Approfondimenti

La vittoria di Meloni, i guai di Letta e Salvini e le altre notizie della giornata

Il racconto della giornata di lunedì 26 settembre 2022 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. La valanga elettorale travolge il segretario del Pd Enrico Letta e il leader della Lega Matteo Salvini. Letta ha già detto che non si ricandiderà alla guida del partito, il capo della Lega invece resiste. Anche se per domani è già convocato il consiglio federale e la resa dei conti pare vicina. Giorgia Meloni, leader dei Fratelli d’Italia, resta in silenzio, ma parlano i suoi ed elencano le priorità, tra cui abolire il reddito di cittadinanza e tutelare i bambini dall’educazione sessuale forzata. Renato Schifani, Forza Italia, è in testa alle elezioni regionali in Sicilia. Il Cremlino ammette di aver fatto un errore chiamando i riservisti per combattere in Ucraina e annuncia che per ora le frontiere della Russia non saranno chiuse.

Circolano i primi nomi per il nuovo governo di Fratelli d’Italia

(di Luigi Ambrosio)

Il totonomi è come i sondaggi. Non ci azzecca mai. Ma indica una tendenza. Oggi Fratelli d’Italia lascia che circolino alcuni nomi che dicono cose al di là del loro stesso nome. Agli Esteri e all’Economia innanzitutto. Sono le due caselle che per il Quirinale rappresentano la linea rossa da non superare, fin dal 2018, ai tempi del governo gialloverde. Mattarella intende usare lo stesso metodo: non toccate gli Esteri e l’Economia, non uscite dai binari nei rapporti internazionali e nelle regole di bilancio.
Allora per gli Esteri al nome di Giulio Terzi di Santagata, che circola da un po’, si affianca quello di Tajani, dopo il buon risultato di Forza Italia. Il primo fu già agli Esteri con il governo Monti. Il secondo è stato presidente del Parlamento Europeo. Per l’economia si fa il nome di Fabio Panetta, già Direttore generale della Banca d’Italia. Lo avrebbe consigliato direttamente Draghi a Meloni. In alternativa, Meloni potrebbe chiedere un impegno a Giancarlo Giorgetti della Lega. Un draghiano più draghiano di Draghi. Certo, sarebbe uno schiaffo in faccia a Salvini e probabilmente a Meloni ora non conviene umiliarlo così. Ma il messaggio è: lavoreremo in continuità.
E per il Capo dello Stato sarebbe difficile accettare un Salvini di nuovo agli Interni. E allora, altri due nomi presentabili: Carlo Nordio e Giulia Bongiorno. Immaginati in alternativa intercambiabile agli Interni e alla Giustizia. Fratelli d’Italia, il giorno dopo la vittoria storica, manda questi segnali al Quirinale, a Bruxelles e a Washington. Basterà? No di certo. Aspetteranno tutti, a partire da Mattarella, di ascoltare i nomi veri.

La resa dei conti per Matteo Salvini

(di Alessandro Braga)

E ora, si apra il processo. Sul banco degli imputati, un solo accusato. Matteo Salvini. Reo di aver ottenuto un risultato disastroso alle elezioni. La causa? Aver abbandonato le ragioni del Nord. Non lo dice apertamente Luca Zaia, ma è chiaro che intenda quello quando dice che “il risultato è stato deludente e che ora bisogna fare una seria analisi sulle cause”. Altri sono molto più espliciti di lui, in particolare i veneti. Gianantonio Da Re, ex segretario veneto, ne chiede addirittura le dimissioni. Roberto Marcato, assessore regionale già al centro di uno scontro col segretario federale, parla di tracollo, e chiede alla svelta la convocazione dei congressi regionali. Oggi pomeriggio c’è stata una riunione dei presidenti di regione leghisti, in vista del consiglio federale convocato per domani. Dai territori arriverà la richiesta di una maggior condivisione delle scelte. Salvini in conferenza stampa, stamattina, ha ammesso che serve un cambio nella gestione del partito, ma ha provato ad addossare la colpa della disfatta all’appoggio al governo Draghi, in pratica scaricando le responsabilità sull’ala governista, impersonificata da Giancarlo Giorgetti. Come che sia, il leader leghista sta affrontando il periodo più difficile della sua carriera politica. A rischio c’è il suo futuro. E stavolta non basta la vittoria della coalizione a nascondere la sconfitta leghista.

Il segretario del Pd resta, ma non si ricandida

(di Anna Bredice)

Enrico Letta rimane come traghettatore verso il congresso, non sarà della partita, tra qualche mese lascerà la guida del Pd, ma il giorno dopo il risultato che inchioda il partito sotto il 20 per cento il congresso nei fatti è già iniziato e vede anche un certo affollamento di candidati, molti nell’area a sinistra, come se quella mancata alleanza con i cinque stelle oggi, ma solo oggi, diventasse un atto di accusa pesante nei confronti di Enrico Letta. Questa mattina il segretario del Pd ha annunciato che non si ricandida, ha assicurato che in Parlamento il Pd farà una opposizione dura e intransigente e terzo messaggio, la colpa di tutto è stata dei cinque stelle. Il campo largo, a cui Letta stava lavorando e che includeva proprio Conte, è svanito, secondo il leader del Pd, per la precipitazione della crisi causata dai Cinque Stelle. E’ mancata oggi da parte di Enrico Letta un’ammissione di responsabilità nel risultato di ieri, tanto che Orfini con ironia ha commentato: “Abbiamo perso perché la linea di questi anni era giusta”. Se Letta ha indicato in Conte il responsabile della vittoria della destra, nello stesso tempo però ammette che c’è bisogno di unire le opposizioni da adesso in poi e non che ognuno vada per conto proprio. E’ un nuovo progetto di campo largo, aperto anche ai cinque stelle, ma il pallino ora sembra averlo di più Conte che Letta, oltre al fatto che sarà un altro segretario a farlo. I candidati sono tanti e alcuni già si fanno avanti, il sindaco di Pesaro, Matteo Ricci, incoraggiato da chi inaugurando un nuovo termine parla di “sinistra di prossimità”, fuori dai palazzi e più vicina ai cittadini. E poi c’è Bonaccini, vicino ad area riformista, ma anche Nardella, e poi a sinistra Decaro oppure l’outsider Elly Schlein. Un congresso nei fatti che comincia subito, ma Letta rimane fino ad allora e in un Pd che torna ad essere un territorio di sospetti e accuse, qualcuno dice che resta per decidere almeno chi saranno i capigruppo in Parlamento.

Si è dimesso il leader del partito ecologista francese Julien Bayou

(di Luisa Nannipieri)

Qualcosa sta decisamente cambiando nel modo in cui la sinistra francese
affronta la questione delle molestie sessiste e sessuali e le accuse di violenza sulle donne all’interno dei partiti. Dopo il caso Quatennens della France Insoumise, che ha provocato reazioni forti ed inedite all’interno del movimento e dei suoi simpatizzanti, questa settimana sono i Verdi a fare notizia. CONTINUA A LEGGERE

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    Rio de Janeiro. La polizia sotto accusa dopo i blitz antidroga nelle favelas

    Sono oltre 130 le persone uccise a Rio de Janeiro, in Brasile, nell’operazione di polizia più violenta nella storia recente del paese. Molti dei cadaveri vengono recuperati in queste ore nelle foreste che si trovano dietro le favelas in cui è avvenuto il blitz della polizia. Ieri oltre 2.500 agenti hanno preso d’assalto le favelas dei complessi di Alemao e Penha trasformando Rio de Janeiro in una vera e propria zona di guerra. Obiettivo i narcotrafficanti del “Comando Vermelho”, uno dei più potenti del paese. Secondo diverse testimonianze alcuni corpi presentano segni di colpi d’arma da fuoco alla nuca.  Claudio Castro, governatore di destra dello Stato di Rio, ha rivendicato la bontà dell’operazione affermando che sospetti criminali sono stati “neutralizzati”. Il nostro collaboratore dal Brasile Luigi Spera.

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    James Senese, sassofonista e anima dei Napoli Centrale, è morto oggi all'età di 80 anni: con la sua musica ha portato la cultura musicale napoletana a incontrarsi e incrociarsi con il soul, il jazz e il funk, aprendo la strada a molti altri musicisti che sono stati ispirati dal suo lavoro. Tra questi, anche il sassofonista e compositore Daniele Sepe, che ai nostri microfoni ha raccontato il lavoro di Senese. L'intervista di Niccolò Vecchia.

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    14mila licenziamenti annunciati da Amazon per i colletti bianchi nelle sedi amministrative e gestionali e altrettanti in previsione a breve. Le piattaforme spremono da sempre il lavoro con la tecnologia. Ma secondo Dario Guarascio, docente di politica economica alla Università la Sapienza di Roma, nella corsa agli investimenti di intelligenza artificiale, dimostrano la loro fondamentale natura antidemocratica: “Quando una impresa acquisisce un potere economico come quello di Amazon è ovviamente un vettore diretto di diseguaglianze”. L'intervista di Cinzia Poli e Claudio Jampaglia.

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