Approfondimenti

La cautela di Draghi all’indomani del voto, il finto strappo di Salvini e le altre notizie della giornata

Mario Draghi stato di emergenza

Il racconto della giornata di martedì 5 ottobre 2021 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Il giorno dopo la chiusura dei seggi è ufficiale che non ci saranno ballottaggi nemmeno nei nove municipi di Milano: il centrosinistra vince ovunque al primo turno. E Matteo Salvini, dopo i risultati ottenuti dalla Lega, prova a fare il duro con Mario Draghi perché non sa dove andare e ha due volte paura. Carlo Calenda, dopo il successo ottenuto a Roma, si sente il possibile leader in pectore dei centristi. E la sinistra? Praticamente scomparsa dalle istituzioni italiane. Infine, l’andamento della pandemia di COVID-19 in Italia.

La cautela di Draghi sui risultati delle amministrative

(di Anna Bredice)

“Quello della Lega è un gesto serio, ma tocca a Salvini spiegare perché, il governo va avanti”. Draghi in conferenza stampa vuole dimostrare che non è particolarmente turbato dalla scelta di Salvini di lasciare il Consiglio dei Ministri in polemica con la delega fiscale. Si va avanti è il messaggio che vuole dare: è abbastanza forte per poter affrontare anche le intemperanze di Salvini. Questo è il messaggio, si vedrà però se sarà veramente così, se il sostegno che il PD, Forza Italia e Cinque Stelle gli hanno assicurato gli consentiranno di affrontare una Lega che da oggi forse gli farà una maggiore opposizione. Sul voto di ieri si mostra cauto, “non so dire se ha indebolito o rafforzato il governo”, dice,  del resto l’abbandono del Consiglio dei Ministri da parte della Lega fa capire che la navigazione non sarà facile.
Letta dopo lo strappo di Salvini ha convocato i ministri del PD, segno che c’è una certa preoccupazione su ciò che accadrà da adesso in poi. Draghi vuole rassicurare l’ala più governista della Lega che la delega fiscale è tutta da riempire ancora, dice che si tratta di un’impostazione generale, toccherà al Parlamento e ai decreti delegati riempire di contenuti la delega, sottinteso Salvini, che, ricorda Draghi, conosceva già i contenuti della delega, avrà modo di intervenire ed eventualmente modificare la legge. Per quanto riguarda il catasto, Draghi dice che si tratta di un’operazione di trasparenza e che le rendite per ora non cambiano. Cerca in tutti i modi di far apparire la mossa di Salvini strumentale rispetto ai veri contenuti della delega fiscale che insieme alla legge di bilancio rappresentano i due obiettivi più  importanti di questa fase del suo governo, prima di affrontare gennaio e il voto per il Quirinale, chi lo vorrebbe capo dello Stato per poter andare a votare subito e chi invece preferirebbe che rimanesse fino al 2023.

Lo strappo (finto) di Matteo Salvini

(di Luigi Ambrosio)

Una messa in scena, o quasi. Il senatore che a patto dell’anonimato liquida così il Salvini che oggi ha fatto il duro contro Draghi su catasto e delega fiscale non mandando la delegazione del partito al Consiglio dei Ministri non ama moltissimo il segretario.
“Ma non è questione di governisti o anti governisti come scrivete voi” precisa però.
Salvini starebbe facendo una messa in scena o quasi perché dopo la sconfitta delle amministrative non sa dove andare e ha due volte paura. Prima paura: se sta nel Governo, viene triturato da Draghi che è inarrestabile. Seconda paura: se va all’opposizione, diventa irrilevante sempre perché tanto Draghi va avanti e i risultati di ieri lo premiano.
A Salvini non resta che urlare più forte, sui cari vecchi temi della Lega. Basta tasse, giù le mani dalla roba. Roma ladrona, in pratica. Sperando, fino ai ballottaggi almeno, di fare dimenticare che pure lui oggi è il sistema. Poi si vedrà.
Intanto la Lega deve vincere nei Comuni dove è al secondo turno, tipo a Varese. Oggi il candidato leghista di Varese, si chiama Bianchi, ha preso i flash di agenzia per le sue dichiarazioni che negano una crisi nel partito. Una Lega Varesecentrica non si vedeva dai tempi di Bossi.
Del resto, tornare almeno per 15 giorni all’antico è necessario. Ma senza uscire dal Governo perché poi dove va Salvini? A fare concorrenza a Meloni? A farsi impallinare da chi non vuole mollare la poltrona perché sa che poi sarebbe difficile ritrovarla?
Questa mattina, sull’aereo che lo portava a Roma da Bergamo dove vive, il senatore Calderoli è stato avvicinato da un collega del PD che gli ha fatto l’elenco di tutti gli errori di Salvini. Calderoli sorrideva, e stava zitto. E faceva sì con la testa.
Meglio, per la Lega, urlare un po’ “Roma ladrona”, facendo finta di crederci. Come ai vecchi tempi.

Calenda possibile leader in pectore dei centristi

(di Michele Migone)

L’affermazione della lista di Carlo Calenda a Roma è una buona notizia per chi persegue il progetto Centrista, la costruzione di un’area politica moderata e riformista che vada da un congruo pezzo del PD, gli ex renziani, passando per Italia Viva, Azione e per altre gruppi minori, e che sfoci nell’area liberale di Forza Italia. Per la prima volta, quella che è smaccatamente un’operazione di Palazzo, trova, in una tornata elettorale, un buon consenso nelle urne. Che sia sufficiente a dare ossigeno all’intera operazione è ancora presto per dirlo. Calenda ha avuto una buon risultato nelle comunali dopo una lunga campagna elettorale personale condotta in modo capillare. Giocava in casa, a Roma: difficile pensare che in un’altra situazione ci sarebbe stato lo stesso esito. Certo è che ora l’ex ministro si sente più sicuro, possibile leader in pectore dei centristi. Ed è questo proprio uno dei fattori che può determinare il fallimento dell’operazione: la competizione tra lui e Matteo Renzi. Il fondatore di Italia Viva pensa di essere lui il naturale leader di quell’area. È il progetto che porta avanti da anni: tagliare le estreme, spaccare il Pd, raccogliere il testimone di Berlusconi, prendere pezzi della Lega. La sua visione è però quella di un’operazione di Palazzo. Sogna di metterla in pratica nell’elezione per il Quirinale: avere una pattuglia di parlamentari determinanti per decidere chi sale al Colle, così come è stato determinante per far cadere il governo Conte: l’ago della bilancia. Pensa poi che avere un Presidente della Repubblica amico potrebbe essere utile per la buona realizzazione del suo progetto. Pura ingegneria politica: dentro il Palazzo, l’aria che tira sembra soffiare contro l’operazione. Berlusconi, che ha detto di non essere interessato, in realtà non scopre le carte. Enrico Letta invece è dall’altra parte della barricata: teso alla costruzione di un centrosinistra a guida Pd, è avversario del progetto.

La sinistra sparisce dalle istituzioni italiane

(di Massimo Alberti)

Rifondazione, Potere al Popolo, Sinistra Italiana, le varie liste comuniste. La sinistra è praticamente scomparsa dalle istituzioni italiane, dai capoluoghi di regione in su, in controtendenza al resto d’Europa. E laddove c’è, è per lo più irrilevante. Con qualche eccezione encomiabile, e di realtà tutte estremamente interessanti, ormai più rare di un panda. I risultati positivi, così come quelli negativi, hanno in comune che spazzano via l’aspetto puramente politicista: dentro o fuori le coalizioni di centrosinistra, uniti o non uniti, alleati con questo o quello. Fallisce chi sta fuori come chi sta dentro le coalizioni, vedi il caso di Milano, chi va solo con la propria lista, come a Bologna, o chi presenta candidati che uniscono i micropartiti, come a Torino. Così come va bene chi sta in una coalizione, sempre Bologna, o chi ne sta fuori, come Trieste o Firenze. Come si sta alle elezioni è l’ultimo dei problemi, e sgomberato il campo da questo aspetto, forse si può parlare di altro. 5 spunti di riflessione, non necessariamente in ordine di importanza: mancanza di figure di riferimento, vedi l’ingloriosa fine di DeMagistris fuori dal consiglio regionale calabrese, e di ricambio di un ceto politico ritenuto non più credibile, incapacità di parlare al di fuori delle proprie bolle più o meno ampie e inconsistenza della proposta politica che segnano una distanza dai più giovani, che pure subiscono più di altri le politiche liberiste, poco radicamento sul territorio. Perché le istanze di giustizia sociale, di reddito e di lavoro nella società non mancano, resta il problema di chi le rappresenti, nel momento in cui chi le vive sulla propria pelle non ritenga più la sinistra all’altezza di rappresentarle, sia come influenza nelle maggioranze, sia come efficacia all’opposizione.

Com’è andata a Milano: i dati, i nomi e le conclusioni di queste elezioni

(di Claudio Jampaglia)

Non ci saranno ballottaggi nemmeno nei nove municipi di Milano, non c’è più centro o periferia, il centrosinistra vince ovunque al primo turno. La destra non va a votare (mancano quasi 100mila voti rispetto a cinque anni fa e il doppio rispetto all’ultima Moratti) e la coalizione di Beppe Sala sbanca la città, prendendo più voti sia del primo turno che del ballottaggio di cinque anni fa, nonostante l’astensione storica sopra il 50%. Sono 25 i punti di distanza con il candidato della destra e il Pd 5 punti sopra Lega, fratelli d’Italia e Forza Italia messi insieme, chiudono il quadro di una sconfitta storica. [CONTINUA A LEGGERE SUL SITO]

Il rapporto sugli abusi sessuali da parte del clero scuote la Chiesa francese

(di Martina Stefanoni)

È stato pubblicato il rapporto sulle violenze sessuali all’interno della Chiesa cattolica in Francia. La cosa che colpisce di più sono i numeri e i racconti della vittime. Negli ultimi 70 anni, più di 330mila bambini e bambine hanno subito abusi da parte di sacerdoti e persone laiche legate alla Chiesa. Un fenomeno di massa, che per decenni è rimasto silenziosamente all’interno delle mura della chiesa, coperto da una sistemica omertà. Il rapporto è stato realizzato dalla Commissione indipendente sugli abusi nella Chiesa (CIASE), composta da teologi, magistrati e psichiatri. Il presidente della commissione è Jean-Marc Sauvé, che è stato vice presidente del consiglio di stato fino al 2018. Per la prima volta, un’inchiesta del genere viene portata avanti… [CONTINUA A LEGGERE SUL SITO]

 

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

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    Come voleva Silvio, la separazione delle carriere è (quasi) legge

    Il Senato approva in seconda lettura la riforma della giustizia della destra. Per Meloni serve a "liberare la magistratura da quella degenerazione correntizia", mentre Antonio Tajani parla di "battaglia storica fatta non per Berlusconi, che ci guarda da lassù, ma per ogni cittadino italiano". In primavera il referendum confermativo della riforma. I magistrati si preparano a mobilitarsi per il “no”. Per le opposizioni lo scopo finale della riforma è mettere la magistratura inquirente sotto il controllo politico del governo. Sul modello Trump. Ai nostri microfoni il Vicepresidente dell’Associazione nazionale magistrati, Marcello De Chiara: “Questa riforma cambierà l'assetto costituzionale del nostro Paese di fatto introducendo un quarto potere". Lo scopo finale della riforma non è togliere potere ai PM ma metterlo sotto il controllo politico per farlo diventare strumento delle politiche del governo. Come già fa Trump negli USA. L’intervista di Claudio Jampaglia e Cinzia Poli.

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