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Gli appelli per lo stato d’emergenza per la siccità, gli Stati UE corrono ai ripari dopo i tagli al gas russo e le altre notizie della giornata

allerta siccità ANSA

Il racconto della giornata di domenica 19 giugno 2022 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Ormai lo stato d’emergenza per la siccità e la crisi idrica è sul tavolo del governo e della conferenza Stato-Regioni. Lo chiedono le Regioni del Nord al centro della crisi da mesi: Piemonte in allerta rossa, Lombardia e Veneto. Olanda, Danimarca e Ungheria rischiano di ostacolare il percorso di ingresso dell’Ucraina nell’UE, mentre il segretario generale della NATO Stoltenberg si dice convinto che la guerra in Ucraina potrebbe durare anni. La guerra del gas tra Europa e Russia si fa ogni giorno più problematica. Dopo i tagli della scorsa settimana gli Stati corrono ai ripari: la Germania tornerà, per cosi dire, al carbone, aumentando la produzione da queste centrali, e anche l’Italia punta più al fossile tra trivelle e centrali a carbone. Alle 14 sono scaduti i termini per gli apparentamenti e il caso di Lucca è diventato un caso nazionale, col candidato del centrodestra Mario Pardini che si è apparentato col candidato di estrema destra Fabio Barsanti. Infine, l’andamento della pandemia di COVID-19 in Italia.

Lo stato d’emergenza per la siccità è sul tavolo del governo

(di Claudio Jampaglia)

Stato di emergenza. Lo vogliono tutti, presidenti di Regione e ministri. Allevatori che si lamentano perché le mucche danno il 10% del latte, agricoltori che devono irrigare. Nelle montagna della Valtellina il serbatoio idroelettrico della Lombardia fiumi e invasi dovrebbero registrare a giugno il massimo annuale e invece siamo a meno della metà della portata dell’anno scorso. A Lecco il lago si è ritirato in due settimane di 70 centimetri. Per il bacino padano da mesi si lamenta la mancanza di copertura nevosa invernale, poi di pioggia e ora la siccità. Tre giorni fa il presidente della Lombardia Fontana, nel classico autogol comunicativo a cui ci ha abituati, diceva: sono preoccupato da mesi. Ma nulla è stato fatto. Due giorni fa ha chiesto lo stato d’emergenza per avere qualche soldo del governo in più da gestire, mentre l’assessorato all’agricoltura ordinava l’aumento della disponibilità d’acqua. Eppure con più di 2 miliardi e mezzo di metri cubi di capacità di stoccaggio la Lombardia è una delle regioni con più disponibilità d’acqua d’Europa. E allora come facciamo a essere già in questa crisi a giugno? È una scelta politica non è il clima. Dall’ultima grande siccità del 2003 non abbiamo investito o cambiato. L’agricoltura padana si regge sempre sul binomio più intensivo e idrovoro: riso e mais. Ovviamente al servizio della zootecnia. Insipienza e negazione della realtà si vedono anche per l’energia come testimonia l’assessore allo sviluppo lombardo Guido Guidesi, sempre lega, quando paventa “Il rischio di un autunno con le vetrine spente e il riscaldamento razionato. Soluzione? Ripensare il nucleare”. Come se potesse realizzarsi entro ottobre. Sono gli stessi politici che vent’anni fa invece di investire in rinnovabili hanno preferito Putin e il gas russo. Quelli per cui la pianura padana ha lo smog per colpa della geografia. E che irridono le giovani generazioni che chiedono un cambiamento. Crisi climatica e crisi politica sono ormai la stessa cosa, un mondo vecchio e miope deve essere superato, perché blocca la transizione anche economica. Prima possibile.
 

Olanda, Danimarca e Ungheria potrebbero far saltare la candidatura dell’Ucraina all’UE

Martedì Draghi riferirà in parlamento sul Consiglio Europeo del 23-24 giugno, che dovrà valutare lo status di candidata all’ingresso dell’UE dell’Ucraina, dopo il sì della Commissione. Un esito tutt’altro che scontato visto che diversi stati – Olanda, Danimarca e per ragioni diverse Ungheria, non sono favorevoli e basta un veto per far saltare la candidatura. “E se anche l’UE sparisse per allora?”: l’ennesima provocazione dell’ex premier ed ex presidente russo Medvedev. Al rientro dalla visita a sorpresa a Mykolaiv e Odessa, il presidente ucraino Zelensky ha detto che il sud del paese non sarà ceduto a nessuno, il che fa pensare invece ad una possibile trattativa sull’est, il Donbass, dove continua lenta ma costante l’avanzata russa. Per il segretario generale della NATO Stoltenberg, la guerra in Ucraina potrebbe durare anni.

Gli Stati UE corrono ai ripari dopo i tagli al gas russo

(di Massimo Alberti)

La guerra del gas tra Europa e Russia si fa ogni giorno più problematica. Dopo i tagli della scorsa settimana gli Stati corrono ai ripari. La Germania tornerà, per cosi dire, al carbone, aumentando la produzione da queste centrali, per colmare i tagli di forniture del 40% di Gazprom. È un tema politico forte, perché l’abbandono del fossile è stato punto centrale dei Verdi e dell’alleanza con liberali e socialdemocratici, ora costretti a rallentare, per la reazione russa alle sanzioni, che ri-alimenta anche pulsioni nucleariste, altro terreno che era in via di abbandono. Sarà anche introdotto un sistema di aste di forniture destinate all’industria, nella speranza di ridurne i consumi. Berlino parla di situazione grave, con le riserve al 56% e la necessità di arrivare all’80% entro ottobre. Più fossile, tra trivelle e centrali a carbone è il piano già noto dell’Italia. Mercoledì il ministro Cingolani vedrà i vertici di Eni ed Enel. Se restano i tagli di Mosca, martedì il comitato di emergenza potrebbe passare da preallarme ad allarme: implica maggior controllo sui flussi e la richiesta alle imprese di ridurre i consumi. Non è ancora lo stato di emergenza, che porterebbe anche al razionamento, lo spettro che resta sullo sfondo. Obbiettivo italiano è riempire gli stoccaggi al 90% entro metà novembre. Servono 17 miliardi di metri cubi di gas. Ne mancano circa metà, da ricavare appunto tramite trivelle, fossile e continuando a sostituire la Russia con altri fornitori, sempre dall’opaca gestione dei diritti umani, ultimo l’accordo sul gas naturale liquido col Qatar annunciato da Eni, che non darà però effetti immediati. E tutto questo non è detto che basti per uscire dal guaio in cui si è cacciata l’Europa, dove resta il problema dell’aumento generalizzato dei prezzi, con le sue conseguenze.

Tempo scaduto per gli apparentamenti: il caso di Lucca con l’estrema destra

Alle 14 sono scaduti i termini per gli apparentamenti. Non c’è stato quello tra le destre di Sboarina e Tosi a Verona, che fa sperare il candidato del centrosinistra Damiano Tommasi. Sempre a destra un apparentamento di queste ore è diventato un caso nazionale. A Lucca al primo turno Francesco Raspini del centrosinistra ha raccolto il 42,7%. Mario Pardini del centrodestra il 34,3%. Quest’ultimo si è apparentato con Fabio Barsanti al 9,5%, candidato di estrema destra, tra cui i neofascisti di Casapound. In seguito a questa scelta il parlamentare di Forza Italia Elio Vito stamattina ha annunciato la sua uscita dal partito e le dimissioni da parlamentare.

La Colombia al voto tra tensioni e paura di brogli

Urne aperte in Colombia per le presidenziali, dove si sfidano all’ultimo voto e tra tensioni e paure il candidato della sinistra unita, in vantaggio al primo turno Gustavo Petro, ex guerrigliero e sindaco della capitale Bogotà, e l’imprenditore soprannominato, il Trump del Caribe, Rodolfo Herandez che ha battuto al primo turno la tradizionale destra dei partiti. L’attesa dei risultati raccontata da Paolo Vignolo, docente di storia contemporanea all’università nazionale di Colombia:


 

Negli USA un negozio Apple aderisce per la prima volta al sindacato

È considerata una delle aziende più innovative al mondo, attenta ai diritti ed alla sostenibilità. Eppure per i suoi lavoratori un diritto fondamentale come la rappresentanza sindacale era off limits. Negli Stati Uniti, per la prima volta nella storia, un negozio Apple ha aderito al sindacato. È successo vicino a Baltimora, in Maryland: 65 dipendenti hanno votato a favore e 33 contro. L’azienda fondata da Steve Jobs non ha voluto commentare. Per Apple è ancora una goccia nel mare, ma è l’ennesimo segnale di una tendenza ad una nuova sindacalizzazione negli USA – dove solo l’11% dei lavoratori è iscritto ad un sindacato – che di recente ha coinvolto Amazon, Starbucks, o il colosso dei videogiochi Ravem Software. Sarah Jaffe è un’attivista e giornalista statunitense che si occupa di lavoro. “Il lavoro non ti ama” è il suo ultimo libro. Ospite a Radio Popolare ha raccontato le ragioni di questa nuova sindacalizzazione, che riguarda soprattutto giovani lavoratori:


 

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

Continua la risalita della curva dei contagi. Sono 30.526 i nuovi casi in Italia nelle ultime 24 ore, il 66% in più di 7 giorni fa. Positivo quasi un tampone su 5, il 19,1%. 18 i morti rispetto ai 12 di domenica scorsa. Salgono di 6 i ricoverati in terapia intensiva, 67 in più quelli ricoverati nei reparti ordinari.

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    La nave solidale colpita da droni prima della partenza per Gaza

    Il 2 marzo il governo israeliano ordinava il blocco totale dell’ingresso di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. Oggi, esattamente due mesi dopo, il blocco è ancora in essere e da due mesi nella Striscia non entra niente: né cibo, né acqua, né medicinali, né carburante. La situazione peggiora giorno dopo giorno, le scorte sono ormai esaurite e la fame sta dilagando. In questo contesto di blocco totale, il più lungo che Gaza abbia mai sperimentato, dove morire di fame non è più solo un modo di dire, le ong e le organizzazioni umanitarie cercano di sopperire alle colpevoli mancanze dei governi. È in quest’ottica che la nave della Freedom Flotilla Coalition, si stava preparando a partire per Gaza carica di aiuti umanitari, con l’obiettivo di rompere l’assedio. Questa notte, però, la nave è stata colpita da due droni, che hanno fatto scoppiare un incendio e ne hanno ovviamente impedito la partenza. Abbiamo raggiunto a Malta Simone Zambrin, attivista di Freedom Flotilla, che si sarebbe dovuto imbarcare oggi per andare verso Gaza.

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    Il Comitato Sì Meazza presenta un esposto alla Corte dei conti contro il nuovo stadio

    Non è arrivata nessuna proposta alternativa. Quella presentata da Inter e Milan è rimasta l’unica offerta per l’acquisto dello stadio di San Siro e delle aree vicine al “Meazza”. Il Comune di Milano lo ha comunicato, alla mezzanotte del 30 aprile, alla scadenza dell’avviso pubblico per la raccolta di manifestazioni d’interesse. Un esito prevedibile, dal momento che la finestra è rimasta aperta per poche settimane. Ora proseguiranno i lavori della Conferenza dei servizi, già iniziati quando potevano arrivare anche altre proposte. Il fronte di chi si oppone ai piani dei due club e a come la giunta comunale sta gestendo la vicenda tenta ancora di interrompere il percorso avviato. Oggi il comitato Sì Meazza, dopo aver già fatto un esposto alla Procura, ha inviato alla Corte dei conti una segnalazione perché indaghi per danno erariale, chiamando in causa il Comune. Luigi Corbani del comitato Sì Meazza spiega perché ha depositato questa segnalazione.

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    1) Gaza senza cibo da due mesi. Il blocco israeliano agli aiuti continua indisturbato mentre la fame dilaga tra la popolazione. Nella notte colpita con droni la nave della Freedom Flotilla, che voleva portare aiuti nella striscia. (Sami Abu Omar, Simone Zambrin - Freedom Flotilla) 2) Guerra in Ucraina. Secondo le Nazioni Unite la situazione lungo il fronte è peggiorata da quando sono iniziati i negoziati per il cessate il fuoco. In esteri la testimonianza da Sumy. 3) Germania, i servizi segreti classificano Afd come partito estremista. I leader del partito rispondono: azione politica, ci difenderemo. (Alessandro Ricci) 4) L’effetto Trump sulle elezioni nel pacifico. Domani Australia e Singapore al voto. In entrambi i casi i dazi americani hanno ribaltato i sondaggi. (Lorenzo Lamperti) 5) Mondialità. La partita sul clima si gioca tra Usa e Cina. (Alfredo Somoza)

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