e il disprezzo per il ruolo che si ricopre, dall’altra.
Mattarella consolava i bambini portando giocattoli in ospedale, Meloni se ne stava in India in visita ufficiale e non diceva una parola su quanto accaduto. Mattarella sostava di fronte alle bare allineate al palasport, Meloni usava metafore di mare in tempesta e navi in difficoltà per parlare della crisi economica mondiale.
Quel cordoglio di fronte alle bare, quei giocattoli ai bambini, quelle parole ai familiari, sono un riscatto per lo Stato, di fronte alla disumanità di Piantedosi, ai silenzi e agli scaricabarile di tutti gli altri.

(di Luca Parena)
Mohamed ha perso la suocera e il cognato è ancora disperso. Aladdin non ha più la zia e tre cugini, il più piccolo di 5 anni per il momento non è stato ritrovato. Sono queste le persone, sempre più provate, esauste, che il presidente Sergio Mattarella ha incontrato questa mattina alla camera ardente nel palasport di Crotone. Un minuto, poco più, in piedi davanti ai feretri delle oltre 60 vittime (68 quelle accertate da oggi pomeriggio, con il recupero di un ragazzo di 20 anni, originario del Pakistan), poi Mattarella ha appunto avvicinato i parenti, arrivati qui dopo la strage di domenica. Il presidente ha stretto le loro mani, ha cercato di infondergli la vicinanza dello Stato italiano, soprattutto ha dato ascolto alle loro richieste: rendere più semplici i ricongiungimenti dei sopravvissuti con le loro famiglie, da anni immigrate in Europa, soprattutto in Germania ma anche nel nord Italia, e poi fare il possibile per favorire il rimpatrio delle salme nei loro Paesi. Un’operazione particolarmente complessa per le famiglie, in maggioranza afghane, che chiedono che i corpi delle persone care vengano riportati nel loro paese d’origine. Il presidente, nel lasciare Crotone, ha promesso che non le lascerà sole.
La visita silenziosa di Mattarella è stata accompagnata all’ingresso e all’uscita dalla camera ardente dalle parole della folla di crotonesi che si è radunata per l’arrivo del presidente. È risuonata chiara, ripetuta più volte, la richiesta di “giustizia”: senza gesti eclatanti, con compostezza, ma pronunciata a voce alta da chi è convinto che ci siano delle responsabilità per quel che non ha funzionato con i soccorsi, che la strage potesse essere evitata se la salvezza di quelle vite in mare fosse stato il primo pensiero.
La partecipazione di chi vive a Crotone continua a essere forte, lo testimoniano il passaggio senza sosta degli abitanti e la distesa di fiori e messaggi che si allarga davanti all’ingresso della camera ardente.

Il lungo silenzio del governo sulla tragedia di Cutro

(di Anna Bredice)

Di fronte alla potenza dell’immagine di Mattarella, solo davanti alle bare delle vittime del naufragio, risalta l’assenza del governo e soprattutto di Giorgia Meloni, che non va oltre la lettera inviata all’Unione Europea nel tentativo di allargare a tutta l’Europa la responsabilità della strage in mare. Ancora oggi, dopo tanti giorni, non ha detto una parola. Anzi, un po’ raggelante è stato leggere una dichiarazione, scritta sicuramente tempo fa e che ha letto in India, dove si trova in missione: in una conferenza dal titolo “trovare un faro nella tempesta”, ha parlato metaforicamente di navi in tempesta e di porti sicuri dove attraccare per salvare il pianeta dai problemi del clima e dell’economia. Sulla tragedia che sta scuotendo molte coscienze, Giorgia Meloni non ha detto nulla. Dopo l’India, nelle prossime ore andrà negli Emirati Arabi, ma non è prevista nessuna conferenza stampa. Tantomeno da Palazzo Chigi si ipotizza una visita a Crotone nei prossimi giorni, lei che il giorno dopo l’arresto di Messina Denaro andò a Palermo, oppure in Ucraina a visitare i luoghi simbolo della guerra.
Del governo è andato solo Piantedosi e sarebbe stato meglio che non ci fosse andato, viste le parole dure che trasmettevano un senso di indifferenza e distacco dalla tragedia. Ma nel governo il problema Piantedosi è ben presente, le voci subito smentite di un rimpasto mettendo al suo posto il fidato Lollobrigida danno l’idea di un caso Viminale. Toglierlo da quel ministero, però, vorrebbe dire sconfessare Salvini e la linea politica dell’intero governo sulla gestione dell’immigrazione. È un punto centrale del programma di Giorgia Meloni, la linea dura sugli sbarchi le ha fatto guadagnare voti, ma ora deve gestire il reale e le tragedie e una opposizione che per la prima volta è unita e compatta nel chiedere le dimissioni di Piantedosi, e magari dopo anche di Salvini.

La “cresta” delle imprese sull’inflazione

(di Massimo Alberti)

La “cresta” delle imprese sull’inflazione. Le aziende hanno alzato i prezzi ben al di sopra della crescita delle materie prime, aumentando i profitti mentre i consumatori pagano il conto. Lo dicono documenti riservati della BCE citati dalla Reuters. Il dato smentisce la base teorica della politica di aumento dei tassi della BCE, che però annuncia un nuovo rialzo e non commenta.
Intanto l’inflazione in Italia rallenta, ma cresce invece per i beni ad alto consumo.

La stima preliminare Istat conferma il rallentamento dell’inflazione in Italia: 9,2% rispetto al 10% di gennaio. Ma con un grosso problema: al netto dei beni energetici, il cosiddetto “carrello della spesa“, cioè i beni alimentari, per la cura della casa e della persona, addirittura aumenta, 13% contro il 12% di gennaio. Sono i beni ad alta frequenza di acquisto che più pesano sulle fasce di reddito più basse. [CONTINUA A LEGGERE]

Il G20 in India si conclude senza dichiarazione congiunta

Il summit del G20 di New Delhi si è concluso senza una dichiarazione comune sulla guerra in Ucraina. Il ministro degli esteri indiano, che presiedeva il meeting, ha detto che le divergenze tra i vari paesi hanno reso impossibile conciliare le varie parti. Anche la Cina, infatti, oltre ovviamente alla Russia, si è rifiutata di firmare il documento finale che chiedeva a Mosca di cessare le ostilità e il ritiro completo e incondizionato dal territorio dell’Ucraina.
A margine del meeting, il ministro degli esteri russo Lavrov ha incontrato l’omologo cinese Qin Gang e insieme hanno comunicato di respingere i tentativi occidentali di interferire negli affari interni di altri paesi e di “imporre approcci unilaterali attraverso il ricatto e le minacce”.
A sorpresa, però, Lavrov ha avuto anche un breve colloquio con il ministro degli esteri Usa Anthony Blinken. Il primo faccia a faccia tra i due dall’inizio della guerra.

Sul campo intanto mentre continua la battaglia per Bakhmut, che ormai è totalmente circondata dall’esercito russo e sembra essere prossima alla capitolazione, Mosca continua a denunciare attacchi alla sua sicurezza provenienti da Kiev. Dopo le incursioni con i droni dei giorni scorsi, oggi ha accusato l’ucraina di aver condotto un “attacco terroristico” nel territorio russo di Bryansk, parlando di due vittime e un bambino ferito. Secondo il consigliere presidenziale ucraino, Podolyak, si tratto solo di “una classica provocazione” di Mosca, atta a giustificare ulteriori azioni in Ucraina. Il vice ministro degli Esteri russo, ha dichiarato che azioni del genere non sarebbero stati possibili senza una seria assistenza da parte degli Stati Uniti.

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