La nave di Penelope

Scuola, Finlandia e la presunzione dei genitori

Sul caso della madre finlandese che ha ritirato i figli da scuola in Sicilia ritenendo il nostro sistema inadeguato si è letto di tutto. Il dibattito spesso non ha superato il livello discussione da bar. Si è tradotto in una guerra tra chi si è schierato contro la mamma scandinava sostenendo che il nostro sia il migliore dei sistemi scolastici possibili e che il loro non possa reggere il confronto e chi, invece, le ha dato ragione. Il discorso è, come sempre, molto più complesso. Ci sono punti di forza e di debolezza in entrambi i sistemi scolastici.

Di certo non si può negare l’altissima qualità del sistema del paese scandinavo: secondo gli ultimi dati Pisa – l’indice dell’Ocse che esamina la misura in cui gli studenti hanno acquisito alcune delle conoscenze e delle competenze essenziali per una piena partecipazione alle società moderne -, aggiornati al 2018, la Finlandia si classifica seconda in Europa, dopo l’Estonia. L’Italia è decine di posizioni più in basso.

Del resto l’investimento pubblico della Finlandia sull’istruzione è molto alto e questo porta ad avere anche strumenti che permettono una maggiore innovazione. Uno dei loro punti di forza è senz’altro la valorizzazione dei talenti individuali, tema su cui da noi c’è ancora molto da lavorare.

Ma ai tanti detrattori della scuola italiana, vorrei ricordare che, al di là di un sistema senz’altro migliorabile, non tutte le scuole sono uguali. Ognuna, nella sua autonomia può valutare di applicare diversi metodi didattici. E ci sono scuole all’avanguardia anche qui. Alcuni istituti, tra l’altro, vantano sperimentazioni molto apprezzate e che le portano ad essere considerate d’eccellenza (come quelle che applicano il metodo Pizzigoni o il Montessori).

C’è da dire anche che, nonostante le poche risorse, in molti casi, anche negli istituti più tradizionali, si può contare sul lavoro di ottimi professionisti che si impegnano a portare ampie ventate di novità con i pochi mezzi a disposizione e scuole che portano avanti progetti avvenieristici partecipando a bandi europei per colmare il vuoto di investimenti statali. Come quegli istituti tecnici di periferia che, ben prima del Covid e della Dad, e senza aiuti dal ministero, sono riuscite a ottenere fondi da Bruxelles per cablare l’istituto e dotarsi di device digitali di ultima generazione. O istituti comprensivi (quindi scuole elementari e medie) che sono riusciti ad attrezzare laboratori di robotica per i più piccoli.

Di sicuro, la mamma finlandese ha fatto una scelta leggera nello spostare la famiglia in un altro luogo d’Europa per poi iscrivere i figli in scuole a caso, che non soddisfano le sue aspettative, all’interno di un sistema scolastico che disapprova. Gli strumenti per informarsi sui progetti e su quale siano le caratteristiche delle scuole non mancano: gruppi social di mamme, open day, sito dell’istituto ecc. E almeno una ricerca online per capire come è strutturata in generale la scuola italiana forse si poteva fare. Spero che almeno sulla Spagna, dove ha annunciato che porterà la sua famiglia, si sia preparata.

A un’usanza comune nel nostro paese però si può dire che si è adeguata in fretta: alla presunzione di certi genitori di dover dire la loro sui metodi didattici (addirittura passando dai media e dopo un’esperienza di soli due mesi), denigrando e minando l’autorità degli insegnanti e sminuendo la loro professionalità.

  • Claudia Zanella

    Sono nata a Milano nel 1987. Ma è più il tempo che ho passato in viaggio, che all’ombra della Madonnina. Sono laureata in Filosofia e ho sempre una citazione di Nietzsche nel taschino. Mi piacciono tante cose ma, se devo scegliere tra le mie passioni quali sono quelle che più parlano di me, direi: la Spagna, il rock e il giornalismo. Dopo averci vissuto, Madrid è la mia città d’elezione; il rock scandisce il mio ritmo di vita e venero le mie chitarre come oggetti magici; infine, fare la giornalista soddisfa il mio impulso alla Jessica Fletcher di voler sempre vedere chiaro e poi raccontare. Ho lavorato per cinque anni per La Repubblica, come cronista e responsabile del settore “Educazione e scuola” a Milano. Cofondatrice del progetto di storytelling su Milano ai tempi del coronavirus: “Orange is the new Milano”. Sono approdata a Radio Popolare nel 2019, occupandomi di un po’ di tutto, ma mantenendo sempre un occhio vigile sul mondo della scuola.

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