Approfondimenti

Ai confini tra Sardegna e jazz

Figure storiche del jazz d’avanguardia e dell’improvvisazione, nomi che sono una garanzia, ma più che in anni precedenti anche giovani e proposte nuove in questa trentunesima edizione di Ai Confini tra Sardegna e Jazz (conclusasi sabato sera), che hanno costretto anche gli addetti ai lavori a fare qualche ricerca in rete per capire con chi si sarebbe avuto a che fare.

Cominciamo proprio dai più giovani: i ragazzi norvegesi – deliziati di essere per la prima volta in Sardegna, e se non abbiamo capito male anche in Italia – del Megalodon Collective Big Band, formazione di organico non standard, con tre sax, contrabbasso, chitarra e due batterie. Quel “Collective” è un’indicazione non buttata a caso, e anche quel “Big Band” per una formazione di sette elementi non è solo spiritoso ma ci dice anche qualcosa: nel loro approccio si sente uno spirito e una logica di gruppo, le uscite solistiche stanno dentro degli arrangiamenti precisi, in brani che cercano una fisionomia non convenzionale, la dimensione è quella di una piccola orchestra. Nella musica ci sono tante cose: ci sono per esempio atmosfere un po’ mingusiane, c’è la marcetta di sapore popolare, per certi versi si può supporre una benefica influenza della “scuola” dell’improvvisazione olandese, con la sua lezione di anticonformismo e di humour, e non manca Zappa, a cui l’edizione di quest’anno del festival è dedicata. Suonano con entusiasmo, sono freschi e non legati a schemi, e hanno il tempo per maturare. C’è da augurarsi che altre rassegne della penisola diano loro l’occasione di mettersi alla prova e farsi ascoltare.

Ben diciassette gli elementi della berlinese Andromeda Mega Express Orchestra, compagine di organico inusuale: sax, trombe, flauti, fagotto, piano/tastiere, vibrafono, arpa, chitarra, contrabbasso, batteria, e anche un quartetto d’archi. Toccano il jazz solo qua e là, e il loro obiettivo appare quella di creare una musica carina, lovely, la cui leggiadria è attraversata da una vena umoristica, ma, in un gioco di intrattenimento intelligente, con un lavoro musicale tutt’altro che superficiale, al contrario consistente e una tessitura anche piuttosto complessa. Il loro desiderio di essere divertenti ha paradossalmente il suo limite nella mancanza di un filino di comunicativa in più: c’è un eccesso di costruzione, con una certa rigidità del risultato. Dovrebbero lasciarsi andare un po’, e quando lo fanno, come in un passaggio jazzistico con un bell’assolo di tromba e intorno vibrafono, contrabbasso e batteria, la musica prende subito tutto un altro respiro. Ma comunque una proposta con una sua originalità e simpatia.

Pure tedesco il Sereenus Zeitbloom Oktett, con tromba, violoncello, viola, due chitarre elettriche, basso, batteria e percussioni, e ospite il sax tenore di Ingrid Laubrock. La musica si muove tra composizione e improvvisazione, con la seconda comunque interna a situazioni studiate, e molto fini, con ruoli precisi delle singole voci in una orchestrazione estremamente attenta, ben distinte in una musica mai satura. C’è una parentela con un camerismo contemporaneo di matrice accademica, ma qui la apprezzabile qualità della “scrittura” è data non solo – come sarebbe nella musica classica contemporanea – dalle note messe sullo spartito, ma anche dagli elementi di scrittura estemporanea introdotti dai musicisti.

Una sorta di camerismo con un gusto da musica classica contemporanea ma con il segno dell’esperienza dell’improvvisazione, in particolare negli interventi di Nate Wooley alla tromba e della Laubrock al tenore, si può riconoscere nella musica austera, riflessiva, rarefatta, abbondantemente scritta e calibratissima, del quartetto Battle Pieces guidato da Wooley e completato da Sylvie Courvoisier al piano e da Matt Moran al vibrafono. Molto notevole, originale, non convenzionale la Laubrock, che come Wooley è uno dei nomi della scena contemporanea da seguire con maggiore attenzione, ed estrema la cura del dettaglio, con l’espressione dei fiati che in alcuni momenti si riduce a soffio, mostrando come con minuzie si possa creare grande musica. Uno dei concerti più belli del festival.

Battle Pieces si è trovato a dividere una serata con In Order to Survive di William Parker, in un confronto ravvicinato fra due estetiche che non potrebbero essere più diverse ed entrambe esaltanti. Intorno a Parker Lee Rozie al sax tenore, Rob Brown al sax alto, Steve Swell al trombone, Cooper Moore al piano, e Hamid Drake alla batteria, che il contrabbassista ha guidato in un unico flusso senza soluzione di continuità di free spumeggiante, anche concitato ma sempre estremamente comunicativo, irrorato di assoli dei fiati e del piano. Tutti sanno che combinazione ritmica formidabile sono William Parker e Hamid Drake, che è ogni volta una soddisfazione ritrovare assieme; fascinosa la base densa e scura assicurata dal contrabbasso di Parker (Parker e Drake sono poi apparsi insieme anche in trio con il sassofonista Peter Brötzmann: ma di questo e altri concerti degli ultimi giorni, come anche dell’iniziativa del festival di invitare e ospitare dei giovani africani sbarcati in Sardegna nei mesi scorsi, che vivono nel Centro di accoglienza straordinario di Narcao diremo in una successiva corrispondenza).

Brillantissimo con In Order to Survive, Cooper Moore si è esibito anche in solo. Anni fa Cooper Moore operò e teorizzò la scelta radicale di abbandonare il pianoforte a favore di strumenti autocostruiti, con cui si esibì anche a Sant’Anna Arresi, e con cui speriamo di avere l’occasione di riascoltarlo, perché ci sa molto fare anche con quelli. Ma intanto non ci si può che compiacere che Cooper Moore abbia rivisto la sua posizione, trattandosi di un pianista eccellente: che suoni free alla Taylor o alla Don Pullen, jazz meno ardito o che si avvicini ad un pianismo contemporaneo di matrice accademica, tutte cose che ha fatto nel suo solo, Cooper Moore mostra una fantastica padronanza della tastiera, una esuberante e disinvolta proprietà di linguaggi diversi, un controllo, un tocco, una nitidezza impressionanti. Tanto bravo che c’era un po’ da rammaricarsi che nel suo solo non si fosse concentrato esclusivamente sul pianoforte, preferendo invece prodursi in qualche momento anche come cantante, senza accompagnarsi al piano, e diluire il set con qualche spiritosaggine, in maniera peraltro molto godibile. “Sono in Italia e quindi devo cantare una canzone d’amore”, ha scherzato Cooper Moore prima di interpretare una sua canzone imperniata su questo concetto: “l’amore di una donna per una donna è meraviglioso, l’amore di una donna per un uomo, anche questo è meraviglioso; l’amore di un uomo per un uomo è meraviglioso, l’amore di un uomo per una donna, anche questo è meraviglioso”.

  • Autore articolo
    Marcello Lorrai
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    Il 15 marzo del 2021, due mesi dopo la morte di Simone, la procura di Busto Arsizio chiude l'indagine e chiede al tribunale di archiviare il caso: per i magistrati è stato un suicidio provocato dal down della cocaina. Leggendo gli atti della richiesta dei pm, i legali della famiglia scoprono però cose che non li convincono. "Simone" è un podcast scritto, prodotto e finanziato da Stefano Vergine. È disponibile gratuitamente anche sulle principali piattaforme audio e su YouTube. Per segnalazioni: https://www.instagram.com/stefano.vergine/

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    Il pomeriggio del 3 gennaio del 2021 il corpo di un ragazzo di 28 anni viene trovato senza vita all'interno di una fabbrica in provincia di Varese. Impiccato con la sua stessa cintura a un macchinario usato per riciclare vetro. La notte prima era stato rincorso per tre ore da 14 carabinieri tra le province di Milano, Como, Varese e Monza. Il ragazzo si chiama Simone Mattarelli. "Simone" è un podcast scritto, prodotto e finanziato da Stefano Vergine. È disponibile gratuitamente anche sulle principali piattaforme audio e su YouTube. Per segnalazioni: https://www.instagram.com/stefano.vergine/

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    DOC – Tratti da una storia vera - 02-11-2025

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    A cura di Elena Mordiglia. Nella città frenetica, in quello che non sempre sembra un paese delle meraviglie, ci sono persone da raccontare e da ascoltare. Quale lavoro fanno? Come arrivano alla fine del mese? Quale rapporto hanno con la città in cui vivono? Ma parleremo anche di cosa le appassiona ed entuasisma. Registratore alla mano e scarpe buone, queste storie ve le racconteremo.

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    Che cos’hanno in comune gli Area e i cartoni giapponesi? Quali sono i vinili più rari al mondo? Giunta alla stagione numero 17, Bollicine ogni settimana racconta la musica attraverso le sue storie e le voci dei suoi protagonisti: in ogni puntata un filo rosso a cui sono legate una decina di canzoni, con un occhio di riguardo per la musica italiana. Come sempre, tutte le playlist si trovano sul celeberrimo Bolliblog.com. A cura di Francesco Tragni e Marco Carini

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    Italia-Libia: altri tre anni di diritti umani violati

    Oggi si rinnova automaticamente il memorandum tra Italia e Libia sulla cooperazione nel campo dello sviluppo, del contrasto all'immigrazione illegale e sul rafforzamento della sicurezza delle frontiere. In pratica l'accordo tra i due Paesi per evitare che arrivino in Italia migranti dall'Africa, anche se così non è. La Libia è uno dei Paesi dove più di altri viene negato il rispetto dei diritti umani, con i migranti torturati e richiusi in lager. Il tacito prolungamento dell'accordo è previsto dall'articolo 8 del memorandum che dice che l'accordo non può essere disdetto se non viene dato un preavviso scritto di almeno tre mesi. Oggi sarebbe stato l'ultimo giorno utile e così dal 2 febbario 2026 continuerà a essere in vigore per i prossimi tre anni. Nel silenzio del governo e nello sdegno delle associazioni umanitarie, uniche a denunciare la vergogna di un accordo che convalida pratiche inumane nei confronti dei migranti. Ascolta l'intervista di Alessandro Braga a Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia.

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