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Ecco come l’astensionismo colpisce tutti e blocca il cambiamento

Se due su tre non vanno a votare il problema è gigante e il cambiamento è impossibile comunque. Ne è l’esempio il movimento nato per cambiare la politica, i 5Stelle, la cui enorme crescita alle regionali del 2018 in Lombardia si è sgonfiata: dal 18% al 5% in cinque anni, da 900mila a 90mila voti. E dire che Conte cercava di diventare il leader dell’opposizione a scapito del Pd. Allo stesso modo il Terzo Polo candidando Letizia Moratti voleva schiacciare il Pd, ma dimezza i voti in solo sei mesi. Quindi, opposizioni che si combattono non funzionano, si danneggiano. Ma anche le percentuali dei vincitori danno false illusioni, di quelle grandi. L’enorme crescita di Fratelli d’Italia, da meno del 4% alle scorse regionali al 25%, si è costruita nel passaggio dall’opposizione al governo e sembra ancora lanciata anche se perde 800mila voti tra politiche e regionali. Una voragine. La Lega in percentuale recupera ma negli ultimi anni ha perso due terzi dei voti, pari a un milione di elettori scomparsi, e rispetto alle politiche ne perde ancora 200mila, eppure suona le trombe come se avesse fatto uno dei suoi migliori risultati. L’astensionismo distorce la percezione e non ci permette di vedere quanto in crisi sia la politica tutta. Ma rimane che negli ultimi trent’anni il centrosinistra ha provato tutte le formule: moderate, centriste e riformiste, quella di Majorino sembrava addirittura a sinistra, ma nessuna è riuscita a diventare alternanza. Ci si può consolare con la vittoria nelle grandi città – Milano ovviamente dove Majorino è davvero in testa, oppure Brescia e Bergamo dove comunque ha vinto – ma sarebbe sbagliato. E allora, preso atto che l’astensione alla fine non ha cambiato le proporzioni del voto, da dove viene questo silenzioso disinteresse per il cambiamento o almeno per l’alternanza? Lo diranno meglio politologi e analisti, noi possiamo solo umilmente ricordare che nel programma di Majorino diviso in 22 macroaree con tanti slogan, provvedimenti, indicazioni per tutti, c’erano anche proposte concrete e comprensibili (trasporti gratis sotto i 25 anni, niente Irap per le start up innovative per i prossimi tre anni, assunzioni di personale…i primi esempi a memoria). Non sono state però al centro del dibattito. Non lo sono mai. E finché la politica parla di sé, delle proprie alleanze, dei propri equilibri, di lotte “tra” piuttosto che di problemi “di” non sembra utile.

Foto | Ansa

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    Claudio Jampaglia
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    Società Civile per il No. È nato il comitato, promosso da vari esponenti della società civile, da sindacati, associazioni e realtà democratiche, che sostiene le ragioni del No al referendum costituzionale sulla riforma della Giustizia del Guardasigilli Carlo Nordio. Presieduto da Giovanni Bachelet, il comitato ha nel direttivo nomi importanti come il segretario della Cgil Maurizio Landini, la presidente di Libertà e Giustizia Daniela Padoan e l’ex ministra Rosy Bindi. I principali punti del comitato vertono sul fatto che una magistratura autonoma, indipendente, che non guarda in faccia a nessuno sia una cosa che conviene ai cittadini. Il prossimo 10 gennaio a Roma si terrà la prima assemblea generale, per la partenza della campagna referendaria, che vedrà la nascita di comitati territoriali in tutta Italia per lanciare una campagna informativa sulle ragioni del No. “Riteniamo che sia una battaglia per evitare che venga minato un principio fondamentale della nostra democrazia”, ha detto Rosy Bindi, che fa parte del direttivo del comitato, nella nostra trasmissione Radio Sveglia. L'intervista di Alessandro Braga.

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